Marco Visciola, al timone del ristorante stellato Il Marin – adiacente al Porto Antico di Genova - trasforma la cucina in un atto di rispetto verso il mare e tutto il territorio ligure. Ogni suo piatto nasce dall’equilibrio tra creatività e responsabilità, conferma di un impegno costante verso un modello di ristorazione consapevole, attentissimo all’ambiente, alle persone e al capitale economico.
Crediti fotografici copertina: Ilaria Murtas
La filosofia dello chef
Un messaggio con un elenco di erbe spontanee raccolte da Renata a Fegino e uno con i funghi reperiti da Walter nei boschi dell’entroterra. Una foto del pescato notturno dai pescherecci della Darsena o della riviera di Ponente. È così che spesso inizia la giornata dello chef Marco Visciola del ristorante Il Marin, una stella Michelin al Porto Antico di Genova.
Magari, se è tardo autunno, sceglie pescatrici, qualche nasello e delle triglie, perché questo e non di più offre la stagione del Mar Ligure. Chiede anche una murena e delle pescatrici, neglette da molte cucine e quindi particolarmente accessibili. Si fa portare mazzi di pimpinella, crespino e nasturzio, le saggia per dosare l’amaro, combinare i colori, armonizzare i profumi. Riceve e lavora mazze di tamburo, trombette dei morti e finferli con cui comporre giochi di forme, consistenze, aromi. Prima di ogni linea, ogni giorno, al Marin c’è la consapevolezza che i menù potranno differire in qualche dettaglio, in qualche equilibrio e che, proprio per questo, rispecchieranno sempre fedelmente la stagione (forse l’essenza?) della Liguria.
Il menù che mi accingo a raccontare è stato quello di un pranzo di metà novembre, ma, con l’incedere dell’anno, i piatti si trasformano, seguono il ritmo della natura in accordo con quanto offerto dal territorio. Quello che non cambia mai è l’intento: esprimere tutta la personalità della regione, a volte più enigmatica, a volte più solare, nel piatto.
E non cambia, soprattutto, la filosofia che c’è dietro: sostenibilità a tutto tondo, ambientale, economica e umana. Da buona ligure a mia volta, so quanto le erbe spontanee trovino nei piatti locali non solo dignità, ma vera centralità. Vuoi perché, per tradizione, si tratta di una cucina povera, vuoi per le colline e i monti che irrompono facilmente, un po’ selvaggi, in città. Senza scomodare sua maestà il pesto, che trasforma un’erba di Pra’ in simbolo territoriale, borragini, prebuggiun e altri verdi mazzi si trovano sui banchi dei mercati e in tante delle pietanze locali più amate: torte salate e paste ripiene su tutti.
Ecco perché il racconto gastronomico della Liguria dello chef Visciola può ben indugiare sul vegetale selvatico, per poi percorrere e abbracciare le forme del Mar Ligure ed ergersi a identitario. È un racconto che passa dai piatti, vero, ma anche dal carezzevole eloquio del duo di sala, con la guida esperta di Benedetta Canovi, e che si fa tangibile in un piccolo erbario cartaceo come compendio illustrato fornito al tavolo, quasi una legenda per i commensali.
Anche la scena contribuisce alla narrazione: la sala del Marin, con la sua sobria eleganza all’interno di uno spazio progettato dall’archistar genovese Renzo Piano, si affaccia sul mare, come in dialogo con la cucina a vista, ed esibisce una contenuta ma rigogliosa autoproduzione aeroponica di erbe. “Un orto sospeso sul mare”, si potrebbe azzardare, che è poi la definizione che lo chef Visciola ama dare della Liguria stessa.
I piatti
Tre sono i percorsi degustativi proposti:
CLASSICI, che rappresenta la storia del ristorante, con signature come i celebri “Spaghetti Martini cocktail e caviale”, shakerati al momento del servizio.
MAREE, dedicato al mare in tutte le sue espressioni, ittiche e vegetali.
DNA LIGURE, a mano libera dello chef, servito per tutto il tavolo.
Si può scegliere alla carta, oppure combinare i primi due menù per comporne uno a misura del proprio gusto. La flessibilità che il Marin riserva è una gioia per chi ama scegliere. Insieme al prezzo accessibile per un ristorante del suo livello, invita a tornare e ritornare.
Come benvenuto, giungono al tavolo in versione entrée alcuni dei piatti più iconici del Marin: una miscellanea di colori, forme e concetti. Il tortello di pesto al tovagliolo, dal cremoso ripieno che esplode sul palato con eleganza, mostra la direzione del pranzo dal primo morso, dal primo gesto. Cappon magro 2.0 mantiene la rotta: il piatto cardine della tradizione genovese assume le sembianze di un minuto giardino e stupisce combinando pesce crudo con la delicata pungenza delle verdure fermentate come in Corea del Sud, dove Visciola ha lavorato per qualche tempo a inizio carriera.
Assaggio dopo assaggio, il culmine della sapidità si raggiunge attraverso i salumi di mare, con stagionature vanno dalle due settimane ai tre mesi: lardo di seppia, prosciutto di ricciola, ventresca di tonno rosso e ombrina, accompagnati da giardiniera di cavolo verza rosso e alga spaghetto.
La norcineria ittica è interamente autoprodotta dallo chef, che si è dotato di una cella Pesciugatore® per la frollatura del pesce a pH controllato fin dal 2019, quando ancora era pionieristica sia l’idea che la prassi. La sua ricerca che non si limita all’esplorazione di gusti e consistenze imprevisti, ma va nella direzione di dare dignità a ogni parte del pesce, moltiplicandone allo stesso tempo durata e possibili utilizzi.
Vuoi per valorizzare i propri orti e fornitori, vuoi per dare voce alla componente vegetale del proprio territorio, vuoi perché la strada ben tracciata da Enrico Crippa ha fatto scuola, capita sovente che i ristoranti propongano un’insalata signature. Il Marin non si tira indietro nel mostrare la sua: erbe selvatiche e spontanee, funghi sott’olio e crudi, gelato alla prescinsêua stagionata, porcini e chiusura con kefir di capra alle erbe aromatiche. La Liguria è qui, forte e chiara.
C’è coerenza nel successivo nasello, crema di sedano rapa arrosta, rapa marinata e salsa all’acciuga: due dei pesci protagonisti in varie forme della cucina locale trovano contrappunto nelle note terrose dei vegetali dell’entroterra. Se la scaloppa di fegato di rana pescatrice alla brace con il suo fondo, salsa arancia e pak choi arrosto raccoglie l’eredità della valorizzazione del quinto quarto e dello scarto zero della finanziera di mare, piatto storico del Marin, è forse riso, murena e zafferano a rappresentare al meglio quello che oggi il ristorante vuole essere: c’è un pesce complesso da lavorare ed esaltare, perciò evitato da molte cucine, qui utilizzato in ogni sua parte e accostato alla grazia aromatica dello zafferano dell’Azienda agricola Rosso, produzione di nicchia a Davagna, pochi km sopra Genova.
Cavolo navone arrosto e fondo di nocciola e Rossese è un piatto che ha tutta la gravità di un vegetale della tradizione in disuso nobilitato a protagonista. C’è terra, c’è concentrazione: c’è Liguria. C’è intensamente Genova, invece, nel piatto che celebra alcune delle botteghe storiche che custodiscono i suoi sapori da generazioni: trippa della tripperia di Vico Casana, cioccolato fondente 80% fondente della cioccolateria Viganotti e spezie locali delle sorelle della drogheria Torielli.
Con cabannina alla brace e il suo fondo accompagnata da bernese al fieno e funghi, unica portata di carne di questo percorso, lo chef supporta il progetto di Giampaolo Risso che a Serra Riccò, in provincia di Genova, alleva solo 40 manzi maschi castrati all’anno per portare avanti l’antica razza locale presidio Slow Food. I capi crescono nutriti a fieno e noci macadamia, i cui scarti sono lavorati da un’azienda del territorio per diventare farina proteica, sempre all’insegna dello scarto zero. Il dessert zucca, mandarino e nocciola va a chiudere la degustazione con tutta la cremosità dell’autunno e divertenti momenti croccanti.
La cantina
Per quanto riguarda la carta dei vini, territorio chiama territorio, perciò, inevitabile che un menu identitario come quello del Marin dia luogo a un’ampia scelta di vini della Liguria intera, dai vermentini ai rossesi.
Non mancano rappresentanze dell’enologia italiana classica e ci si può cimentare in qualche incursione fra produzioni non convenzionali o internazionali, dalla Francia alla Napa Valley. Particolarmente centrata la proposta del Derthona 2022 di Vigneti Massa: un classico che non delude mai e che accompagna con la sua ricca mineralità piatti egualmente complessi.
Conclusione
La brigata del Marin si distingue per armonia, freschezza e attrattività. Il ristorante è molto ambito per esperienze formative da giovani di tutto il mondo, e lo chef di questo sa fare virtù con un gruppo internazionale in cui ogni persona apporta nuove idee, nuove tecniche. Attualmente, per esempio, in cucina ci sono un cuoco coreano e una pastry chef argentina, che si è proposta inviando la sua tesi sui dolci del mare.
Frequento le imprese di Marco Visciola al Marin fin dai suoi esordi, quando nel 2015 ereditò quello che allora era considerato l’ottimo ristorante di pesce di Eataly Genova. Oggi è proprietà dello chef stesso, che l’ha fatto evolvere fino a coronare il suo impegno con la stella Michelin guadagnata nel 2023 e conservata anche quest’anno.
Nato nel 1985 a Bogliasco, borgo della riviera ligure di Levante, negli anni Visciola è diventato stimato riferimento per chiunque in città ami il fine dining, grazie al suo lavorare placido, serio e creativo. Ha visione e coraggio sia in cucina che come imprenditore. Insieme al socio Carlo Barile, ha dato vita nel 2021 a Tenuta Golfo Paradiso con il ristorante Ortica, un progetto in evoluzione sulle alture di Pieve, e ha in cantiere nuove attività sul territorio che presto sarà il momento di conoscere.
Contatti
Il Marin
Indirizzo:
Edificio Millo Porto Antico
Calata Cattaneo, 15 - 16126 - Genova (GE)
Telefono:
+39 010 8698722
E-mail:
info@ilmarin.it