Sul filo vermiglio del peperone crusco, lo chef Riccardo Pepe ha ricamato una proposta decisamente atipica nel Lazio: la terrazza dell’Elizabeth Unique culla i visitatori nell'agio contro il tran-tran del centro, combinando l’arte col “mangia e bevi” lucano.
Roma ha imparato a esporre i suoi gioielli come un manifesto d'epoca mentre tutto il resto scorre in parallelo: l'assalto ai negozi della Galleria Alberto Sordi, i turisti divisi fra i rally sul risciò e la tentazione delle granite al Parco del Pincio, gli zampillii luccicanti di Piazza del Popolo in cui il selfie di gruppo si fa anche sotto il sole agostano a mezzogiorno. Eppure, la città ha altrettanti posti nascosti da scovare man mano che la "narrative" di vestigia& monumenti cede il passo ai rifugi di quiete, spesso eretti dove meno te l'aspetti. Vuole il caso che uno degli hotel più inclini a cullare i visitatori nell'agio contro la frenesia del centro storico sia proprio a un minuto d'orologio dalla brulicante Via del Corso: già dal nome, l'Elizabeth Unique mantiene la promessa di un lusso famigliare difficile da replicare con formule studiate a tavolino.


Sì, perché Elisabetta -nonna degli attuali proprietari- non badava a impegni quando figli, parenti e nipotini chiedevano a gran voce i suoi manicaretti fuori orario, persino nei weekend in cui la sveglia veniva silenziata per l'intera mattinata e il buongiorno diventava un pranzo domenicale, oppure un ricco tè del pomeriggio con rinforzo salato. Così, quelle premure tese a diluire il tempo hanno via via preso la forma di un rito per gli ospiti, invitati a dimenticare la scansione fissa dei pasti con una cucina aperta letteralmente all day long.


No, non troverete la solita Continental breakfast disponibile fino alle 11: qui si parte dalle 7 e si conclude alle 18,30 (a dire il vero, solo per passare all'aperitivo) in una staffetta ininterrotta di colazione, brunch e merenda, giacché è possibile scegliere fra crostata alle visciole e French toast con pancetta lucana e scamorza appena scesi dal letto.

A proposito di "Lucania", il link va da sé: il complesso rappresenta, infatti, la dimora capitolina dei Curatella, dinastia di albergatori originari della Basilicata ed oggi alla guida di diverse strutture fra Bologna, Venezia e l'Urbe. Ecco, dunque, la ragione dietro la scelta di un "conterraneo" -lo chef Riccardo Pepe- per condurre la ristorazione interna del DonnaE Bistrot, che sul filo vermiglio del peperone crusco ha ricamato una proposta decisamente atipica nel Lazio.

L'arte e l'accoglienza in hotel, dalla hall al DonnaE
Non occorre essere grandi esperti d'opere moderne per cogliere i frutti della sinergia fra i Curatella e la Galleria d'Arte Russo: le due realtà hanno abilmente fuso le atmosfere nobiliari della residenza che ingloba l'edificio (Palazzo Pulieri Ginetti, ndr) con esposizioni d'autore che ne accentuano l'ampiezza e la luminosità, dando quasi l'impressione di rimodellare i confini degli spazi preesistenti.

Lo si nota al primo colpo d'occhio ammirando la Vertigine di Alberi di Manuel Felisi, enorme "bosco verticale" trasferito su lastre di resina che ricompongono il mosaico nature della foresta, in un "su e giù" botanico affiancato alle scale. Di pari effetto, la clessidra di lettere di acciaio realizzata da Enrico Benetta, con una cascata di caratteri alfabetici a rimpiazzare la sabbia: la testimonianza che il linguaggio è materia viva, una sponda fra suoni e immagini capace di illustrare il pensiero.


Sempre di Benetta il Dandelion dalla sagoma sferica collocato agli esterni del DonnaE Bistrot. E allora, dopo un corridoio punteggiato da installazioni floreali sul soffitto, si giunge subito in terrazza, un isolotto d'intimità nell'arcipelago dello shopping che circonda l'Elizabeth Unique. Fuori una manciata di posti a sedere col giusto distanziamento gli uni dagli altri, ravvivati dal contorno "cromoterapico" delle piante; dentro, l'area colazioni e bistrot dall'arredamento British, simile ad una sala da tè con gradazioni pastello.



L'aperitivo e la drink list di Dario Chieffallo
Il ricordo di nonna Elisabetta tinge ulteriormente l'esperienza di nuance soffuse, soprattutto in fase di Happy Hour: arrivate alle 18,30 e chiedete di provare le sue mini-polpette dalla ricetta collaudata. Bastano pane, salsa di pomodoro e pecorino per costruire un boccone in equilibrio fra garbo e rusticità, senza scorciatoie sapide o aggiunte di troppo. Il peperone crusco, dicevamo, sfila invece in una livrea "crispy" grazie all'essiccazione lenta studiata dallo chef, accompagnando i drink scelti dal restaurant manager Dario Chieffallo insieme ai fritti stagionali a base di vignarola e baccalà.

Merita un focus specifico, in tal senso, la lista delle bevande, forte della collaborazione con la Cantina Enrico Serafino 1878 (da provare l'M+M 18 Perpetuelle Sbagliato®, con una percentuale multimillesimo che vede i vini "vecchi" far da spalla ai "giovani"): Dario rivela una scioltezza degna di nota nell'abbinare -e raccontare- le etichette di punta adatte al contesto, si tratti dei tasting o delle opzioni libere alla carta. Gli itinerari di Pepe, di rimando, prendono curiosamente nome dalle categorie di stanze, passando dall'opulenza del Luxury (7 corse a 90€) alla formula smart dell'Initiale (4 atti a 65€).

Neanche a dirlo, fra morso e sorso la degustazione assume le dovute inflessioni regionali, tenendo però dritta la barra di un'eleganza che si confà all'ambiente raccolto del boutique hotel 5 stelle: "Pur avendo un bel volume di richieste internazionali, il pubblico romano mostra interesse verso l'esperienza -in primis per l'opportunità di godersi un buen retiro di nicchia dal clima rilassato", spiega il direttore di sala. Sicché gli esterni vanno ad ampliare la platea di chi opta per lo stay: "A monte, il nostro intento è quello di allestire una serata slow e di entrare in sintonia attraverso l'empatia: significa sia lasciar spazio alla coppia discreta, che introdurre i piatti agli appassionati di turno sviscerando la ricerca nel backstage".

Ma cosa finisce nel calice? Fermo restando un parterre di cocktail a tema -stavolta, la nonna gode di un "omaggio liquido" con il Donna Elisabetta composto da Champagne, sciroppo di zucchero al timo, lime e gin - la cantina sfodera diversi assi nella manica, dalle sempreverdi bolle d'Oltralpe (fra cui gli Champagne Palmer, partner d'elezione per i finger food) ad etichette italiane con particolare attenzione all'etica produttiva (notevole il Calabria IGT Rosso "Zero" Rosso, completamente privo di lieviti, filtrazioni e solfiti aggiunti).

I piatti dello chef Riccardo Pepe
A svecchiare la nozione del solito carpaccio "monoconsistenza" giunge un velo di Angus che acquista via via spessore attraverso il topping. C'è la spuma di bufala a ciuffetti, per distribuire freschezza ad ogni forchettata; il pomodorino confit, gentile ma fermo nel suo ritorno rotondo; la quinoa, un inserto vivace che ti svolta la masticazione. Il basic fatto bene, giacché la carne suona sotto i denti e non teme l'effetto "già visto e già provato".


È praticamente nullo, come detto sopra, il rischio di perdersi una portata col peperone crusco, costante territoriale che rimbalza a mo' di jolly dal benvenuto ai dessert. Nei primi va a potenziare il Risotto, carpaccio di baccalà al timo, gelato di baccalà e croccante di liquirizia: uno di quei rari casi in cui lo sbalzo di temperatura risulta inaspettatamente piacevole, complice il getto diretto sul palato a lavar via l'intensità dell'"oro rosso" lucano. L'ospite è inoltre invitato alla mantecatura espressa, cavalcando l'onda del chicco caldo-freddo.


Ha un guscio spesso il Salmone alla Wellington primaverile, capace di nascondere un cuore tenero sotto la corazza di sfoglia. Lo supportano la sua olandese e degli asparagi al burro che, da contorno, passano al ruolo di comprimario vegetale, rivelando un timbro acuto tale da reggere il confronto col pesce.


Sui dolci il cucchiaino atterra dopo una premessa necessaria: meno zuccheri e più asprezze, specialmente nella Variazione di passion fruit con mousse al cioccolato fondente e gelato alla vaniglia. Il bilanciamento vira poi sulla dolcezza spontanea con l'ingresso della Cheesecake al peperone crusco, epilogo centrato che -a dispetto di eventuali esitazioni- non stanca con l'incalzare dell'ingrediente principe.

Camere, suite e una colazione "cucinata"
Fra camere con sauna incorporata e letti dai baldacchini new way, all'Elizabeth Unique il soggiorno si approccia rigorosamente col menu dei cuscini alla mano, magari spiando il tran-tran di Via del Corso dal balconcino della suite al calar della sera. Ricorrenti, sulla scia degli scorci interni "da museo", le tele collocate alle pareti, pensate per favorire un certo senso di continuità con la hall e i corridoi. Non da ultima, poco distante dal corpo principale dell'albergo si eleva l'Elizabeth's Mansion, una residenza di sei stanze progettata dallo Studio Marincola per coniugare l'abbraccio di una "casa storica" con l'allure minimal del design attuale.



Manca qualcosa? Sì, la colazione cui accennavamo qualche riga sopra e sulla quale è necessario tornare per mettere a fuoco il concetto di "cucina cucinata". Sfogliando il menu emerge infatti un'amalgama di ricette dal mondo e preparazioni nostrane realizzate al momento: oltre ai consueti porridge, avocado toast e pancakes guarniti di sciroppo d'acero, la carta raduna uova alla Benedict con pancetta della Basilicata, acqua sale arricchita da salsiccia e peperone crusco e -perché no?- l'inedito accostamento fra prosciutto Patanegra e manteca lucana. Difficile credere d'essere (ancora) a Roma, eppure sì: qui per viaggiare non serve spostarsi!


Contatti
Elizabeth Unique Hotel- DonnaE Bistrot
Via delle Colonnette, 35, 00186 Roma RM
Telefono: 06 322 3633