Attualità enogastronomica

Hans Neuner: “Gli chef che copiano i piatti degli altri? Non durano: serve personalità in cucina”

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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copertina hans neuner

“Niente copie! Se proponi quello che propongono gli altri, non verrai riconosciuto. Poi ti puoi pure ritirare”.

Lo chef

Un austriaco più portoghese di chi in Portogallo c’è nato. È proprio questa la peculiarità che, unita al talento, rende Hans Neuner unico. Per lo chef di origine austriaca, patron dell’Ocean in Algarve, ristorante a cui nel giro di soli 18 mesi ha regalato la prima stella e due anni dopo la seconda, è l'unicità a far sì che una persona emerga tra ciò che la circonda. “Il nostro ristorante è aperto da vent'anni: per sopravvivere, dobbiamo reinventarci costantemente e continuare a stupire i nostri ospiti. Se ogni anno non cambiassi anche solo qualcosa, non verrebbe più nessuno. Si annoierebbero. Ogni qualvolta qualcuno cena qui il mio compito è convincerlo nuovamente. Questo è ciò che conta: niente copie! Se proponi quello che propongono anche molti altri, non verrai riconosciuto e alla fine ti puoi pure ritirare”, confida lo chef a Rolling Pin.

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Una necessità e una volontà di sorprendere e di regalare qualcosa di inaspettato al commensale che si è rafforzata ancor più nel periodo di stasi del Covid, quando i ristoranti sono stati costretti a chiudere. Un alt obbligato che in Neuner ha fatto germogliare e prosperare ancor più il germe della curiosità e della volontà di raccontare territori e culture gastronomiche attraverso i piatti. E’ il 2020 quando lo chef con la sua brigata intraprende il primo avventuroso viaggio alla scoperta del Portogallo, dei suoi ingredienti e dei suoi produttori, viaggi che da allora, di anno in anno, dettano il tema del menu di Ocean. 

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“L'idea dei nostri menu a tema è nata durante la pandemia di Coronavirus. Abbiamo dovuto chiudere e non volevo che io e la mia brigata subissimo lo scorrere del tempo per sei mesi. Così abbiamo acquistato l'attrezzatura da campeggio e siamo partiti per un viaggio attraverso il Portogallo. Abbiamo visitato i produttori, aiutato nella raccolta e fatto esperienze per cui normalmente non avremmo avuto tempo. Da qui è nata l'idea di creare un menu a partire da questi incontri ed esperienze: un concetto che è stato subito molto apprezzato. Un anno dopo, abbiamo sviluppato ulteriormente il concetto e ci siamo concentrati sulle isole portoghesi: Azzorre, Madeira, Capo Verde e São Tomé. Dopo questa escursione abbiamo servito agli ospiti un menu tipico dell'isola. Poiché questa idea è stata molto apprezzata, abbiamo deciso di replicarla ogni anno.  Negli anni successivi abbiamo visitato anche le ex colonie portoghesi e creato un menù coloniale: dall'Africa al Brasile”, racconta.

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Quest'anno il menu di chef Neuner racconta i territori dove vive un gran numero di portoghesi, così con il suo team ha visitato  San José in California, passando per Boston e Montreal, fino alle Hawaii, al Giappone e a Bangkok per far, poi, ritorno in  Algarve con un prezioso e ricco bagaglio di  storie custodite nel cuore e nel palato. Un modus operandi tutto tranne che scontato e semplice, da nessun punto di vista. “L’intero processo di sviluppo del menu richiede sette-otto mesi. A Luglio e Agosto decidiamo il tema e le destinazioni. Poi inizia la pianificazione e la ricerca dei produttori. Anche la realizzazione delle nostre attrezzature, dalle stoviglie alle decorazioni, può richiedere fino a sei mesi, perché ogni pezzo è unico. Il viaggio vero e proprio dura circa un mese, seguito da tre settimane di test intensivi in ​​cucina. Si tratta di una sfida logistica e finanziaria enorme, poiché circa 15 persone lavorano per tre settimane senza servire alcun ospite”.

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Un processo complesso e dispendioso, ma inevitabile per lo chef austriaco: “Il desiderio di sensazionalismo è aumentato enormemente negli ultimi anni. La tecnologia ha reso le persone molto esigenti in termini visivi perché sono inondate da molte immagini online. In particolare le generazioni più giovani non si lasciano impressionare così facilmente perché hanno già visto molto. Per distinguersi bisogna, quindi, essere sempre più estremi”.  

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