Pepe Rosa apre nel 2021, ma è nel 2022 che viene reclutato Domenico Perna, cuoco classe 1994, per fare un salto più deciso verso il fine dining. Oggi la cucina non disdegna commistioni, con rimandi orientali e un tratto di acidità costante ad alleggerire garbatamente le ricette.
La storia e il locale
La vista nelle giornate più terse, da Capo d’Orlando, è incomparabile: non che non sia sempre uno spettacolo, ma l’arcipelago delle Eolie, visto nitidamente da questa costa, ha qualcosa di magico. In un paese di antichi fasti, noto per una gestione amministrativa che qui tempo addietro ha portato eventi di levatura internazionale, Miriam e Antonio Magistro hanno dato vita a Pepe Rosa.
L’hanno fatto nel contesto di una struttura moderna e funzionale, quella del porto turistico nella Marina, realizzando un progetto di ristorazione che sfida con la sua cucina un mondo locale piuttosto tradizionalista nella sua espressione gastronomica. Antonio, trentasettenne decisamente eclettico, al quale non manca uno spirito gourmand autentico, ci ha raccontato di come abbia mosso i suoi primi passi praticamente al buio: “Faccio questo lavoro da 10 anni, nel 2016 ho aperto il primo ristorante in centro. In realtà vengo dal mondo del calcio, sono stato direttore sportivo e procuratore.
Alla ristorazione mi ci sono dedicato da zero, non sapevo neppure cosa fosse un bicchiere (ride), anche se da ragazzo avrei sempre voluto avere un locale. Mio cognato, che aveva un bel ristorante a Castelbuono, mi ha spinto ad aprire un primo ristorantino con otto tavoli. Abbiamo puntato subito sulla qualità: io sono uno competitivo, devo essere preparato.” Così Antonio frequenta il corso di F&B management ad Alma e altri ambiti formativi, fino a diventare formatore lui stesso: “Ho imparato molto anche dai miei errori, tutto quello che potevo sbagliare l’ho fatto, ma oggi lavoriamo a un buon livello.”
Pepe Rosa apre nel 2021, ma è nel 2022 che viene reclutato Domenico Perna, cuoco classe 1994, per fare un salto più deciso verso il fine dining. Antonio ribadisce: “In questa zona non c’è nulla, è il caso di provarci.” Non manca niente a Pepe Rosa, a partire dall’eleganza degli spazi interni con le belle vetrate e lo stile sobrio (che però nei giorni giusti non può competere con il tramonto in diretta con vista sul porto). Giuseppe Migliazzo, il cognato tentatore e marito di Miriam, ha messo in piedi una cantina notevole, seicentocinquanta etichette che vedono la Sicilia e l’Etna in primo piano ma con ampie referenze dal resto d’Italia e dalla Francia e altre aree vinicole importanti dal mondo. Se poi qualcuno cercasse soddisfazione in qualche miscelato, troverebbe anche quelli, fatti come si deve.
Lo chef
Lo chef è un giovane che qui da Pepe Rosa ha avuto la sua prima responsabilità diretta di una cucina, cosa che gli riesce bene, come vedremo, anche grazie a un curriculum interessante. Domenico, sincero e senza filtri, ci racconta divertito come la sua storia di cuoco sia iniziata quasi per caso: “Rispetto a molti miei colleghi che magari raccontano che hanno preso questa strada grazie alla cucina della mamma o della nonna, io mi ci sono ritrovato perché a scuola avrei voluto scegliere tutt’altro, ma alla fine ho deciso per l’alberghiero con la scusa che forse si studiava meno. Poi ho cominciato a fare i primi stage nelle cucine, mi sono appassionato e da lì è iniziato tutto. Finita la scuola ho cominciato a viaggiare, sono stato a Londra, poi a Positano a Le Sirenuse nell’anno in cui è arrivata la stella con Matteo Temperini.”
Altri due anni a Londra al Baglioni, poi a Ginevra a La Bottega, a Napoli al Comandante con Salvatore Bianco. Dopo la pandemia “ho preso la palla al balzo e sono andato al Therasia a Vulcano, ho fatto due 2 anni lì al Cappero con Giuseppe Biuso da sous chef. E una volta assaporata di nuovo la Sicilia, ho deciso di avvicinarmi a casa e ho trovato Antonio, una persona molto dinamica che mi ha alleggerito molto la nuova esperienza come chef, ho avuto fortuna.”
Perna è un cuoco capace e concreto, consapevole di un percorso iniziato bene e allo stesso tempo sempre in cerca di stimoli: “Ogni cucina è un mondo a sé, ho assorbito molto dalle mie esperienze e mi sono fatto il mio pensiero, la mia linea è tutt’oggi in fase di costruzione, perché sono del parere che senza la formazione non ci sia futuro: si rischia di rimanere fermi, quindi lo studio è continuo. Capo d’Orlando sicuramente non è una piazza facile per un progetto così grande, ma l’obiettivo è importante e il fatto di poter portare qui qualcosa di diverso, farlo conoscere, mi stimola e mi dà la forza di andare avanti e fare sempre meglio.”
La sua è una cucina che non disdegna commistioni, perciò oltre agli ingredienti dell’isola si trovano elementi che possono arrivare da ovunque, purché la loro qualità sia accertata, con rimandi orientali e un tratto di acidità costante ad alleggerire con garbo le sue ricette. Ottimo anche il lavoro sui vegetali e riusciti i notevoli esperimenti con i salumi e gli insaccati di pesce, serviti con l’ottimo pane autoprodotto e una kombucha al limone e zenzero che ne mitiga l’intensità.
I piatti
Pomod’oro è pieno di gusto, con un cuore di bue macerato, scalogno, salsa di pomodoro arrosto, pomodorini disidratati, acqua di pomodoro e ricotta forte: a parte un crostone di pane e origano per la scarpetta. Non poteva mancare un prodotto a Km0 (il nome del piatto), nel quale la melanzana arrosto è glassata con la sua acqua, con l’aggiunta di crema di melanzana acida, caprino e salsa di fico d’india fermentato. La melanzana, sottoposta a quattro giorni di lavorazione, avendo perso tutti i suoi liquidi, prende una consistenza piacevolmente carnosa.
Sinfonia di cocomero prevede l’uso di un’anguria in osmosi cotta al barbecue, con estratto di zenzero, olio alla menta, salsa di latticello montata e caviale croccante: il risultato, sotto il profilo del gusto, è eccellente. Convince decisamente anche il Plin di pasta fresca ripieno di astice con il suo garum e limone. Viene servito con burro ai crostacei e delle golose polpettine di stracotto di maialino iberico, con il tocco finale di una salsa di Parmigiano Reggiano stagionato oltre 100 mesi.
Vibrano le corde dei sapori anche per il Riso verde con aglio orsino, kefir e smen fatto in casa (si tratta di un burro fermentato salato, ingrediente importante nella cucina mediorientale e del Maghreb, prodotto da latte di pecora). Tonkatsu è una succulenta costata di maiale di razza Mangalica, servita con koji, carota glassata al miso, il suo fondo e cipollotto fondente; la carne viene affumicata al tavolo con pigne marittime e timo.
È giustamente diventato un piatto firma, per la sua grande personalità, la Ventresca dimenticata: di tonno, viene frollata 100 giorni e accompagnata con caramello di carruba e olandese all’acqua di porro fermentata; a completare, una polvere di alga chlorella vulgaris. La pasticceria non scende di tono, grazie ad Alessio Magistro, fratello dei titolari, diploma all’Alma e un’esperienza all’Enoteca Pinchiorri a Firenze con il pasticcere Francesco Federici, da Berton a Milano e al Mori Venice Bar di Parigi. Notevole la sua versione di Piňa colada con ananas ossidato, un velo dello stesso frutto marinato al rum e salsa di cocco e menta. Un posto da provare senza indugio.
Contatti
Pepe Rosa
Contrada Bagnoli, 16, 98071 Capo d'Orlando ME
Telefono: 0941 426076