Il ristorante di alta cucina che permette ai suoi clienti di scegliere il prezzo del loro menù: 15, 45 o 125 dollari, per quello che viene considerato "un diritto universale".
La notizia
Community Kitchen, nel Lower East Side, rivoluziona il fine dining con una scala mobile dei prezzi per rendere il buon cibo davvero accessibile a tutti. Per i più grandi, il termine “scala mobile” evocherà probabilmente quel meccanismo economico adottato in Italia negli anni Ottanta per adeguare automaticamente i salari all’inflazione. Ma nel cuore di Manhattan, la “Sliding Scale” non ha nulla di economico in senso stretto — o forse sì, ma in un modo completamente nuovo. È, infatti, il principio alla base della filosofia di Community Kitchen, un ristorante nel Lower East Side, che come riporta InfoBae ha deciso di riscrivere le regole del dining newyorkese con un modello tanto semplice quanto rivoluzionario: ognuno paga in base alle proprie possibilità.

Sul sito del locale si legge: “Il buon cibo non è così ampiamente disponibile come potrebbe essere se le risorse fossero distribuite in modo equo. La nostra scala mobile è un metodo di pagamento che cerca di raggiungere questo obiettivo...Idealmente, tutti dovrebbero poter pagare la stessa percentuale del proprio reddito per un buon pasto. Crediamo che un giorno le politiche pubbliche rifletteranno questo principio. Nel frattempo, la nostra scala mobile lo traduce in pratica.” Un manifesto di intenti chiaro, proprio come il nome del locale: Community Kitchen.
L’idea, per ora temporanea — attiva fino a dicembre, ma con l’obiettivo di diventare permanente — è di Mark Bittman, ex editorialista culinario del New York Times e attivista per la giustizia alimentare. “L’accesso al buon cibo è un diritto universale”, spiega Bittman, oggi direttore del ristorante.

Da Community Kitchen tutti i commensali gustano lo stesso menu di ispirazione fine dining, curato dalla chef Sanders, ma il prezzo cambia a seconda del cliente. Tre le fasce previste: 15 dollari (l'equivalente di 13 euro) per i redditi più bassi; 45 dollari — circa il costo effettivo dei piatti — per chi può permetterselo e 125 dollari (107 euro) — l’equivalente di un tasting menu da 7-9 portate a New York — per chi desidera sostenere il progetto. “Scherzo spesso dicendo che, a differenza della maggior parte dei ristoranti, noi perderemo soldi intenzionalmente, mentre gli altri lo fanno involontariamente. Questo è un esperimento, un progetto di ricerca e anche un progetto sociale. A prima vista sembra un ristorante, ma non è un ristorante normale”, racconta Bittman all’agenzia EFE. La filosofia di Community Kitchen è chiara: un’esperienza gastronomica di alto livello, accessibile a tutti. “Per me, il buon cibo significa cibo coltivato da agricoltori che amano il proprio lavoro, trasportato da lavoratori trattati con dignità e rispetto, ben pagato, cucinato meravigliosamente e servito in modo che chiunque possa permetterselo.”

La scorsa settimana, ad esempio, gli ospiti del locale hanno potuto gustare un menu che comprendeva: mela selvatica al forno con sale; tè al pomodoro; insalata con shishitos e acciughe spagnole; pane con burro; tuorlo marinato con germogli di piselli e ravanelli; cavolo con nocciole e scalogno; carote con yogurt e senape; cassoulet di agnello e torta di prugne. Un menu sofisticato, ma pensato per essere accogliente anche per chi si affaccia per la prima volta al mondo della cucina raffinata. “Molti dei nostri clienti non avevano mai assaggiato piatti del genere. Cerchiamo di utilizzare ingredienti riconoscibili, ma in modo diverso. Una volta che le persone provano un paio di bocconi davvero buoni e inaspettati, si fidano di te per il resto del percorso”, spiega la chef.

Il progetto è sostenuto anche da donazioni private, che permettono di mantenere alti gli standard del cibo senza dover ricorrere ai prezzi proibitivi tipici del fine dining. “Sono questi contributi che ci consentono di offrire piatti di questa qualità senza farli pagare come negli altri ristoranti. La gente viene, resta sorpresa, e spesso torna con amici e familiari.” racconta Maya Vilaplana, direttrice della comunicazione di Community Kitchen. Prenotare è possibile, ma non necessario: chi arriva può comunque sedersi e mangiare. Un concetto di ospitalità diretto, aperto, pensato per far convivere tutti alla stessa tavola.