Piatti contemporanei ma anche della tradizione, è un po' l’animo del giovane chef a capo di Fase: ristorante spontaneo nell’elegante quartiere Prati a Roma.
Immerso tra le strade più residenziali e meno turistiche del quartiere Prati a Roma, Fase è una giovane insegna che racconta con spontaneità una cucina d’autore davvero interessante. A guidarla un ambizioso chef trentenne, Federico Salvucci.
LO CHEF
Federico Salvucci, classe ’95, ha il Belgio come terra natìa eppure il suo sangue si divide tra Norcia e Amalfi. Cresciuto a Roma, inizia a lavorare in un’osteria storica romana in Via Muggia 14, proprio dove oggi si trova Fase. Il desiderio di una formazione più tecnica lo porta alla scuola di alta cucina Alma e, solo successivamente, trascorre alcuni mesi al fianco dello Chef Lorenzo Cogo, nelle cucine di El Coq a Vicenza.


La voglia di tornare a Roma però si fa sentire e approda al ristorante All’Oro, accanto allo Chef Riccardo di Giacinto. Federico ha voglia di imparare, conoscere e perfezionarsi sempre, ma soprattutto è curioso. Vuole far suo tutto ciò che può impreziosire il suo bagaglio di conoscenze e così inizia ad interessarsi anche al mondo del caffè. Ne segue una breve ma significativa esperienza da Faro – Coffee Specialty e poi a Saint Moritz. Torna a Roma, questa volta per davvero, per realizzare il suo sogno: aprire un suo ristorante. Federico torna proprio in quella vecchia osteria dove aveva iniziato tanti anni prima. È il 2023 e nasce Fase.


IL RISTORANTE
Fase è un ristorantino moderno e spontaneo. Le grandi vetrate consentono agli ambienti, seppur piccoli, di godere della luce naturale durante i pranzi e di un’atmosfera intima la sera, con un affaccio sui bei villini di Prati. Gli spazi interni, minimal ed eleganti, richiamano uno stile industrial con un impatto visivo che ricade su materiali come ferro e legno. L’attenzione però è sulla cucina a vista e allo chef’s table, che permette a un massimo di due ospiti di gustare i piatti sbirciando tra i fornelli. Sui muri le opere dello chef che, insieme alle poltroncine blu e alla parete vinaccia, smorzano con vivacità gli arredi essenziali, proprio come accade in cucina.

“Come nella vita, anche qui ogni fase gioca il proprio ruolo” esordisce. Il menu si scompone in quattro fasi con (in ognuna) antipasti, primi, secondi e dolci tra note spiccate di umami e fermentazioni dal mondo. “Cucina spontanea per me significa senza regole quindi poter cambiare ogni giorno un piatto, poter mettere lo scalogno nell’amatriciana, non avere imposizioni (salvo stagionalità) e presentare una cucina immediata e di chiara intuizione a partire dalla lettura del menu”, spiega Federico. In cucina c’è anche Alessandro Gentile, braccio destro e sous chef, con già importanti e significative esperienze professionali, che qui ha ritrovato una visione condivisa di idee.

Non è una cucina propriamente fusion nell’accezione comune del termine. È semmai un insieme di intuizioni che si sviluppano in più fasi e in un crescendo continuo. Nelle diverse fasi del menù, infatti, si può trovare la tradizione romana che si mescola a quella asiatica con fermentazioni che incontrano i gusti regionali italiani.


IL MENU
Quattro fasi in quattro menu ma anche la possibilità di affidarsi alla cieca nelle mani dello chef in un percorso di tre o cinque portate, oltre a “Intrecci”: il menu che racchiude in sé la sintesi dei quattro menu in una combinazione che intreccia i sapori e le caratteristiche imperdibili di ognuno. Gli amuse bouche fanno gli onori di casa con pizzetta fritta all’aglio nero, crema di broccolo, alici e petali di fiordaliso; rapa bianca marinata con solo olio, sale, aceto, gel di mela verde e mandorla. I lievitati a tavola sono tutti fatti in casa, pane e focaccia (semi integrale e grano duro) si accompagnano a squisito burro montato francese e polvere di porro.

Si prosegue poi con degli antipasti che raccontano già molto dell’attenzione dello chef per le materie prime vegetali: cavolo rapa viola alla brace, gel di aceto di lamponi, beurre noisette e centocchio. Acidità e fresche consistenze rendono perfettamente equilibrato questo piatto naturalmente vegano. C’è poi il sottilissimo carpaccio di champignon crudi adagiato su una soffice e spumosa duxelles di cremini, insieme al portobello lattofermentato e un tocco di sapidità donato dal garum di funghi. In accompagnamento, criniera di leone alla brace che lo chef consiglia di usare quasi fosse una scarpetta per la sua vivace carnosità, perfetta da raccogliere in un morso.


Ormai tra i signature più amati di Fase, il katsusando con pan brioche di produzione propria, capocollo di maiale impanato nel panko, cavolo viola marinato in tre diversi tipi di aceto (lamponi, champagne, vino bianco) e asian barbecue fatta in casa.



I primi piatti lasciano davvero spazio alla tradizione e alle buone materie prime locali, a partire dallo spaghettone cotto dolcemente nel latticello, salsa al cavolo nero, gel di limone salato e polvere di cavolo nero. Poi lei, la mezza manica all’amatriciana o meglio alla “non è un’amatriciana” perché Federico, pur consapevole della ricetta originale e tradizionale, ama aggiungere la dolcezza dello scalogno sfumato con l’aceto balsamico di Modena. Un tocco che, a parer suo, riesce a distogliere il palato dalla sapidità del pecorino e del guanciale, senza snaturare il primo piatto iconico della romanità. Risulta infatti più avvolgente, corposa e dolce nell’assaggio lasciandosi alle spalle il gusto tipicamente deciso del sugo all’amatriciana.


Che la mano di chef Salvucci ricada molto felicemente su preparazioni vegetali è ormai assodato ma la sua curiosità tocca anche mare e terra come con il manzo danese rib-eye frollato, cavolo kale russian laccato con il suo succo e una densa e concentrata mole messicana a base di fagioli, cioccolato e pomodoro; Infine, il dolce non dolce con alla base crumble di cioccolato bianco croccante, cuore di cicoria saltata con aglio e olio, spuma di cioccolato bianco e cedro candito fatto in casa. A ricordarci che si, si può terminare un pasto anche senza piegarsi senza remore a un’orda di zucchero, ma piuttosto a un dolce finale coerente con le portate che lo hanno preceduto.



I piatti sono rigorosamente stagionali e non è raro trovare cambiamenti in corso d’opera nei menu, per rispettarne la naturale reperibilità. Chef Salvucci poi ama tessere una rete fitta di rapporti umani con i produttori, dai pastifici locali alle aziende agricole fino al Mercato Trionfale, il suo vero punto di riferimento per portare in tavola la freschezza dei banchi. Che sia la terra o il mare, Fase racconta una cucina spontanea che non ha bisogno di regole ma solo di istinto e tanto sapere. L’importante presenza di piatti vegetali in carta si riflette anche nella selezione dei vini, tra circa cinquanta etichette per lo più di bianchi ma anche bollicine e rossi oltre a qualche piccola ma significativa presenza di sakè e vini naturali.

CONTATTI
FASE – Cucina Spontanea
Via Muggia, 14 – 00195 - Roma
Tel. 062415763 - info@faserestaurant.it
https://faserestaurant.it/ - https://www.instagram.com/faseroma/