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Ángel León: “Anziché cucinare gli insetti, evitate di sprecare il pesce”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina angel leon

Per lo “chef del mar”, eletto dal New York Times fra i dieci cuochi per i quali vale la pena prendere l’aereo, l’impegno è la prosecuzione della cucina con altri mezzi. La pedagogia visionaria di Ángel León.

La notizia

Tutto è iniziato al ritorno dalle battute di pesca col padre, quando Ángel León si ritrovava in cucina a pulire le sue prede. Da lì, pian piano, si è sviluppata un’ossessione che lo ha portato in Francia, dove si è svolta la sua formazione di cuoco nell’arco di sette anni. Fino all’apertura di un ristorante lungamente sognato, l’oggi tristellato Aponiente, dove cucinare un mare sconosciuto e perfino negletto. Pesci paria che l’hanno incoronato fra i migliori cuochi del mondo, sicuramente il più avanzato in materia. “L’ossessione è sempre stata quella di raccontare il mare che gli esseri umani non vogliono, perché viviamo in un mondo di mode, in cui sembra che esistano solo alcune specie, mentre ce ne sono milioni di idonee al consumo”.

Crediti Aponiente



In parole povere come quelle cassette, si tratta di sostenibilità, valore salito recentemente alla ribalta e che ha spinto Leon fin sulla costa della Repubblica Dominicana. Qui, con la complicità di chef Tita, ha sottoscritto un accordo con la Fondazione Ima e il Consiglio Domenicano di Pesca e Agricoltura. L’impegno, in questo caso, è la prosecuzione della cucina con altri mezzi: quelli della politica. Ed è una lezione che Leon non si stanca di trasmettere a tutti i cuochi di passaggio da Aponiente, affinché ingrossino le file della rivoluzione.

Crediti Espansione



Vogliamo un mondo più sensibile alla natura, dove cresca sempre più il rispetto verso il pesce. Stiamo imparando a consumarlo nella sua stagione, evitando sempre più le specie invasive provenienti da lontano in favore dei prodotti delle nostre terre. Credo sia quello per cui da sempre ci battiamo noi cuochi: cucinare il nostro, ma in questo caso cerchiamo di parlare dell’equilibrio fra ciò che si pesca e ciò che si deve mangiare, di bilanciamenti che non sono affatto facili mentre si parla di carenza di proteine. Ma non è vero: non c’è nessuna carenza di proteine, siamo solo creature capricciose che vogliono consumare una serie di alimenti, quando ce ne sarebbero molti altri. L’obiettivo è il futuro; alla fine si tratta di cambiare, fra l’altro, piccole cose che ci consentano di guardare a un mare che duri a lungo e di creare nei nostri figli una cultura che si sta perdendo. La gente sta smettendo di cucinare; è un’epoca accelerata in cui noi vogliamo dare voce alla cultura del mare e della pesca artigianale, a tutte le persone che stanno calando le reti per portare il meglio nei porti.

Zuppa fredda di carote e cumino, acciughe all'aceto e olive- Crediti Aponiente



Viviamo in un mondo dove il riferimento è la terra. L’uomo ha paura del mare perché non lo conosce. Ma se ne estrai proteine ignote e le metti in uno stufato che sa di stufato, è buono ed è ricco, non importa più l’origine, è qualcosa di gustoso che già conosci e alla fine queste specie, nell’insieme, ti ricordano il piatto che faceva tua madre, solo che non è stato preparato con il solito brodo, ma con pesce che nessuno vuole. Questa è un po’ la base di ciò che facciamo: prendiamo un prodotto bistrattato e lo mascheriamo in sembianze rassicuranti. Per esempio, da un pesce povero ricaviamo una salsiccia”.

Papada del mar- Crediti Aponiente



La situazione, ammonisce León, è paradossale, se solo si considera che qualcuno prefigura la necessità di coprire presunte lacune nel fabbisogno di proteine ricorrendo all’allevamento di insetti, mentre dal mare ogni giorno in Europa si prelevano 90mila milioni di tonnellate di pesce, che in larga parte non viene venduto né smaltito. Solo sprecato. “Cambiare sistema è sempre complicatissimo, occorrono molti anni per riuscirci, ma sono persuaso che occorra propugnare questa visione, a costo di essere presi per pazzi. Forse un giorno sarà la natura a castigarci e arriverà il momento in cui dovremo consumare questi pesci per forza, perché non avremo più l’opportunità di scegliere ciò che vogliamo, ma ci interesserà solo nutrirci”.


E non si tratta solo di fauna: a parte il cereale del mare su cui Leon sta ricercando e di cui ha già raccolto 4500 chili, senza consumare una sola goccia di acqua dolce, lo chef è persuaso che nei fondali possano darsi frutti, tuberi e fiori.Tutto quello che sta in terra è stato in mare. Credo in verità che tutto provenga dal mare e vi abbia avuto inizio”.

Fonte: Diario Libre

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Foto di copertina: Crediti Rio Romano

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