Alta cucina

Fenomeno Perbellini: come le 3 stelle dei 12 Apostoli hanno portato Verona ai vertici dell’alta cucina

di:
Andrea Cuomo
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Giancarlo Perbellini ha trovato ai 12 Apostoli il suo nido e la sua Itaca, e Verona ha ritrovato un figlio felice. Oggi il locale al numero 3 di vicolo Corticella San Marco è un luogo d’incanto, che unisce una storia vertiginosa a un concetto estremamente contemporaneo di ristorazione.

Lo chef

Ha chiuso tanti cerchi negli ultimi tempi, Giancarlo Perbellini. Lo ha fatto attorno ai sessant’anni, stagione nella quale a molti la vita sembra sfuggire di mano e che invece per lo chef di Bovolone è quella in cui i pianeti si allineano, finalmente. Così è arrivata l’occasione della vita, la possibilità di accasarsi in un ristorante storico della città scaligera, il 12 Apostoli, che Filippo Gioco, quarta generazione della famiglia che ha contrassegnato un secolo di vita del locale più antico d’Italia, voleva lasciare. In quel ristorante intitolato a dodici mercanti che vi mangiavano e vi brigavano tutti i giorni in un certo momento del Settecento e che la salacità popolare veronese aveva soprannominato i dodici apostoli (ma senza il Cristo), un giovane Giancarlo aveva iniziato la sua carriera una quarantina di anni fa, più o meno.

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Un’offerta irrinunciabile, la chiusura del primo cerchio. Ma sì, certo. E lì, dopo poco, è arrivata anche la terza stella, finalmente, ottenuta lo scorso novembre a Brescia, in una serata in cui tutti si sono commossi per il “Perbe” (e lui per primo, perbacco!) come mai era accaduto per un nuovo tristellato, nemmeno per l’amatissimo Mauro Uliassi. neanche per il popolarissimo Antonino Cannavacciuolo, qualche anno prima. Perbellini ha trovato ai 12 Apostoli il suo nido e la sua Itaca, e Verona ha ritrovato un figlio, felice. Oggi il locale al numero 3 di vicolo Corticella San Marco è un luogo d’incanto, che unisce una storia vertiginosa a un concetto estremamente contemporaneo di ristorazione.

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Il ristorante

Il locale si divide in tre sale: quella del Vòlto, quella degli Affreschi e quella dello Chef’s Table. Un luogo, quest’ultimo, che è il vero senso dell’essere Giancarlo Perbellini. Qui infatti c’è una grande cucina ad angolo che definire a vista è limitativo, si tratta di un vero palcoscenico brulicante di personaggi affaccendati ma ordinati come soldatini. Ad assistere a questo spettacolo di arte varia ci sono dodici commensali (numero non casuale, c’è bisogno di spiegarlo?) che mangiano contemporaneamente a un tavolo comune ma rispetto ad altri omakase godono di maggiore riservatezza perché come petali dal tavolo centrale si staccano dei tavolini più piccoli. Una trovata ingegnosa per non trovarsi a commentare la texture di quell’anguilla prima con lo sconosciuto ingegnere alla tua destra che con tua moglie alla tua sinistra. Naturalmente a questo tavolo viene servito un menu leggermente differente rispetto ai tavoli tradizionali. Vedremo più avanti come e cosa.

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Ai partecipanti allo Chef’s Table è riservato anche un giro turistico, più spesso prima ma talvolta dopo la cena, nella parte museale del ristorante, che ne racconta la storia. Si sbircia la capsula di vetro e metallo che costituisce la cantinetta delle etichette impareggiabili, un monolitico tempietto hi tech sotto un cielo affrescato, e si è mai visto un così disinvolto connubio di antico e contemporaneo? Poi si visita anche la cantina vera e propria, all’interno di uno spazio che conserva vestigia romane e medievali, e quanti ristoranti possono essere anche una destinazione di rilievo archeologico? Infine nella piccola biblioteca si viene a contatto con la storia novecentesca del ristorante, che merita un paragrafo a parte.

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I 12 Apostoli fu aperto nel 1920, nel luogo in cui da secolo sorgeva l’osteria in cui mangiava la sporca dozzina di mercanti, da Antonio e Rosella Gioco. Bizzarre le circostanze grazie alle quali lo spiantato Antonio trovò i soldi per l’impresa: lavorava in un albergo e gli capitò di parlare del suo progetto a un cliente che se ne innamorò e si propose di dare le garanzie necessarie perché la banca sganciasse la grana, e quel cliente si chiamava Arnoldo Mondadori. Fu il figlio di Antonio, Giorgio, a costruire la leggenda di questo locale nel secondo dopoguerra. Giorgio, scomparso nel 2019 all’età di 94 anni (e quindi quest’anno avrebbe spaccato il secolo), ne fece un luogo dove la cucina tradizionale regnava sovrana, al punto che quando anni dopo il nipote Filippo lo trasformò in un locale fine dining lui già anzianissimo ebbe a commentare: “Avrei preferito ne facesse un deposito di biciclette”. Eppure era anche un luogo colto, frequentato da scrittori e giornalisti, e che scrittori e giornalisti: Gianni Brera, Giulio Nascimbeni, Indro Montanelli, Cesare Marchi.

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Da un simile cenacolo nacque l’idea di fondare un premio letterario, agganciandosi a una celebre frase scritta molti anni prima, nel 1937, dal grande Orio Vergani, che intingendo la sua penna nell’atmosfera letteraria del locale così vergò sul libro degli ospiti: “Se fossi vissuto a Verona invece del Premio Bagutta avrei fondato il Premio 12 Apostoli”. Detto, fatto. Tre decenni dopo, ma va bene lo stesso. Ah, qualcuno soleva chiamare quello veronese l’”antipremio”, perché non c’era alcuna somma in denaro in palio, solo la cena per festeggiare. E hai detto niente. E poi ci sono le penne. Vezzo di Giorgio Gioco era quello di chiedere a chiunque di mestiere scrivesse (bene, naturalmente) e si trovasse a mangiare ai 12 Apostoli di lasciare una sua penna in deposito, come a conservare traccia di prose possenti: e quindi Ezra Pound, Leonardo Sciascia, Mario Soldati, Giuseppe Guareschi, Indro Montenelli. E anche qualcuno che nel mondo ha lasciando traccia con altro che con i propri scritti, e quindi Federico Fellini, Lech Walesa, Maria Callas. Montblanc e biro, conta ciò che quelle penne hanno vergato e non ciò che valgono.

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Oggi i 12 Apostoli si nutre ancora dello spirito dei Gioco, ma soprattutto del pensiero forte di Perbellini, e pazienza se probabilmente la sua cucina non convincerebbe il signor Giorgio coi suoi depositi di biciclette. Perbellini è autore di una cucina classicista che però non sta mai ferma, lui ama ritenersi a suo modo un avanguardista,perché – mi dice – se guardo ai piatti che facevo trent’anni fa non mi ci riconosco, quindi posso dire di aver fatto dell’avanguardia su me stesso”. Ma da lui non troverete “olè” spagnoleggianti, gesti teatrali, ma una sostanza elegante e forbita, un sapore sempre terso, limpido.

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I piatti

Tre sono i percorsi: Io e Silvia, che celebra l’intesa con la moglie che in tanti momenti della sua vita lo ha soccorso e salvato e si compone di sei piatti più benvenuto a 230 euro; Storie di Casa, un’antologia di piatti storici a 250 euro; e L’Essenza, un itinerario interamente vegetariano a 220 euro. Ai clienti dello Chef’s Table viene elargito un MenuX12 che ha come base l’Io e Silvia a cui si aggiungano quattro bonus track che possono cambiare di giorno in giorno. Anche il prezzo in questo caso è extralarge, 380 euro. Il via con una serie di snack, serviti tutti assieme: tra essi una Sfera contenente un cocktail a base di rum, fragola e frutto della passione, yogurt e zest di limone, una Chips di alga nori, guacamole e wasabi, una Tartelletta di pasta frolla al cumino, crema di carote e taggiasche, un Peperone crusco farcito con pomodoro, uovo e parmigiano.

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Poi, dopo uno Zabaione ghiacciato con caviale affumicato che costituisce la prima sorpresa del menu, in equilibrismo tra dolce e salato e dopo lo sbarco sul tavolo di focacce e pani, ecco la “My Way” di Perbellini, il Wafer di sesamo con tartare di branzino, caprino all’erba cipollina e la sensazione di liquirizia che arriva da un cucchiaio bagnato con uno sciroppo che va infilato in bocca in un atto di fiducia, che rende l’assenza presenza. Poi sfilano un Pomodoro al barbecue con gel di aceto di sedano e bernese alla senape che è un capolavoro di semplicità (per tutta la sera mi colpiranno particolarmente i piatti dai presupposti più umili), un Dentice leggermente rosa con riduzione di limone, acciuga del Cantabrico e insalatina di germogli (seconda sorpresa del menu).

giancarlo perbellini Pomodoro alla nizzarda cocco cipollina lime
 
giancarlo perbellini dentice mascarpone acciughe insalata di germogli
 

Quindi il Trancio di ricciola con carpaccio di zucchine, ricci di mare e citronette al cartamo, un parente stretto dello zafferano. Quindi, a conferma della semplicità che vince, il magnifico Gnocco di patate con spuma di patata e bottarga (terza sorpresa).

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Una piccola escursione nel mondo delle paste con il Fusillone Cavalieri al dente (molto al dente) con acqua di vongole, bisque di crostacei, cremoso alla ‘nduja e polvere di limone bruciato. Infine i due piatti forti: un Vitello con polvere di cipolla bruciata, ragù di petto di piccione e crema di burrata e un’Anatra cotta al barbecue con caramello di albicocca e succo di rucola mitzuna (quarto fuori lista).

giancarlo perbellini Fusillo mantecato alle vongole cremoso alla nduja bisque di crostacei DID5457
 
giancarlo perbellini Vitello ragu di piccione schiso e burrata affumicata
 
giancarlo perbellini anatra laccata al vermouth
 

Per i dolci dapprima un Crumble al pepe con gelato al pepe e cioccolato bianco e spuma di sambuco, il Butterfly e rabarbaro con un sorbetto allo zenzero, e la piccola pasticceria. La sala va liscia come l’olio, anche un servizio più delicato come quello dello Chef’s Table non presenta alcun grumo.

giancarlo perbelliniButterfly e Rabarbaro
 

Indirizzo

Casa Perbellini 12 Apostoli

Vicolo Corticella San Marco 3, 37121 Verona

Tel: +39 045 8780860 INFO@CASAPERBELLINI.COM

Sito web

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