Trote, storioni, tinche, pesci gatto e persino piranha – sì, proprio loro, i predatori fluviali dal sorriso inquietante – trovano nel menu di Sollo la loro ragion d’essere culinaria. "All'inizio la gente si aspettava i piatti tipici, come la triglia o l'astice, ma ora viene per sorprendersi, per provare cose che non trova da nessun'altra parte", spiega lo chef.
Lo chef
Il futuro ha squame lucenti e radici nell’acqua. Non ha il profumo del mare, ma quello dolce e intenso delle erbe aromatiche, del garum di pesce d’acqua dolce, del brodo ricco estratto da un’anguilla, della pelle croccante di tilapia che si accartoccia sulla piastra. In un angolo della Costa del Sol, la gastronomia del domani galleggia placida nelle vasche di uno chef visionario. I suoi pesci nuotano come idee, i loro riflessi attraversano l’aria limpida di Fuengirola: sono vivi, allevati con cura quasi artigianale, nutriti di futuro. E poi serviti, trasformati in esperienze che parlano di sostenibilità, gusto, ricerca. Non è utopia, ma Sollo. Diego Gallegos non ha mai avuto bisogno di una penna per esercitare il diritto: lo avrebbe fatto, forse, se la cucina non gli avesse rubato il cuore tra i fritti di un bar di Benalmádena. Aveva in mano un codice, e ne è uscito con un cucchiaio. Da allora ha riscritto ogni regola a modo suo. Oggi è il timoniere di un ristorante che sembra un laboratorio, uno studio di registrazione per piante, pesci e desideri gastronomici. Sollo, la sua creatura più intima, è molto più di un ristorante stellato. È un organismo che respira, un ecosistema pensato per nutrire e raccontare.

Nel 2021 la Guida Michelin ha riconosciuto l’innovazione radicale di questo progetto con una stella verde, consacrando Sollo tra i pionieri della sostenibilità in cucina. Il concetto, in apparenza semplice, è in realtà un’impalcatura ingegnosa, come ricostruito da El Paìs in questo speciale: un sistema acquaponico che unisce l’allevamento di pesci d’acqua dolce alla coltivazione idroponica di ortaggi, aromatiche e piante dalle qualità sorprendenti. Le radici affondano dove i pesci nuotano. Il risultato? Un ciclo virtuoso in cui l’80% degli ingredienti serviti nel menu degustazione viene prodotto in loco. Le vasche che brillano nel suo spazio di lavoro non sono estetica da acquario: sono incubatrici di esperienze. Tilapie, trote, storioni, tinche, pesci gatto e persino piranha – sì, proprio loro, i predatori fluviali dal sorriso inquietante – trovano qui la loro ragion d’essere culinaria. Gallegos non si limita a cucinarli: li interpreta, li decostruisce e li valorizza fino all’ultimo osso, letteralmente. Dalle lische ricava brodi e garum, dalle code tartare, dalle teste supporti per finger food. Solo le interiora vengono escluse, mentre tutto il resto ritorna alla terra o si reinventa in una nuova forma.

Ma non è solo tecnica. È anche poesia dell’ingrediente, rispetto per l’ecosistema e una vena creativa che non dorme mai. Gallegos è un uomo dalle mille vite: suona la batteria in una band, cucina, gioca ai videogiochi, posta ricette su TikTok, cura cocktail, menù e carte dei vini in altri locali. Eppure, nulla ha il peso specifico di Sollo. “Il nostro pesce non è culturalmente nobile, ma è di altissima qualità. All’inizio la gente si aspettava piatti convenzionali, ora arriva per lasciarsi sorprendere”, dice lo chef, con l’umiltà di chi ha imparato a riconoscere l’eccellenza anche dove altri vedono solo acqua stagnante. Il menu attuale si chiama Caminho 2025, costa 180 euro ed è un viaggio lungo tre ore e mezza. Ma chiamarlo “degustazione” sarebbe riduttivo: è un racconto, un’immersione sensoriale e concettuale. Si parte dalla visita agli impianti, si incontrano i pesci, si assaggia direttamente tra le cucine. Si passa poi ai piatti, che sono variazioni sorprendenti su una sinfonia d’acqua dolce: trippa di pesce gatto, tortino di trota marinata, sanguinaccio di storione. Un tempo si diceva “dal naso alla coda”; qui è “dalla pinna alla lisca”.

E dietro ogni preparazione c’è un pensiero più ampio, che guarda oltre il piatto. “Se non sosteniamo le aziende che allevano artigianalmente, in futuro dovremo accontentarci di un branzino mediocre. Voglio che i miei figli possano cucinare con la stessa qualità che ho io oggi”, riflette Gallegos, ribadendo con fermezza un principio che ormai è parte della sua identità. La sostenibilità non è un’etichetta, è una responsabilità. È una firma invisibile su ogni piatto che esce dalla sua cucina. Il lavoro con la fondazione Aula del Mar, avviato nel 2016, ha aperto le porte a un’infinità di possibilità. Oggi il sistema è replicato in più sedi: da La Noria, proprietà della Provincia di Malaga dove crescono gli avannotti, fino alla fattoria di Cajiz. I pannelli solari di prossima installazione chiuderanno il cerchio: presto, Sollo sarà energeticamente autosufficiente. Ciò che colpisce in questo racconto, tuttavia, non è solo la visionarietà del progetto, ma la passione testarda e lucida con cui viene portato avanti. L’impressione è che Gallegos non cucini solo per saziare, ma per raccontare un futuro possibile. Un futuro dove il lusso è rigenerativo, dove lo scarto diventa risorsa, e dove la bellezza sta nella capacità di stupire senza distruggere.

In un mondo gastronomico che spesso corre a rincorrere l’ingrediente raro o la tecnica più spettacolare, Gallegos nuota controcorrente. Riscopre il fiume, si innamora del pesce che nessuno vuole, eleva la tilapia a regina della tavola. Con metodo, studio e una scintilla quasi folle di creatività. Il suo Sollo non è un’isola felice. È un laboratorio che dimostra che si può cambiare il mondo partendo da una vasca piena di storioni. E quando il morso finale scioglie sul palato la storia di un ecosistema intero, non resta che una certezza: qui non si cena soltanto, si assaggia un’idea. E ha il sapore limpido della rivoluzione.