“Quanti chef si chiudono nel proprio ego, convinti di aver creato qualcosa di unico? Siamo onesti, non stiamo inventando niente. Ci trasformiamo, sublimiamo, ma la base è sempre stata lì”.
La notizia
“Quanti chef si chiudono nel proprio ego, convinti di aver creato qualcosa di unico?". Con questa affermazione netta, la chef Isabelle Arpin lancia una provocazione a tutto il mondo della gastronomia. In un’epoca in cui gli chef si contendono l’originalità a colpi di storytelling e piatti dalle presentazioni scenografiche, lei rivendica un ritorno alla sostanza: la cucina come dialogo con la tradizione, non come esercizio di stile. All’Auberge du Leignon, dove lavora insieme a Dominika Herzig e Aurélie Karaziwan, l’approccio è chiaro: nessuna messa in scena eccessiva, nessuna ricerca ossessiva dell’inedito. "Tutto ciò che cuciniamo ha radici nel passato: siamo onesti, non stiamo inventando niente," dichiara Arpin a Food & Sens. "Non si tratta di inventare, ma di comprendere, trasformare e sublimare ciò che già esiste.”

Lontano dall’ego, vicino all’essenza
Nel panorama gastronomico contemporaneo, l’ego spesso sovrasta il piatto. Chef-celebrità, format televisivi e social network hanno trasformato la cucina in uno spettacolo, spingendo molti professionisti a cercare l’originalità a tutti i costi. Ma per Isabelle Arpin, questa corsa alla novità è un’illusione. All’Auberge du Leignon si rifiuta la spettacolarizzazione della cucina. Qui, la gastronomia è un atto di rispetto verso il prodotto, un dialogo tra il cuoco e le materie prime, senza forzature. "Il nostro lavoro non è creare per stupire, ma per nutrire nel senso più ampio del termine," spiega Dominika Herzig. "Ogni piatto deve avere un senso, non solo un’estetica.”

Complementarità, non protagonismo
Dietro il successo dell’Auberge du Leignon non c’è un’unica figura, ma un team che lavora in perfetta sinergia. Isabelle Arpin e Dominika Herzig incarnano due energie diverse ma complementari: una più riflessiva, concentrata sull’essenza del piatto; l’altra dinamica, attenta all’esperienza del cliente. "Non funzioniamo l’una senza l’altra," affermano. "Io sono nel ‘go’, Isabelle è nell’analisi. Questo equilibrio ci permette di restare fedeli alla nostra visione.”Questa complementarità si riflette anche nell’approccio alla cucina: non un’esaltazione dell’individualità dello chef, ma una costruzione collettiva. "Senza i produttori, senza chi lavora la terra, senza chi sa trattare le materie prime, non esisterebbe alcun piatto," ricorda Arpin. "Dobbiamo smettere di idealizzare lo chef come un artista solitario. Siamo artigiani, lavoriamo con e grazie agli altri.”

Condivisione, non esclusività
Se molti ristoranti giocano sulla segretezza e sull’esclusività, all’Auberge du Leignon si pratica la condivisione. "Non crediamo nelle ricette segrete o nelle tecniche inaccessibili. Vogliamo che la cucina sia un dialogo continuo," dice Dominika Herzig. Questo si traduce in una continua interazione con produttori, artigiani e altri chef, attraverso collaborazioni e incontri che arricchiscono tutti. Le famose "cene a quattro mani" organizzate dall’Auberge non sono operazioni di marketing, ma occasioni di confronto sincero. "Non ci interessa la performance, ma lo scambio," sottolinea Arpin. "La gastronomia non è una sfida a chi inventa di più, ma un’opportunità per imparare dagli altri.”

Il vero successo: restare autentici
In un settore ossessionato dalla visibilità e dal successo immediato, Isabelle Arpin e Dominika Herzig difendono una visione diversa. "Oggi sembra che se non hai un ristorante trendy e migliaia di follower, non esisti. Ma la verità è che il vero successo si misura nel lungo periodo," afferma Herzig. Per loro, il futuro non è fatto di aperture in serie o di format replicabili, ma di radici solide. "Tra dieci anni saremo ancora qui, sotto i nostri alberi, con due asini e un bicchiere di sidro fatto in casa," scherzano. E in un mondo sempre più digitalizzato, sono convinte che la gastronomia resterà uno degli ultimi baluardi dell’artigianato umano. "Nessun algoritmo potrà mai sostituire l’emozione creata da un piatto sincero."