Uno studio condotto da un gruppo di fisici italiani ha mostrato che l’aggiunta di amido di mais nella classica ricetta della cacio e pepe aiuta ad ottenere una salsa dalla consistenza più cremosa e vellutata, oltre a eliminare eventuali grumi. Sacrilegio o genialità?
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La notizia
Cosa manca alla cacio e pepe secondo la scienza? L’amido di mais, che è costituito da lunghe catene di molecole, o di polimeri. Quando questi si gonfiano e assorbono liquidi, evitano che si sviluppino coaguli. Alcuni studiosi di nazionalità italiana si sono affidati ai principi della termodinamica per impedire che uno dei primi più acclamati sulla faccia della Terra, a base di pecorino, diventasse una massa viscida e appiccicosa. Inoltre, affermano di aver “ottimizzato” la ricetta aggiungendo un solo ingrediente, lo riporta il New York Times.

Il piatto, presumibilmente inventato dai pastori, oggi un grande classico della tradizione romana, è praticamente intoccabile. Per questo, gli autori della ricerca sono consapevoli di aver affrontato un tema delicato, “Spero che otto di noi siano sufficienti”, ha dichiarato Ivan Di Terlizzi, fisico statistico presso il Max Planck Institute for the Physics of Complex Systems di Dresda, in Germania, originario della Puglia.

“Solitamente la salsa viene quando alle componenti si addiziona l’acqua calda che è stata utilizzata per cuocere la pasta, ricca di amido. La miscela fumante può però provocare quella che viene chiamata 'fase mozzarella', in quanto c’è il rischio che il contatto fra gli elementi provochi la deformazione delle proteine del siero del latte, che conseguentemente si andranno a legare fra loro o con la caseina, formando dei granuli”.

Come evitare che si vada incontro a tal pasticcio? “È molto difficile trovare il giusto equilibrio”, afferma Fabrizio Olmeda. Sono state necessarie diverse prove prima di raggiungere il risultato sperato e trovare la giusta concentrazione del composto organico (fra il 2 e il 3% del peso del prodotto caseario): la cremina è stata riscaldata tramite una macchina sous vide, che mantiene la temperatura costante, inoltre, è stata costruita una piattaforma in legno per tenere ferma la pentola e garantire uniformità. Dopodiché i vari campioni sono stati posti su piastre di Petri, a loro volta poggiate su scatole di cartone, la cui parte superiore è stata sostituita da una pellicola trasparente. Una lampadina a illuminare dal basso ha fatto sì che gli agglomerati si rivelassero come macchie scure.

"Quello che hanno fatto questi ragazzi è stato un lavoro davvero impressionante, io però propongo una soluzione alternativa, l’aggiunta di citrato di sodio, un anticoagulante ampiamente disponibile", ha affermato Nathan Myhrvold, ex direttore tecnico di Microsoft e appassionato di gastronomia.

Ad avvalorare la tesi Lidia Bastianich, “Cucinare è chimica, ma soprattutto è esperienza. E la semplicità è la cosa più complessa da ottenere quando si è ai fornelli”.