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S.Pellegrino Young Chef 2025. Dalla Klugmann a Royer, il messaggio ai giovani: “Osate con umiltà”

di:
Manuel Marcotti
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copertina san pellegrino 2025

Una lettera “a più voci” rivolta ai cuochi di domani: i grandi della ristorazione affrontano i temi cruciali della crescita in cucina, sul piano umano e professionale.

Lettera ai Giovani Cuochi del Domani

(Gioco culinario per spiriti curiosi e cuori audaci)

C’è un momento nella vita di chi racconta la gastronomia in cui la cucina smette di essere solo cibo e diventa racconto, identità, visione ed il cibo stesso  smette di essere nutrimento e diventa rivelazione. Questo è accaduto per me alla S.Pellegrino Young Chef Academy Competition, quando ho avuto il privilegio di partecipare come reporter, respirare l’aria tesa e febbrile dei backstage, osservare i giovani talenti lavorare come orologiai, metronomi del gusto, e -soprattutto -un palcoscenico dove la fiamma non brucia soltanto ingredienti, ma forgia destini. Quest’anno il mondo ha visto trionfare Ardy Ferguson, giovane talento che ha saputo trasformare un piatto in una dichiarazione poetica e culturale.

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La sua creazione, “Archipelago Celebration”, è stata un ponte brillante tra le radici indonesiane e l’energia multiculturale di Hong Kong, città in cui oggi porta avanti la sua ricerca. In quell’armonia di tecnica millimetrica, delicatezza e contemporaneità vibrante ho colto la stessa promessa che attraversava gli sguardi di tutti i finalisti: la cucina del futuro vive nell’incrocio tra memoria e visione, tra precisione tecnica e anima, tra ciò che siamo e ciò che scegliamo di diventare. Ma la vittoria di Ardy non è stata solo nel gusto, né nella perfezione formale -bensì nel coraggio di raccontare il proprio mondo, di renderlo universale, di dimostrare che un piatto può essere geografia, storia, musica, corpo e spirito insieme. E mentre lo ascoltavo parlare del mare della sua infanzia e delle strade pulsanti di Hong Kong, mentre descriveva aromi che profumano di esoticita’ e fermentazioni urbane, ho compreso che questa non era una semplice competizione: era un rito di passaggio.

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Un varco dove il talento incontra la responsabilità, dove la creatività si confronta con la tradizione, e dove i giovani chef imparano che ogni cucchiaio servito è un atto culturale, umano e spirituale. Durante questo evento mi e’ stata data la possibilita’ di intervistare sette figure che definire chef sarebbe riduttivo. Sacerdoti del fuoco e della pazienza, filosofi della materia, costruttori di linguaggi senza parole. Sette samurai, sette caratteri, sette universi sensoriali che si incrociano senza mai perdere la propria identità. In quelle ore sospese, nel fruscio dei grembiuli, nel metallo che batte sui taglieri, nei respiri trattenuti dietro i fuochi di chi stava gareggiando, mi sono confrontato con queste sette figure luminose — sette menti che hanno costruito e stanno costruendo la gastronomia contemporanea.

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E dalle loro parole, dai loro sguardi, dai loro consigli sussurrati a porte socchiuse, nasce l’idea di questa lettera. Un gioco, sì: perché tra le sue righe cammina un’ombra antica, una voce che non appartiene al presente, ma che potrebbe essere stata maestra di questi maestri. Non ne dirò il nome: lo riconoscerete se saprete ascoltare con il cuore. Ora sedetevi, giovani cuochi. Entrate in cucina come si entra in un tempio. E preparatevi a ricevere ciò che il fuoco insegna.

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Li ho ascoltati parlare del futuro della cucina, dell’importanza della tecnica, dell’umiltà, della creatività, della responsabilità verso il mondo e verso coloro che siedono al tavolo. E mentre prendevo appunti, mentre registravo frasi che tagliavano come coltelli, ho sentito dentro di me nascere qualcosa — una tenerezza, un rispetto, una comprensione nuova verso chi usa il piatto come strumento di poesia e giustizia. Così, da quell’esperienza, da quel miscuglio di stupore, tensione, adrenalina e gratitudine, è nata questa lettera. Una lettera immaginaria, certo, ma nutrita di parole vere, di insegnamenti ascoltati, di emozioni vissute. E per renderla ancora più preziosa — più intima — ho deciso di trasformarla per l’appunto in un gioco.

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Fra queste righe, infatti, una voce parla. Una voce che non appartiene al presente, ma che sarebbe stata a suo agio accanto a quei sette luminari della cucina contemporanea. Non vi dirò chi è. Non metterò il suo nome sulla porta. Sarà vostro compito riconoscerlo: nel ritmo solenne, nel senso di disciplina vestita di poesia, nell’eco di un tempo in cui il cuoco era artigiano e visionario insieme. E quando lo scoprirete — se lo scoprirete — quel nome avrà un sapore ancora più profondo. Ora sedetevi, giovani cuochi del domani. Sentite nelle dita la memoria del coltello, nei polmoni il vapore del brodo, nel cuore la fame di significato. E aprite questa lettera come si apre una conchiglia: con delicatezza, aspettandovi una perla.

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I. Osa, e continua a osare

Ci sono piatti che nascono già morti,dice Christophe Bacquié, creati nella paura. E piatti che respirano come creature vive, perché nati nel coraggio. “Osare è perseverare” — il monito di un maestro contemporaneo risuona come rintocco antico. Non temere di fallire: temi piuttosto di non tentare. Ricorda: chi cucina nel sicuro, cucina nel piccolo. Tu sei nato per la vastità.

II. La perfezione abita nei dettagli

Un seme tagliato imperfetto può rovinare un pensiero. Una cottura sbagliata di trenta secondi può spezzare un sogno. Jeremy Chan vede universi in una foglia: fallo anche tu. Affila lo sguardo prima del coltello, perché la precisione è il primo gesto d’amore verso il commensale. La cucina è architettura microscopica. Chi non rispetta il dettaglio, demolirà la cattedrale senza accorgersene.

Jeremy Chan Danny J Peace
J. Peace

III. Interrogatevi senza tregua

Un cuoco che smette di porsi domande è un cuoco che muore in piedi. Perché questa erba? Perché questa salsa? Perché questo gesto, proprio questo, e non un altro? Antonia Klugmann predica il dubbio come santuario creativo. Non basta seguire una ricetta: dovete sapere perché merita di essere cucinata. Un pensiero cieco genera piatti muti.

IV. Ricordate: la gloria è una maratona

Nel backstage della competizione, ho visto i giovani cuochi tremare non per la fatica, ma per la speranza. E poi respirare, profondamente, come atleti prima dello scatto. Mitsuharu Tsumura lo ricorda: la cucina è destino lento. Non è scintilla sola — è incendio che cresce. Accogli la frustrazione come alleata, la fatica come compagna, il fallimento come maestro. La gloria non esplode: matura.

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V. Custodite la purezza del sapore

C’è una bellezza feroce nella semplicità. Un pomodoro che racconta la terra vale più di cento maschere gastronomiche. Nakayama insegna: togli, togli ancora. Lascia parlare ciò che è vivo. Un grande piatto non nasconde: rivela.

VI. Le vostre radici sono semi

Devi sapere chi sei per sapere dove puoi andare. Non rinnegarle, le tue origini: celebrale. Elena Reygadas lo ricorda: tradizione è promessa, non catena. Porta con te la terra che ti ha cresciuto, ma non lasciarle decidere il tuo futuro. I piatti che ricordi da bambino sono le chiavi del domani. Usale per aprire porte, non per chiuderle.

Elena Reygadas por Ana Hop 2024
Ana Hop

VII. Non si cucina da soli

Ho visto mani tremare, poi ritrovare forza guardando un compagno di squadra negli occhi. Julien Royer dice che la cucina è coro: nessun soprano canta l’opera da solo. Sii guida, non tiranno. Ringrazia chi taglia per te, chi lava per te, chi osserva e impara da te. L’autorità nasce dall’esempio, non dal tono di voce.

VIII. Proteggete il mondo

Non siete cuochi soltanto: siete custodi. Il mare vi guarda. La terra ascolta. Il tempo giudica. Il futuro del pianeta si decide anche tra le vostre mani, quando scegliete cosa comprare, cosa buttare, cosa salvare. Ogni ingrediente è un sacrificio: onoratelo. Il buon cuoco nutre, il grande cuoco rispetta, il maestro preserva.

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IX. Il piatto è la vostra voce

Ciò che metti nel piatto è ciò che sei. Chi non ha nulla da dire, riempie il menu: chi vuole parlare, sceglie. Un piatto può essere rabbia, nostalgia, visione, pace, memoria. Può essere infanzia, può essere protesta, può essere perdono. Non serve gridare. Basta essere veri.

X. Studiate, provate, fallite — poi stupite

Il talento è scintilla. La disciplina è ossigeno. La creatività è fiamma. Impara tutto. Rompi ciò che hai imparato. Ricostruisci meglio. Finché un giorno, finalmente, ti accorgerai che stai creando qualcosa che non assomiglia più a nessuno — nemmeno a te, come eri prima. E allora il mondo si fermerà, anche solo per un boccone.

Epilogo: Il fuoco che resta

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Quando lascerete la cucina la notte, stanchi, con la giacca sporca e le mani segnate, ricordate questo: la grandezza non sta nel lusso, né nel clamore. Sta in quel momento segreto in cui sapete, nel silenzio, di aver dato tutto. Il cibo passa, la memoria resta. E voi — se sarete fedeli alla fiamma che vi abita — resterete con essa. Cucinate come si ama: senza riserve. Cucinate come si prega: con rispetto. Cucinate come si sogna: senza limiti. E che il mondo abbia fame di voi.

A.E.

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