Il fico d’India si potrebbe definire un messicano nel Mediterraneo. Portato nel 1492 in Europa da Cristoforo Colombo, è diventato un frutto simbolo dell’identità alimentare mediterranea. Da fine agosto a fine ottobre si trova nei mercati rionali, coloratissimo e succulento.
Il prodotto
Il fico d’India (in sardo figu morisca) è originario del Messico, giunto in Europa con Cristoforo Colombo; si è ben presto naturalizzato nel Mediterraneo e nel Settecento se ne consumavano già grandi quantità in tutta la Sardegna. Sardegna e Sicilia sono le terre dove si è meglio ambientato, vuoi per il clima mite e moderatamente piovoso, vuoi per la predilezione degli isolani verso questo frutto gustoso ed economico, che considerano identitario.Si calcola che in Sardegna ci siano quasi 300 ettari di fichi d’India spontanei, mentre pochi ettari sono quelli coltivati. Si raccoglie con le mani, indossando guanti, o con una apposita canna. Sia la pianta sia i frutti, infatti, hanno delle fastidiose spinette che solo un raccoglitore esperto riesce ad evitare.
Il suo nome, fico d’ India, racconta uno spicchio importante di storia delle esplorazioni geografiche. Quando Colombo partì per il suo storico viaggio voleva raggiungere le Indie orientali via mare invece che via terra. Grazie alla sua temerarietà scoprì un nuovo continente, che inizialmente venne chiamato Indie occidentali. Questa opunzia arrivava dall’India occidentale, appunto, e il nome le è rimasto anche dopo che correttamente questo “Nuovo Mondo” venne rinominato “America”, dallo scopritore italiano Amerigo Vespucci.
Il viaggiatore tedesco Joseph Fuos così si espresse nel 1777 al ritorno dal suo avventuroso Grand Tour in Sardegna: “I cosiddetti fichi moreschi crescono qui sufficientemente, e possono essere annoverati tra i frutti a miglior mercato. Essi sono così confacenti al gusto dei Sardi, i quali amano tutte le cose dolci, che quando si presenta in una strada un carro carico di essi, tutti vi accorrono per ottenere anche uno di così gustosi frutti. Hanno forma di un uovo e, poiché la buccia grossa è piena di piccole spine, si fa ottimamente, se si calzano guanti di pelle prima di afferrarli, e di aprirli tagliandoli.
Quindi per risparmiarsi questa minuziosità, ordinariamente essi si fanno sul contesto preparare dal contadino che li vende, il quale taglia la buccia di sopra e di sotto, poscia fa un taglio nel senso della lunghezza, sbuccia in questo modo il frutto mangiabile, e riporta a casa la buccia perché esso dà buon foraggio per porci, asini e cavalli”. Ancora ora è questo il miglior modo di mondarli dalla spessa buccia.