Un ristorante intimo, solo dieci posti attorno a un bancone, in cui ogni commensale è protagonista di un percorso che fonde racconto, tecnica e pura emozione: questo il format con cui Aitor Zabala ha conquistato le 3 stelle.
La storia
Quando il sogno incontra la tecnica, la memoria incontra l’innovazione e una tapas diventa poesia: il palcoscenico non è Barcellona, ma le colline di Hollywood. Eppure, l’eco di quella cucina che profuma di mare, di fuoco e di radici basche vibra in ogni piatto, in ogni gesto, in ogni sussurro di cucchiaio. Così si scrive una nuova pagina di storia gastronomica: non con fanfare, ma con il suono netto di tre stelle che cadono — tutte insieme — sulla giacca di uno chef catalano che ha trasformato un’idea in leggenda.

Aitor Zabala non è solo uno chef. È un narratore di gusti, un alchimista di sapori che parla la lingua della nostalgia e dell'avanguardia. Nato a Barcellona nel 1979, figlio e nipote di una genealogia culinaria che affonda le sue radici tanto nelle montagne basche quanto nelle cucine fumose di Carrer de Sicilia, Zabala ha respirato cucina fin da bambino. Ma non è stata solo la familiarità con i fornelli a renderlo ciò che è oggi. Il suo destino è stato forgiato dalla curiosità, dall’ambizione e da un fortunato incontro con il genio iconoclasta di Ferran Adrià, nei laboratori creativi di El Bulli.

È proprio lì, tra le mura di un ristorante diventato simbolo della rivoluzione gastronomica spagnola, che Zabala ha affinato le sue armi. Tre anni di apprendistato nel tempio della sperimentazione, in cui ha imparato a vedere oltre la ricetta, a pensare il piatto prima ancora di cucinarlo. Ed è lì che ha incontrato José Andrés, chef di fama internazionale e mecenate della cucina iberica in terra americana. Andrés ha visto in lui un talento raro, e gli ha suggerito quello che per molti sembrava un salto nel vuoto: portare la sua visione culinaria negli Stati Uniti. Il salto, invece, è stato un volo. Nel 2018, tra le pareti eleganti dell’SLS Hotel di Beverly Hills, nasce la prima incarnazione di Somni (in catalano: sogno). Un ristorante intimo, solo dieci posti attorno a un bancone, in cui ogni commensale è protagonista di un percorso che fonde racconto, tecnica e pura emozione. Il format richiama l’omakase giapponese, dove lo chef plasma in tempo reale l’esperienza del cliente, con un livello di coinvolgimento e personalizzazione quasi teatrale.

Wonho Frank Lee
In appena un anno, Somni guadagna due stelle Michelin, scalando vertiginosamente le vette della gastronomia americana. Ma la pandemia, come per molti, spezza il ritmo. Il ristorante chiude le porte, e Zabala si ritira, non per arrendersi, ma per rigenerarsi. Per tre anni lavora nell’ombra, insieme a un team affiatato e visionario, ripensando ogni dettaglio, ogni gesto, ogni sapore. Il risultato di quella gestazione è la rinascita di Somni, questa volta a West Hollywood. Un nuovo spazio, più ampio ma altrettanto raccolto nello spirito: 14 posti al bancone dello Chef’s Bar, e una saletta privata per sei. Qui, il sogno continua, e si fa ancora più profondo. La cucina di Zabala attinge alla tradizione catalana e basca, ma la riplasma con occhi nuovi, accarezzata dagli ingredienti locali californiani. Il gazpacho convive con la perfezione acida delle cozze in escabeche, e ogni assaggio è una piccola epifania, in un menu degustazione che dura due ore e mezza e si sviluppa in oltre 20 portate. Un viaggio sensoriale più che una cena.

L’investimento emotivo, creativo — e, va detto, anche economico — è notevole: l’esperienza ha un costo di 495 dollari a persona, bevande escluse. Ma chi varca le porte di Somni non cerca semplicemente un pasto: desidera assistere a un atto d’amore per la cucina, una rappresentazione sensoriale che sfida la consuetudine. Il riconoscimento, alla fine, arriva con il fragore di un fulmine a ciel sereno: tre stelle Michelin, tutte insieme, assegnate nella guida USA 2025 durante il gala a Sacramento del 25 giugno. Mai nessuno, prima, aveva compiuto un simile balzo: da zero a tre in un colpo solo. E mai prima un cuoco spagnolo aveva conquistato tale onore al di fuori dei confini nazionali.

Zabala accoglie il premio con gratitudine, senza dimenticare chi ha reso possibile tutto questo: “È un onore per noi ricevere tre stelle Michelin. Questo riconoscimento significa molto per noi, ma soprattutto appartiene alle persone che stanno dietro a Somni. Al nostro team: il vostro talento, la vostra dedizione e il vostro cuore rendono tutto questo possibile ogni giorno. Ai nostri clienti: grazie per credere in quello che facciamo. Questo è solo l’inizio”, scrive sui social, con l’umiltà che accompagna i grandi. Ma in fondo, l’essenza di Somni non è cambiata: nonostante i riflettori, le stelle e il clamore mediatico, resta un luogo dove il cibo non è solo nutrimento, ma linguaggio. Un luogo in cui ogni piatto racconta una storia: quella di un ragazzo cresciuto tra il profumo del marmitako e la precisione del fine dining, che ha scelto di sognare a occhi aperti. E di farci sognare con lui. A Hollywood, dove tutto è sceneggiatura e magia, il sogno più vero si vive a tavola. E porta la firma, lieve e luminosa, di Aitor Zabala.