Tre città, un’anima: il viaggio gastronomico degli chef campani Ciro Sieno e Roberto Di Pinto attraversa ben 700 chilometri, con l’intento di unire nel piatto Milano, Napoli e Reggio Emilia. Tutto in un’unica cena a 4 mani.
Crediti fotografici: Stefano Caffarri
*contenuto con finalità promozionali
Reggio Emilia, Milano, Napoli: oltre 700 chilometri separano idealmente queste tre città ma lo scorso 30 novembre le distanze si sono simbolicamente annullate. A unirle è stata una cena a quattro mani che ha visto protagonisti gli chef Ciro Sieno e Roberto Di Pinto, interpreti di due visioni gastronomiche complementari. Teatro dell’evento è stato Enigma, il ristorante all’interno dell’Hotel Astoria di Reggio Emilia, che per una sera si è trasformato in crocevia di sapori, tecniche e identità culinarie.

A QUATTRO MANI DA NAPOLI A MILANO PASSANDO PER REGGIO EMILIA
Ciro Sieno, chef e padrone di casa di Enigma, ristorante entrato e riconfermato anche per il 2026 nella Guida Michelin, ha accolto a Reggio Emilia Roberto Di Pinto, chef e patron di Sine by Di Pinto a Milano, ristorante che vanta già una stella Michelin nel suo curriculum. Il menù ideato per l’occasione ha proposto un’alternanza di piatti capaci di raccontare le loro identità culinarie: un dialogo a due voci che ha unito la loro comune città di nascita, Napoli, con le rispettive città d’adozione, in un percorso gustativo tra memoria, tecnica e contemporaneità.


Ma da dove nasce l’idea di questa cena a quattro mani?
“L’ho sempre seguito con grande stima e dopo aver cenato al suo Sine di Milano, ho capito che sarebbe stato interessante proporre ai nostri ospiti un incontro culinario a quattro mani” racconta Ciro Sieno; “allo stesso tempo, per me rappresentava l’occasione ideale per trascorrere una giornata in cucina con lui e condividere un’esperienza professionale di valore”. Roberto Di Pinto aggiunge: “Ciro mi ha sempre espresso questo suo desiderio, vedendo in me un punto di riferimento e con grande piacere ho accettato il suo invito”.

IL MENU’
Sono sei le portate nate dall’incontro tra tecniche e sapienza dei due chef partenopei: Capasanta all’emiliana, il tributo alll’Emilia firmato da Ciro Sieno, una capasanta cruda in stile sashimi, completata da una spuma di gnocco fritto, olio al culatello e culatello cotto che avvolge il boccone, creando un equilibrio che unisce in modo naturale mare e terra. A seguire Parmigiana espressionista, una melanzana fuori stagione, raccolta ad agosto a Napoli. Con l’aiuto della tecnologia e della collaborazione con l’Università di Napoli, chef Di Pinto è riuscito a conservarla cruda in un vaso, mantenendone intatto lo stato originario: quando viene aperta, è esattamente come il giorno della raccolta.Un lavoro che ha richiesto un anno di ricerca. La melanzana viene fritta con una tecnica giapponese che la rende olio-repellente e incredibilmente leggera, servita con miso di pomodoro, Parmigiano 30 mesi, salsa di mozzarella di bufala e sesamo tostato.





A completare il piatto, un velo di buccia di melanzana che aggiunge una nota amara studiata per esaltare la dolcezza del pomodoro. Sono già sufficienti queste due uscite per cogliere come le cucine di chef Sieno e chef Di Pinto, con il loro inconfondibile tratto napoletano, siano riuscite a dialogare alla perfezione con la cultura gastronomica del territorio che li ha adottati, dando vita a un linguaggio culinario comune e riconoscibile. Segue Mescafrancesca patate e astice: qui è necessaria una precisazione: “'N’ammesca francesca” è un’ espressione dialettale napoletana che significa una mescolanza disordinata, un miscuglio di cose diverse; da qui nasce la Mescafrancesca, che prevede l’uso di paste differenti per realizzare zuppe e minestre. Per l’occasione, chef Di Pinto l’ha proposta con astice e patate, reinterpretando la tradizione in chiave contemporanea. Una grande pasta napoletana, accompagnata da patate cotte esclusivamente nella bisque di astice, poi servita con astice, limone candito, finocchietto e basilico e una maionese preparata con le teste di gambero, che arricchisce di sapore e profondità l’insieme.

Tra le proposte del menù della serata,“Milano–Reggio Emilia–Napoli La mia bomba di riso” un piatto che rappresenta pienamente l’identità di Chef Ciro Sieno sia come visione professionale sia come espressione del territorio perchè unisce e fonde tradizioni da Nord a Sud. Un risotto alla milanese che dialoga con la tradizione emiliana e napoletana: culatello cotto, spuma di tosone, genovese alla napoletana, polpa di limone e olio al basilico.

Segue “Branzino con provola e scarola alla napoletana”, un secondo piatto sempre firmato da Ciro Sieno: il pesce viene scottato utilizzando le tecniche della tradizione giapponese e condito con colatura di provola e olio al prezzemolo. A completare il piatto, scarola napoletana grigliata, colatura di alici e polvere di olive nere che insieme creano un equilibrio tra sapori delicati e intensi. Fuori menù “Capitone con foie gras gelato alla mela verde e aria di mandorla”, “un piatto che insieme alla parmigiana espressionista rappresentano a pieno quello che sono e la mia idea di cucina di memoria ma attuale e moderna”, racconta Di Pinto. Il Capitone: uno dei piatti simbolo della cucina natalizia napoletana, viene abbinato a una scaloppa di foie gras e cotto con una tecnica che richiama lo yakitori giapponese. La glassa combina saba e aceto balsamico, omaggiando l’Emilia, mentre il piatto si completa con un gelato di mela verde, finocchio e cetriolo, una polvere di cipolla bruciata e un’aria di mandorle.


FRESCHEZZA E TRADIZIONE NEI DESSERT
Siamo quasi giunti alla fine di questo viaggio, in cui due tradizioni culinarie che hanno fatto la storia della cucina italiana si incontrano. Una serata in cui Ciro Sieno e Roberto Di Pinto diventano ambasciatori di questa nuova dimensione del gusto, dove tecnica, territorio e creatività si fondono in un racconto unico. A chiusura, i dessert raccontano due approcci diversi alla tradizione. La versione rivisitata de “Lo Sgroppino” di Ciro Sieno propone una finta terra di yuzu, sorbetto al limone e bucce di limone grattugiato chiudendo il percorso con freschezza e leggerezza. Il dessert iconico, simbolo di Napoli e della Campania è “Tiè-Semifreddo di pastiera napolatana”, che Roberto Di Pinto ha pensato di impiattare come un cornetto napoletano, con crema arancio candito a parte, unendo estetica e gusto in un finale di grande impatto.



IL DIALOGO GASTRONOMICO TRA CIRO SIENO E ROBERTO DI PINTO
Il criterio ispiratore del menù è lampante: l’incontro tra tradizioni culinarie, in particolare quella napoletana e quella emiliana lombarda reinterpretate con tecniche contemporanee. “La mia filosofia di cucina si basa sulla fusione delle ricette tradizionali italiane, con un’attenzione particolare alla tradizione campana, che reinterpretata in chiave moderna si unisce a quella emiliana. Allo stesso modo, lo chef Di Pinto porta la tradizione campana a Milano con un approccio contemporaneo. Da qui è nata l’idea della serata “4 mani, 3 città”: Reggio Emilia, Milano e Napoli ma con un’unica anima, quella campana, che unisce e dona coerenza a tutto il percorso gastronomico”, racconta Ciro Sieno. Dall’altra parte Roberto Di Pinto da un’assist a queste parole confermando come scintilla ispiratrice una “napoletanità” che si esprime in modo diverso: “io, attraverso la mia nuova cucina napoletana, sono consapevole di ispirare le nuove generazioni di cuochi a lavorare sulla propria identità. Vedo in Ciro Sieno un grande professionista, capace di tirare fuori la propria essenza giorno dopo giorno, con dedizione e autenticità”.


La collaborazione tra i due chef è caratterizzata da stima reciproca. Alla domanda su cosa apprezzino maggiormente l’uno dell’altro, Di Pinto racconta: “Mi piace l’attenzione ai panificati che ha Ciro. La mia cucina si basa molto sul momento del pane a tavola, e ho notato che anche Ciro valorizza questo aspetto, così importante per noi del Sud”. Ciro Sieno risponde: “Penso che lo chef Di Pinto abbia saputo rappresentare la nostra tradizione in modo innovativo e contemporaneo, rispettando pienamente i sapori e rievocando i ricordi della nostra infanzia in ogni piatto”. In questo percorso, ogni piatto ha rappresentato un ponte tra territorio e tecnica, se vogliamo anche tra memoria e tradizione, raccontando due chef che pur diversi per formazione e percorso, hanno saputo onorare le le loro radici trovando un linguaggio comune, rendendo l’evento un vero incontro di culture e identità gastronomiche, e trasformandolo in una sede d’ispirazione per nuove interpretazioni della cucina italiana.