Quando la tecnologia rende il cibo etico: REDEFINE MEAT stampa la carne in 3D, innovando la trasformazione delle proteine sostenibili. Focus sul prodotto e i suoi sviluppi.
Crediti fotografici: Soul Kitchen
Redefine Meat: com'è la carne vegetale stampata in 3D
Cibo e tecnologia. Un tema che torna. Costantemente. “Stampare” il cibo in 3D è riuscire ad andare oltre. Anche oltre i problemi etici, sanitari o ambientali e dopo la pasta è la volta della carne. REDEFINE MEAT stampa la carne in 3D e in Italia non è più una novità trovarla nei ristoranti. “Tutti gli eroi delle mie storie della buonanotte erano animali. Io non voglio fare del male a niente”, così scrive nelle prime pagine del suo libro inchiesta, “Se niente conta”, l'autore statunitense Jonathan Safran Foer. Un ‘inchiesta in cui descrive l'impatto ambientale degli allevamenti intensivi, le sofferenze patite dagli animali da macello e la sua decisione di abbracciare il vegetarianismo.
Per far fronte a queste criticità è nata REDEFINE MEAT, l’azienda israeliana che stampa la carne in 3D: prodotti a base di proteine sostenibili, vegetali, derivate da cereali e legumi che ricordano in tutto e per tutto la carne animale. Sostituire un hamburger di manzo con un hamburger Redefine Meat equivale a ridurre la sua impronta di carbonio del 94%: “Crediamo che il mondo meriti una nuova carne, una carne a base vegetale, che non solo fa bene all’ambiente ma è anche gentile con gli animali”, questo ciò che leggerete in home page sul loro sito. Più di chiunque altro sono stati in grado di rendere attraenti, anche visivamente, le proteine sostenibili, quelle in grado di portare dei benefici ecologici. Una carne nuova, che la gente mangia e i cuochi e gli chef mettono in carta, a partire dal tre Stelle Michelin londinese, Marco Pierre White, che ha scelto questa “carne” per i suoi 20 ristoranti-steakhouse sparsi per il Regno Unito.
Ha senso parlare di carne studiandone però anche i numeri, sui quali fare poi delle riflessioni. I dati rilasciati da Glovo, partendo dai suoi ordini degli ultimi 12 mesi dicono che in Italia si consegnano ogni giorno 40mila hamburger (+19% rispetto all’anno precedente). Un prodotto che più di altri è in grado di unire l’Italia: tantissimi ordini dalla Campania, e poi dal Veneto, dalle Marche. Just Eat in scia dichiara che nei primi mesi del 2024 sono stati ordinati 67 mila chili di hamburger (29.000 kg solo a Roma). Poi c’è il consumo di hamburger vegetali che secondo i dati di Unionfood (la più grande associazione di categorie alimentari in Europa) vale 500 mila euro e mentre i Governi di tutto il mondo cercano di capire se chi produce alimenti plant based (letteralmente, basato sulle piante) possa usare il termine carne o bistecca per autodefinirsi, tutti i fari, almeno quelli nei laboratori, sembrano essere puntati sulla carne sintetica.
Il primo esemplare fu presentato a Londra nel 2013 e oggi si prefigura come la possibile valida opzione a “tutti i mali del mondo”. Una carne che per essere prodotta parte da un ramo della medicina, l'ingegneria tissutale, la stessa che si occupa di rigenerare e riparare i tessuti, al momento sperimentata con bovini, maiali, tacchini, polli, anatre e pesci. Una carne nuova che andrà riconosciuta sicura, perché è un “nuovo” alimento ma che potrebbe essere perfetto, perché i grassi magari sarebbero fissati in parametri precisi e quelli insalubri magari eliminati o sostituiti, come i terreni da pascoli impiegati per fare altro. Siamo nel campo dell’ipotetico.
Una cosa è certa, non rinunceremo mai alla carne, magari la ridefiniremo: siamo con un piede nel futuro, testimoni del cambiamento. Un cambiamento che però non è ancora alla portata di tutti.