81 caseifici, oltre 900 allevatori e 845.000 forme, pari a più del 21% della produzione totale: questi i numeri del Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna, eccellenza amata dagli intenditori italiani e di tutto il mondo. Alla scoperta della Dop.
Il prodotto
Quando Giovannino Guareschi, il poeta della Bassa, scriveva che “a fissare con una grandissima lente d’ingrandimento la grana del parmigiano, essa si rivela non soltanto come un’immutabile folla di granuli associati nell’essere formaggio, ma addirittura come un panorama”, ci stava dando una dritta fondamentale per interpretare il formaggio icona del Made in Italy. Ci diceva che è fatto oltre che di ottimo latte, anche di terroir: “Una foto aerea dell’Emilia presa da un’altezza pari a quella del padreterno”.
La zona di origine del Parmigiano Reggiano (che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova alla destra del fiume Po e Bologna alla sinistra del fiume Reno), però, non è tutta uguale: ci sono la pianura, la collina e la montagna e si osservano molto bene da quell’altitudine. Dato che il disciplinare esclude l’uso degli insilati e degli additivi, le differenze transitano attraverso i foraggi locali e non passano inosservate al palato di un degustatore attento. Grazie ai fieni mietuti in quota, alle erbe e alle essenze dei prati, il colore è paglierino, con profumi e aromi di frutta fresca, spezie e brodo di carne, in equilibrio perfetto fra i cinque sapori (acido, salato, dolce, amaro e umami), con granulosità e solubilità ideali.
Rispetto a un formaggio di pianura, sfumatura e gusto sono più decisi, con un bouquet erbaceo straordinariamente sfaccettato. Poi, come per un grande vino, c’è la variabile dell’annata, la differenza fra Parmigiano Reggiano lavorato in estate o in inverno, per via dei foraggi freschi o secchi, ma data l’artigianalità della produzione, ogni forma è un po’ diversa dall’altra, nell’interpretazione del singolo caseificio.
Per questo nel 2013, con l’introduzione a opera del regolamento Ue 1151/12 della dicitura “Prodotto di Montagna”, è ufficialmente nato il Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna, Dop più importante della categoria con 81 caseifici e oltre 900 allevatori. Per offrire maggiore sostenibilità allo sviluppo dei territori e garanzie aggiuntive ai consumatori, il Consorzio ne ha così fissato i requisiti.
Il latte deve essere stato interamente munto in stalle situate in zone di montagna da vacche alimentate per oltre il 60% con foraggi locali; la stagionatura fino a un minimo di 12 mesi deve svolgersi in zone di montagna o a un massimo di 30 chilometri dal loro confine amministrativo; a 20 mesi, poi, deve compiersi la selezione qualitativa con valutazione “al martello” da parte degli esperti del Consorzio, esame sensoriale (gruppo d’assaggio) e analisi della composizione chimica. È inoltre obbligatorio riportare in etichetta il nome del caseificio produttore.
Le province coinvolte sono quattro: Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna (non a Mantova per ragioni orografiche). Producono in tutto 845.000 forme, pari a oltre il 21% del totale. Da sempre la sostenibilità sta a cuore ai produttori del Consorzio. La filiera si caratterizza per bassi input idrici, grazie all’uso di foraggi freschi o affienati (prevalentemente erba medica e prati stabili), che necessitano di molta meno acqua del mais, che nel comprensorio di fatto non è coltivato; ma anche per la scarsa chimica, considerato che nella filiera del latte si utilizza meno dell’1% dei farmaci veterinari, e per il ridotto consumo di energia, visto che si ara ogni cinque anni anziché annualmente.
Il Consorzio, inoltre, ha assunto lo specifico impegno di sostenere e sviluppare il Progetto “Benessere animale”, mirato ad aumentare la qualità della vita delle bovine, premiando sia le aziende che hanno mostrato una particolare attenzione al benessere degli animali, sia quelle che, puntando a nuovi investimenti, hanno ottenuto nel corso dell’anno miglioramenti misurabili. La differenza di una Dop sta poi nel fatto che l’attività non possa essere delocalizzata, pertanto il fatturato diventa automaticamente “reddito” per il territorio e benessere per la comunità.
In questo modo si è evitato lo spopolamento di aree che altrimenti sarebbero state probabilmente abbandonate, con ricadute positive sul turismo. A questo proposito è d’uopo ricordare che è possibile visitare i caseifici prenotandosi a questo link: https://www.parmigianoreggiano.com/it/caseifici-visita-degusta/, in modo da assistere alle diverse fasi di preparazione del formaggio e degustare le varie stagionature, cogliendo l’occasione per una defaticante escapade al fresco.