Il 7 marzo 2024, in un angolo silenzioso di Copenaghen, è nato un luogo che in meno di tre mesi avrebbe cambiato il panorama gastronomico danese. Si chiama Aure, e in appena 81 giorni ha conquistato una stella Michelin. Non solo un record – è il terzo ristorante più veloce di sempre a ottenerla – ma anche il segno di un’identità chiara e inconfondibile, frutto di una visione intima e radicale di due giovani chef: Emma Nørbygaard e Nicky Arentsen.
Il 7 marzo 2024, in un angolo silenzioso di Copenaghen, è nato un luogo che in meno di tre mesi avrebbe cambiato il panorama gastronomico danese. Si chiama Aure, e in appena 81 giorni ha conquistato una stella Michelin. Non solo un record – è il terzo ristorante più veloce di sempre a ottenerla – ma anche il segno di un’identità chiara e inconfondibile, frutto di una visione intima e radicale di due giovani chef: Emma Nørbygaard e Nicky Arentsen (la cui storia è stata recentemente ripercorsa da Forbes qui).
Un luogo che racconta il tempo
Aure sorge in un ex magazzino per la polvere da sparo del 1745, nascosto tra gli alberi di un parco urbano. L’edificio, restaurato con rispetto e sensibilità, conserva la sua struttura originale: soffitti alti, pareti in mattoni grezzi, piccole finestre che filtrano la luce in fasci dorati. “Luce, tempo, trasformazione: sono questi gli elementi che ci guidano,” racconta Emma. “Aure, in latino, significa ‘vento leggero’, ma anche ‘bagliore’. È ciò che vogliamo evocare: una presenza discreta ma persistente, che trasforma.”

Una coppia, un progetto condiviso
Emma e Nicky non sono solo colleghi: sono una coppia nella vita. Uniti da una passione comune per la natura, la cucina e le emozioni genuine, hanno lasciato tutto per costruire questo sogno. “Abbiamo venduto ogni cosa,” racconta Nicky. “Avevamo solo la nostra idea, il nostro cuore e una cucina da riempire.” Nicky, nato nel 1994, è cresciuto nella regione dello Jutland, in una famiglia di pescatori. Da lì ha sviluppato un’intima connessione con l’oceano e i suoi cicli. Emma, classe 1997, proviene da una famiglia rurale e porta in sé il ricordo delle conserve fatte in casa, dei profumi della legna, della cucina lenta e narrativa.

Una cucina che segue la natura, non la moda
La filosofia culinaria dell’Aure si fonda su una regola semplice: ascoltare la stagione. “Non facciamo menu da manuale,” spiega Emma. “Ci lasciamo guidare da quello che la natura offre in quel momento preciso.” In inverno il menu si colora di radici, tuberi, cavoli maturati dal gelo, agrumi fermentati, selvaggina locale. In primavera arrivano le erbe spontanee, i fiori, le prime bacche. Nulla è forzato, tutto è naturale e rispettoso.
Un piatto non nasce per stupire, ma per far sentire qualcosa: un ricordo, una sfumatura, un’emozione intima. “Un piatto riuscito non è quello che fa dire ‘wow’, ma quello che fa rimanere in silenzio,” dice Nicky.


Il gusto del tempo che passa
La cucina dell’Aure non è fatta solo di sapori, ma di attese. Le fermentazioni durano mesi, le marinature sono lente, alcune cotture si protraggono per giorni. Il tempo è un ingrediente. Anche il pane viene lasciato riposare a lungo prima della cottura, per sviluppare crosta, acidità e profondità. “Non vogliamo dominare gli ingredienti,” spiega Emma, “vogliamo accompagnarli nel loro percorso naturale.”
Un servizio che accoglie
L’esperienza da Aure è sorprendente nella sua intimità. Il servizio è silenzioso, attento, mai invasivo. Gli ospiti vengono accolti come a casa: niente formalità inutili, niente sfarzo. L’atmosfera è calda, meditativa, quasi spirituale. Il ritmo è lento, il tempo dilatato. Ogni portata arriva quando è pronta, non quando è previsto. “Il lusso per noi è avere tempo e silenzio,” dice Nicky. “Vogliamo che chi entra qui si dimentichi dell’orologio.”

Un successo non cercato, ma meritato
Quando la Michelin ha annunciato la stella, Emma e Nicky sono rimasti increduli. “Non l’avevamo chiesta, né immaginata,” raccontano. “Ma è bello sapere che si può arrivare anche restando fedeli a se stessi.” La stella non ha cambiato il loro approccio. Non c’è rincorsa alla seconda, non c’è ansia da prestazione. “La stella è un riflesso, non un obiettivo. Il nostro obiettivo resta quello di cucinare come viviamo: con onestà, rispetto e ascolto.”
Verso l’anno uno
Il 7 marzo 2025 Aure compirà un anno. Nessun evento eclatante, nessuna celebrazione pubblica: forse solo un menu un po’ più speciale, condiviso con i fornitori, gli amici e le famiglie che li hanno sostenuti. “Per noi è già una festa ogni sera, quando vediamo le persone uscire serene,” dicono. Il futuro di Aure? Continuare a fare quello che fanno. Forse un orto più grande, forse una piccola fattoria. Ma nessuna espansione, nessun secondo ristorante. “Abbiamo trovato il nostro ritmo,” conclude Emma. “E vogliamo restare qui, dove la luce filtra lenta e tutto può accadere.”