“Il tartufo? La zona non conta”, assicura Luigi Dattilo, fondatore e presidente di Appennino Food Group. Fra le sue capitali oggi c’è Savigno, dove a giorni aprirà il Festival del Tartufo Bianco.
Appennino Food Group
La storia
Gli dèi? Si nutrono di profumi, secondo Porfirio di Tiro. Una seduzione che al principiare dell’autunno avvince i gourmet di tutto il mondo, disposti a sborsare cifre record per quegli effluvi gassosi e agliacei, con delicate sfumature di miele. Quest’anno, si racconta, la qualità potrebbe essere buona, ma le dimensioni un po’ ridotte a causa della siccità. Almeno finché non si faranno sentire gli effetti delle piogge agostane, che hanno ammorbidito la terra consentendo uno sviluppo armonioso. E la raccolta sarà di fatto ritardata.
Speriamo basti per soddisfare un mercato in crescita tumultuosa, come testimonia fra gli altri Appennino Food Group, azienda fondata nel 1985 da Luigi Dattilo (qui vi abbiamo raccontato la storia), che oggi si colloca al terzo posto in Italia, patria del tartufo.
“Tutto è iniziato quando avevo diciotto anni. Mio padre, che aveva una piccola azienda di autotrasporti, mi chiese che macchina desiderassi. E ci rimase di stucco, quando risposi che preferivo un cane da tartufo, lo avevo già individuato e avevo già iniziato a risparmiare. ‘Per me sei scemo’. Invece eccoci qua”, racconta divertito Luigi. Oggi, con la complicità del fratello Angelo, che segue le tante produzioni, e Roberto Fattore, responsabile dell’acquisto materia prima, fanno numeri importanti: sono 40 tonnellate di prodotto fresco l’anno, per il 70% italiano, un fatturato che sfiora i 20 milioni e 60 dipendenti fissi.
I prodotti
Il dato interessante è che nel mondo non esistono solo Alba e Norcia, tuttora feticci per una parte del pubblico italiano. “Il mito di Alba è nato quando la Ferrero per i suoi prodotti ha impiantato noccioleti nelle Langhe, poi ha iniziato a rifornirsi anche altrove per ragioni di costi e quei terreni sono stati riconvertiti in gran parte a vigneto. Ma la zona non conta, perché il tartufo è meteoropatico: ogni anno la provenienza migliore può cambiare”. Di fatto Appennino Food Group opera a Savigno, poco distante da Bologna, dove proprio fra qualche giorno si aprirà il Festival del Tartufo Bianco, giunto alla sua trentanovesima edizione.
In questo borgo pittoresco la gola era già di casa grazie alla lungimiranza di Alberto Bettini, patron della storica stella Amerigo, attivissimo nella promozione delle eccellenze del territorio, soprattutto con il pubblico straniero, e partner di Appennino Food Group, che ne ha rilevato il brand per i prodotti, li confeziona e li distribuisce, insieme a funghi freschi ed essiccati, selvaggina da abbattimento selettivo dell’Appennino Tosco Emiliano. Il settore ha fatto progressi dai tempi in cui bastava grattare una pepita qualsiasi, spinta da inconfessabili spruzzate chimiche. Ma c’è ancora tanto da fare.
“In giro continuo a vedere errori. Gente che per comprare a prezzi bassi poi conserva con acido ascorbico, citrico, lattico… Ma il tartufo è un cristallo delicato. Poi c’è chi lamella a crudo il nero, che invece va sollecitato con la temperatura e magari si esprime meglio grattugiato o a julienne. Piace di più la fetta intera, per scimmiottare il bianco”.
Partendo dal progetto “Tartufo tutto l’anno”, che significa conoscere e saper valorizzare tutte le tipologie commestibili: se è vero che il momento clou cade adesso, quando partono in contemporanea il tartufo bianco, che va da settembre a dicembre, con picco qualitativo negli ultimi due mesi, e il nero uncinato, caratterizzato da spore a forma ricurva, che dura fino a marzo, fra novembre e marzo arriva il nero pregiato, fra gennaio e aprile il bianchetto, mentre da maggio a ottobre si può ricorrere al tartufo estivo o scorzone, così chiamato perché le spesse verruche lo proteggono dal caldo estivo. Una giostra esaltante di profumi che si riconcorrono, tutti eccellenti, al di là del prezzo.
Come conservarli? Bandito il riso che asciuga, utilizzato in passato per catturare il bismetiltiometano, molecola odorosa comune a tutte le tipologie, presente anche in verza, asparagi e teste di crostacei; a venire in soccorso degli operatori è la tecnologia. Per loro Appennino Food Group ha creato una scenografica “teca ipogea” che simula l’habitat del bosco, come le celle aziendali, proposta in chiave B2B in comodato d’uso gratuito.
Composta di vetro e krion, un materiale antibatterico, sfrutta l’umidità secca prodotta dagli ultrasuoni per evitare che il prodotto deperisca e si asciughi, salvaguardandolo dalle muffe e mettendone in mostra la bellezza.
Sito Web Appennino Food Group
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