Alta cucina

Jordi Cruz: “Le nuove generazioni? Non si impegnano. Per raggiungere la fama mi sfinii”

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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Consapevolezza, autocritica e passione: Jordi Cruz racconta la fatica dietro a ogni successo.

La notizia

Era solo qualche mese fa quando, durante un’intervista a La Vanguardia, il pluripremiato e amatissimo chef catalano Jordi Cruz dichiarava: “Ho imparato a prendere le cose con un po’ più di calma, anche se non mi riposo da 30 anni. Le stelle sono il risultato del duro lavoro”. Parole che arrivano dopo una vita di sacrifici, rinunce e lavoro incessante, che lo hanno portato a conquistare cinque stelle Michelin: tre all’ABaC, una all’Angle e una all’Atempo. Oggi, a pochi mesi dalla nascita del suo secondo figlio Nico, Cruz sente la necessità di rallentare il ritmo e allentare la pressione di dover essere sempre in prima linea. Il desiderio è quello di ritagliarsi del tempo per sé e per la famiglia, senza perdere però la passione che lo ha portato dove si trova.

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Anche in questa fase più riflessiva, lo chef non può, però,  fare a meno di esprimere un certo rammarico nel vedere come, oggi, molti giovani si avvicinino alla cucina con meno dedizione e spirito di sacrificio rispetto al passato: “Le nuove generazioni? Non hanno voglia di impegnarsi. Se sono famoso è perché ho lavorato fino allo sfinimento, i ragazzi di oggi fanno il contrario.” Una considerazione che, per Cruz, riflette un profondo divario tra le aspettative dei giovani e la realtà del mercato dell’ospitalità, sempre più competitivo e impegnativo.

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Nel podcast A solas con di Vicky Martín Berrocal, lo chef ha raccontato anche le difficoltà personali vissute nell’ultimo anno: “Mi piacerebbe dirvi che sono felice e che ho una faccia allegra, ma no, quest’anno mi ha davvero messo a dura prova, mi sono trovato a remare da solo. Non ho bisogno di una stella Michelin per essere riconosciuto o per essere il miglior chef del mondo. Lo faccio per la squadra, per la realizzazione personale del gruppo.” Una dichiarazione che trascende la ricerca di premi e riconoscimenti, ma entra nella sfera personale: per Cruz, il vero motore resta la realizzazione personale, la crescita attraverso la disciplina e la dedizione quotidiana.

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Le cose non erano facili nemmeno quando avevo 18 anni; c'erano difficoltà anche allora. Pensavo che non avrei mai avuto una bella casa o un appartamento, e oggi ho una bella casa perché ho lavorato come un cane. Esiste qualcosa che si chiama realizzazione personale. Puoi essere felice del tuo lavoro, con la tua famiglia, ma tutto ciò a cosa serve veramente? Solo a consumare risorse naturali? No, per imparare. Se fai bene qualcosa ti senti realizzato e lasci un'eredità che durerà, e questo a essere davvero fantastico. Ciò si può raggiungere solo lavorando sodo”. Con la sua schiettezza e il suo rigore, Jordi Cruz si dimostra, ancora una volta, uno chef che, anche dopo anni di successi, continua a interrogarsi sul senso del lavoro, sul valore del tempo e sulla fatica necessaria per trasformare un talento in eredità.

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