Squadra longeva, il “metodo Cascone” in sala e una cucina tecnicamente evoluta che, però, mantiene il focus su gusto e soddisfazione. Vi raccontiamo il segreto del successo di Acquolina, insegna bistellata romana dove i piatti di Daniele Lippi viaggiano in perfetta sintonia con i ritmi del servizio.
Il ristorante
Roma, letteralmente due passi da Piazza del Popolo, una viuzza stretta e il First Roma Arte, un elegante hotel a cinque stelle lusso che racchiude due gemme gastronomiche capitoline. Una si trova all’ultimo piano, su una terrazza con vista meravigliosa, di quelle a cui la città eterna ci ha abituato da diverse angolazioni: si tratta di Acquaroof Terrazza Molinari, Bistrot di mare, con la sua cucina di pesce e l’eccellente offerta del cocktail bar. L’altra invece, Acquolina, è al piano terra ed è un fine dining con due stelle Michelin, raggiunte in tempi molto rapidi grazie all’esperienza degli attori coinvolti.

Atmosfera ovattata ed elegante, arredi giocati sui toni del blu e la cucina di Daniele Lippi, talento romano ancora anagraficamente giovane ma con una cucina che si fa di menu in menu sempre più interessante. E decisamente fuori dal coro, così com’è differente l’idea di servizio di Benito Cascone, direttore della ristorazione dell’albergo, uomo di sala con esperienza internazionale e professionista non allineato al mainstream. Per quel che lo riguarda, infatti, “la mia formazione è stata francese, diciamo che è molto più tecnica: quello che a me preme maggiormente è offrire un servizio che di base sia tecnico. Qui abbiamo una situazione che è molto standardizzata: dal momento che il cliente arriva si fanno determinate cose, in un tot di tempo la cucina parte, il servizio non è mai difforme. Contro tutto e tutti, io non penso che il servizio debba essere fatto su misura per ogni cliente, perché se lo standardizzi e lo rendi buono, deve essere uguale per tutti. Quello che deve cambiare non è il servizio, ma il modo di porsi, mantenendo ferma la linea e adattandola al contesto.


Se viene una coppia o c’è una cena d’affari, non modifico il servizio in base a chi c’è a tavola. Il lavoro che è stato fatto da noi è strutturarlo, rendendolo unico per tutti.” Tutto questo non significa che il clima che si respira in sala ad Acquolina sia asettico: tutt’altro, perché ogni cosa ‘gira’ in souplesse, con grande naturalezza. Cascone, sorridendo, rincara la dose: “Secondo me un cliente che viene a mangiare in un ristorante di lusso si aspetta semplicemente un certo tipo di servizio e di cucina. Tanti dicono ‘se c’è l’intenditore al tavolo gli devi dare tutte le informazioni nel dettaglio, se invece c’è la coppietta tagli corto: non è così. Se vieni a vivere l’esperienza da noi, chiunque tu sia, devo cercare il modo di farti passare un messaggio univoco.” Un approccio vincente, a quanto pare. E in definitiva, per Cascone, basato sugli aspetti tecnici.

“Affinché tutto funzioni, in un ristorante come il nostro, bisogna che ci sia tecnica in cucina e la situazione si rifletta in sala e nella sommellerie. Ad esempio, non devi mai modificare il piatto pensando a un particolare tavolo e ai suoi componenti. Mi hanno insegnato che è il cliente che nel caso chiede di cambiare le impostazioni. Quindi, se un cliente dice ‘a me la pasta al dente non piace, fammela più cotta’ è lui a cambiare le regole. Lo stesso in sala: se il cliente sporca il tavolo, io copro la macchia o tolgo le briciole, a meno che sia l’ospite stesso a chiedermi di non farlo. Poi, non sai mai esattamente chi sono i clienti, perché quello che tu puoi pensare tante volte può essere sbagliato. Non è che personalizzi i tuoi modi perché credi di sapere chi hai di fronte. Può essere corretto, ma può anche darsi che quello che tu giudichi come sprovveduto si sia girato tutti gli stellati del mondo.”

Un dato fondamentale, per questo ristorante, è la longevità in servizio della squadra, dal restaurant manager Andrea Menichelli, a Francesco Aldieri, wine manager dell’hotel, a Valerio Erba che di Acquolina è il sommelier, fino al bar manager Alessio Grimaldi. Ancora Cascone: “Credo che la nostra forza sia sempre stata, prima di tutto, avere le stesse figure da anni, le stesse persone che hanno iniziato con me un progetto, montato e creato insieme, e continua oggi allo stesso modo, con la stessa idea e gli stessi obiettivi.” A proposito di vini, la cantina è notevole: forte di un migliaio di etichette, forma una carta internazionale, con un’eccellente rappresentazione dell’Italia, molti piccoli produttori, una parte di vini naturali: “Abbiamo cercato di tenere un filo logico su tutto, a partire dalla miscelazione (in cui qui sono fortissimi, n.d.r.) che comunque segue lo stile della cucina. Se nella carta dei vini si trovano anche altre zone del mondo, sugli abbinamenti siamo rigorosi e seguiamo la filosofia di cucina, con un wine pairing basato sui vini da vitigni autoctoni delle varie aree del bacino mediterraneo, perché quando il cliente si siede a tavola deve scoprire cose nuove e non scontate.”

La cucina
Un equivoco da chiarire, o un mito da sfatare se preferite, è che da Acquolina si proponga una cucina mediterranea. In realtà, quelle su cui Daniele Lippi lavora sono esclusivamente materie prime che provengono solo dal bacino mediterraneo, ma è ben altra cosa. Lui ci racconta: “Cerchiamo di essere più autarchici possibile, è un impegno importante, stando dentro un albergo a Roma la nostra clientela tende a essere internazionale. In una struttura a cinque stelle e con un ristorante da due stelle Michelin si tende a sentirsi un po’ con le ali tarpate dai soliti canoni e cliché; nel mio caso non ero mio agio a livello di cucina e di identità; trovi sempre piatti e gusti simili, le stesse porcellane. Da lì mi sono detto ‘bisogna trovare una sorta di via personale e identitaria, cercare di uscire dal luogo comune', così ho voluto abbracciare l’idea dei prodotti dell’area mediterranea. Ho origini umbre ma ho anche lavorato tanto pesce,volendo unire le due cose è venuto fuori questo concetto. Uscire dalla classicità ancora oggi e dura, però sicuramente siamo riusciti a realizzare una cucina molto fresca.”

Fresca, con elementi inconsueti, diretta, certamente difficile da confondere: “Cerchiamo di valorizzare prodotti meno usuali, come la pecora o il cuore di tonno (essiccato, grattugiato e servito con burro affumicato e pane alle ghiande, di una bontà assoluta, n.d.r). Bisogna cercare di essere un po’ veraci, sotto certi punti di vista anche coraggiosi, ma allo stesso tempo con responsabilità, perché alla fine in tavola deve prevalere la sostanza. Cerchiamo di essere molto concreti e portare, come si dice dalle mie parti ‘a mangiare il pollo con le mani’, senza tanti voli pindarici.” Nel tempo, la cucina di Daniele Lippi, al cui fianco c’è il sous chef Pietro Piazzoli che ‘mi accompagna da tanto tempo, è il mio braccio destro e pure sinistro’, ha acquisito una finezza sempre maggiore senza perdere un minimo del grande gusto che l’ha sempre contraddistinta.

Un vero tributo alla gola: “Se scrollo le foto vecchie dei piatti o delle prove, vedo che sicuramente ora c’è una mano più responsabile, in cui al centro ci sono il gusto e l’appagamento per il cliente. C’è una cucina molto ‘facile’: non ti devi mettere a capirla, non devi pensare se ti piace o no. Ai ragazzi in cucina dico sempre: davanti a un piatto non devi pensare, dal momento in cui accade c’è qualcosa che non va. Noi siamo addetti al settore e da un certo punto di vista abbiamo un palato ‘malato’. Il cliente ‘normale’, nella stragrande maggioranza dei casi, non si fa tutte queste tiritere. In cucina con me sono tutti giovani abbondantemente under 30: io stimolo loro, loro stimolano me, un bel legame, ne siamo molto contenti. Non ci si adagia mai sugli allori, facendo il lavoretto fatto bene, la forza della brigata sta nello studiare insieme la materia prima nelle sue sfaccettature, comprenderne le sfumature.”

I piatti
Quando Daniele afferma ‘cucina facile’ intende diretta, comprensibile e immediata, perché la ricerca e la tecnica che ci sono dietro sono importanti, allo stesso modo mai autocelebrative. È al sapore che si mira, in entrambi i menu, Periplo, proposto a 220 euro e Anabasi Catabasi a 240. Dalla sequenza degli amuse bouche in poi, basta lasciarsi andare. Elegantissimo il gioco sugli scampi: crudo centrifuga di cavolo rapa, kiwi, bottarga e olio al dragoncello; scampo scottato, cavoli e beurre blanc al kiwi verde: viene utilizzato un distillato di kiwi che consente di sfruttarne l’acidità per montare il burro. Una grande animella con limoni salati marocchini, erba ruta e salsa aïoli alle canocchie, con la proteina del crostaceo usata per montare la salsa, sostituendo il latte vaccino.


È esplosivo spaghetti, agrumi, ricci di mare: “Questo piatto nasce da una collaborazione con una piccola azienda vicino Roma che circa trent’anni fa ha piantato un agrumeto con diverse varietà di aranci, limoni, cedri. In questo caso, lo spaghetto viene mantecato in un’infusione di foglie di agrumi e servito con ricci di mare e polvere di foglie di agrumi.” Un passaggio più morbido e rilassante avviene con gli gnocchi di patate di Avezzano, borragine, latticello e ostriche: “In questo caso andiamo a utilizzare la borragine con le sue sfumature molto salmastre che richiamano le alghe.”.


Formidabili le eliche con rosa canina, alici e capperi, con la loro meravigliosa, vibrante acidità: “In questo caso l’elica viene cotta in un estratto di rosa canina, poi andiamo a ricostruire una salsa tipo marinara, ma utilizzando le bacche di rosa. Il piatto viene concluso con capperi di Pantelleria, alici marinate, un battuto di prezzemolo, origano e aglio sottaceto.” Nel goloso seppia, roveja “c’è la rivisitazione di un kebab, con le seppie che vengono tagliate finemente, ogni fettina intervallata con una di lardo di mora romagnola, leggermente affumicato. Lo spiedino viene marinato in un miso di roveja fatto da noi e poi passato sul barbecue. Finiamo il piatto con una crema di yogurt, cetrioli sottaceto, una focaccia cotta sul barbecue, e condita con dello zaatar; a guarnire, tartare di seppia e melagrana.” Il side, altrettanto gustoso, è una coppetta con lattume di seppia servito con una salsa a base di brodo di pesce affumicato, prezzemolo e aceto.

Con Ventresca di tonno, segale, sedano rapa Lippi continua a inanellare bocconi che conquistano. Ci racconta: “Questo piatto nasce dall’idea di donare una nuova vita al pane vecchio. Abbiamo preso del pane di segale, quindi molto profumato, dalle note tostate e di miele, che subisce una doppia fermentazione. Nella prima viene inoculato con del koji e nella seconda viene lattofermentato per donare acidità. La ventresca viene semplicemente arrostita ed è accompagnata da questo estratto di pane che ricorda molto la salsa di soia, ma in stile mediterraneo.” Notevole anche la rivisitazione della pecora in fricassea, un lombo di pecora di un’azienda agricola abruzzese. “In origine il piatto nasce come uno stufato, nel quale all’ultimo venivano integrate delle uova per legare la salsa. Noi abbiamo utilizzato delle uova fresche di muggine per accompagnare la pecora che viene cotta sul barbecue”.



Si termina in bontà assoluta con carruba e cicoria, un’interpretazione sui generis di pane e cioccolato, in cui quest’ultimo elemento non viene usato. “Abbiamo sostituito completamente il cioccolato con farina di carrube e unito un caffè di cicoria per aggiungere una parte amaricante. Il pane, a base di farina di carrube, viene tenuto una notte in latte, zucchero e vaniglia. Il giorno dopo viene tamponato, asciugato e poi cotto sul barbecue. Glassato con la riduzione di latte è accompagnato da un gelato a base di carrube e caffè di cicoria.” Molto elegante, per un’esperienza da ripetere.

Contatti
Ristorante Acquolina
The First Roma Arte
Via del Vantaggio 14, Roma
Tel. +39 06 3201590
info@acquolinaristorante.it
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