"L’impatto mediatico è aumentato in proporzione agli altri anni: abbiamo i weekend pieni fino a febbraio-marzo. Le Guide? Contano, ma cerchiamo sempre di tenere il focus sul cliente. Vengono i nipoti e si commuovono perché assaggiano i piatti che hanno mangiato i loro nonni".
Sul sito web di Arnaldo c'è forse più spazio per i ritratti umani che per quella carrellata (letterale) di godurie bollite cui si deve buona parte della notorietà dell'insegna: le foto delle rezdore e di ogni singolo membro di brigata introducono da sé un capitolo corposo del ricettario emiliano. Prima lei, la famiglia: i volti di un'accoglienza che fa lo slalom tra sorrisi e aneddoti sul servizio senza copione alla mano; poi i menu, ma anche qui un piccolo dettaglio: ciascun degustazione porta il nome di un componente-chiave. Roberto, Ramona, Mauro, Anna, Lina. E Arnaldo. È questa la forza di un ristorante da molti considerato rifugio, una pista d'atterraggio sul comfort che negli anni ha visto sfilare interi clan di buongustai da ogni latitudine. E il presente? Da qualche giorno popola i media la recente notizia della perdita della stella Michelin dopo 66 anni (era la più longeva d'Italia, ricevuta nel 1959 e ferma in guida eccetto una breve parentesi tra il '97 e il '99).



Noi, però, abbiamo raggiunto i titolari per farci raccontare cosa significa riempire la sala di un locale con quasi un secolo di attività alle spalle. A rispondere, la signora Ramona, custode di ospitalità garbata che proprio mentre parliamo si ferma di tanto in tanto a salutare i clienti in arrivo -una mano al telefono e un occhio ai preparativi della domenica.

La vostra è una tavola dal carattere decisamente riconoscibile. Negli anni è cambiato qualcosa?
"Sa, mio marito (Roberto Bottero, nipote di Arnaldo, ndr) è cresciuto 'col seggiolone in cucina' esattamente come le precedenti generazioni. Con nostro figlio arriviamo alla quarta, e le cose che contano in un'attività di lunga data non sono cambiate: Roberto ha la ristorazione nel DNA, punta all'appagamento di un pubblico di appassionati. Vengono a trovarci nipoti che, magari, avevano nonni 'habitué' da Arnaldo e si commuovono di fronte a una pasta fresca o ai bolliti cotti lentamente 'a filo di fiamma'. Certo, nel frattempo tentiamo di restare al passo: curiamo al massimo il servizio e selezioniamo con scrupolo le materie prime. Per dirle, il prosciutto che utilizzavamo ultimamente non era più all'altezza delle aspettative. Così, abbiamo subito cambiato rotta per aggiustare il tiro.

Qual è stata la reazione alla perdita della stella Michelin?
Premetto che per noi la Michelin è un'istituzione e abbiamo accolto con grandissima gioia i riconoscimenti arrivati finora. Detto ciò, ci hanno chiamati poco prima della diretta a Parma: abbiamo chiesto il perché del declassamento e ci è stato spiegato che sono cambiati i criteri degli ispettori. La perdita della stella ha destato sorpresa, soprattutto in quanto lo scorso anno eravamo stati omaggiati di una presentazione introduttiva alla cerimonia Michelin sulla longevità dell'insegna. Inoltre, il 2025 ha portato con sé diversi premi in rilevanti guide di settore, dall'Espresso (con i 2 Cappelli) al Gambero Rosso (2 Forchette). Fra parentesi, avevamo preso a cuore alcuni suggerimenti avanzati dalla stessa Michelin nel 2024. Ad esempio, quello di perfezionare l'antipasto di insalata di pollo, che sporcava un poco il piatto. In seguito all'appunto, sono stati introdotti dei cestini 'di contenimento'. Purtroppo, però, alcuni ospiti storici ci hanno fatto notare che a detta loro "era meglio prima!".

E la sala?
Da decenni affiniamo i rituali di accoglienza, riducendo via via il numero di coperti per insistere sul servizio identitario. Consideri che inizialmente ospitavamo 300 persone, ora al massimo 80. Per il resto, siamo perfettamente coscienti che la Michelin segue e premia un'altra tipologia di ristorazione; tuttavia, vogliamo preservare la nostra cifra distintiva nonostante l'affetto verso la Rossa.
Le prenotazioni come vanno?
“Bene, se avessimo 3 ristoranti li riempiremmo tutti! Rispetto all’anno scorso, con la perdita della stella l’impatto mediatico è aumentato, soprattutto sui social. Il paradosso? Qualcuno ci ha chiamati dicendo che voleva prenotare proprio perché non l’abbiamo più. Di fatto, i weekend sono pieni fino a febbraio-marzo.

Tornando in tema gastronomico, Arnaldo è stato pure un anticipatore di tendenze 'sempreverdi'.
Assolutamente sì. Basti pensare alla sostenibilità, una nozione antica: con le rimanenze dei bolliti i nostri cuochi realizzavano sin dagli albori una ghiotta spugnolata che oggi continua a riscuotere consensi. Oppure, le bucce di arancia le impieghiamo nei dessert. Vedere lo scarto come un ingrediente per noi è un esercizio di routine. Sentiamo tornare in auge il tema dell'etica ai fornelli, eppure il riutilizzo affonda le radici nel passato: si faceva sin dal principio, senza pubblicizzarlo. Volendo parlare di tecnica, con le cotture tradizionali non si possono mascherare i sapori: il bollito è un'arte sincera, che dà piena voce al prodotto.



Come descriverebbe il futuro di Arnaldo?
Sono le persone, il nostro futuro. La squadra nel backstage e il cliente che si emoziona di fronte ai cappelletti o al bollito misto. Chi torna e in cuor suo cerca esattamente ciò che ha mangiato la volta precedente. Chi ci dice: "Non cambiate mai, vi vogliamo così".