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Le Fucine, il gourmet che mancava a Buttrio: chef con esperienze di rilievo in un hotel 2.0

di:
Marco Colognese
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copertina Le Fucine Buttrio

Dopo numerose esperienze da Milano alla Sardegna, torna nel suo paese tra i Colli Orientali del Friuli per guidare il progetto gourmet dell’Hotel Le Fucine: la nuova avventura di Andrea Fantini.

L'hotel

Buttrio si trova tra i Colli Orientali del Friuli, meravigliosa zona vinicola, tanto da essere nota anche come ‘Città del Vino’. Defilato, molto comodo da raggiungere, Le Fucine è un hotel moderno che si snoda tra due blocchi, dotato di ogni confort e con intorno un bel giardino silenzioso. Di proprietà del Gruppo Danieli, tra i primi negli impianti green per l’industria dell’acciaio, il progetto si ispira alla visione olivettiana di impresa culturale, con l’idea di realizzare una sorta di continuità sostenibile tra ambiente e sistema strutturato.

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@Nicola Rigo
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Le 64 stanze, di varie tipologie, luminose e con spazi ben articolati, sono accomunate da una raffinata essenzialità e superfici realizzate con materiali naturali. Non mancano un business center e un’ampia area wellness, con SPA e Beauty Center, accessibile anche agli ospiti esterni. Bella la luce nelle parti comuni, eleganti, un’area in particolare con il classico fogolâr rappresentato in chiave contemporanea.

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Un luogo accogliente, strategico perché si adatta tanto a una clientela business quanto a chi vuole un comodo approdo, sia per esplorare lo splendido territorio collinare circostante esplorando interessanti cantine, sia come base per muoversi tra le mete principali di tutto il Friuli-Venezia Giulia.

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La proposta gastronomica

Il progetto non poteva che essere completato da un’offerta gastronomica all’altezza del contesto: il curatissimo Caffè & Bistrot, ricavato, all’esterno della struttura, dal sapiente restauro di una stazione di servizio progettata negli anni Sessanta dall’architetto Marcello D’Olivo, funziona dalla colazione all’aperitivo serale, con un’eccellente pasticceria realizzata in casa; ancora la Brasserie, con cucina tradizionale e carne grigliata al Josper, e infine il fine dining.

Le Fucine Ritratti 0359
 

A sovrintendere le cucine, Andrea Fantini, nativo di Buttrio e classe 1982, affiancato dal più giovane corregionale Maurizio Piani, sous chef originario del Collio e con importanti esperienze, oltre che con lo stesso Fantini, con Pietro Leemann al Joia a Milano e con Matteo Baronetto a Del Cambio a Torino. Le Fucine Gourmet è uno spazio intimo e raccolto e da tavola si possono osservare i cuochi al lavoro: dell’accoglienza si occupa il bravo maître e sommelier Nicholas Chiarcossi, capace di mettere a proprio agio chiunque con un servizio di professionale informalità.

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NChiarcossi Fucine buttrio
 

Vale la pena lasciarsi consigliare sui vini perché, oltre a un’ottima conoscenza, Nicholas dispone di una carta che vanta già più di cinquecento etichette, con notevoli chicche regionali. Fantini ci racconta la sua storia, partendo da un aneddoto significativo: “Sono particolarmente legato a questo luogo, perché è stato il mio primo posto di lavoro: avevo 15 anni e questo in origine era un hotel di paese alla fine dove si facevano matrimoni, battesimi e comunioni. Allora studiavo e nei fine settimana venivo qui a dare una mano. Nel tempo ho avuto le mie esperienze e poi sono tornato: oltre che esserne orgoglioso, una cosa così mi va al cuore.” Andrea sposa il progetto nel 2020, dopo essere rimasto diversi anni da Elliot a Manzano:La proprietà ci tiene parecchio, è un biglietto da visita molto importante anche per i clienti che arrivano dall’estero.”

Andrea Fantini Fucine
 
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Fantini diventa cuoco per una serie di circostanze familiari che lo portano in una direzione obbligata: “Mio nonno aveva una bottega di paese dove c’era dentro davvero ogni cosa, dai vestiti alla bombola del gas, e lui si arrangiava a fare tutto, ti sistemava dalla bicicletta alla corda della chitarra; mio padre invece faceva il meccanico, così alla fine, dato che nella mentalità friulana c’è ‘lascia stare, faccio io’ sono cresciuto da imbranato totale. L’unica cosa che loro non sapevano fare era cucinare, non erano in grado neanche di farsi un caffè, così mi sono attaccato a mia mamma; mi dava più spazio e con lei preparavo gnocchi, crostoli, torte. Alla fine mi sono infilato tra lei e la nonna. In casa avevamo una grande taverna e i miei amavano ospitare gente, a partire dai notabili del paese: io vedevo la contentezza negli occhi delle persone. Da lì è nata la scintilla che c’è tuttora, infatti la mia soddisfazione più grande è vedere che uno apprezza quello che fai.”

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Fantini inizia dal Friuli, dalla base, facendosi le ossa con le trattorie e la cucina della tradizione, poi “da lì piano piano ho cercato i ristoranti che credevo facessero bene per la mia esperienza.” Va a Milano al Four Seasons ai tempi di Sergio Mei: “Tra il 2006 e il 2008 c’erano più di trenta persone in brigata, lui mi ha dato metodo e gusto e lì ho conosciuto colleghi da tutta Italia, assaggiando ogni piatto  possibile di tutte le regioni.” Poi è la volta dell’apertura de L’Orsone a Cividale con Joe Bastianich:Eravamo solo due friulani, il resto erano americani, canadesi coreani: i primi giorni è stata davvero dura ma era anche molto bello.” Dopo l’Orsone Andrea fa una tappa in Sardegna per poi arrivare all’Elliot. È qui che viene reclutato per la nuova apertura a Le Fucine, a iniziare dal Caffè Bistrot, per poi arrivare in porto con il fine dining poco più di sei mesi fa.

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Ho avuto la possibilità di lavorare sui progetti delle cucine, sulla scelta delle attrezzature, sull’impostazione del lavoro, del personale, dei fornitori, c’era carta bianca su tutto e questo per me è stato motivo di orgoglio. Adesso, vedere la gente che se ne va contenta mi toglie tutta la fatica.” Quello che Fantini ha pensato per Le Fucine Gourmet è “il racconto del percorso di un cuoco, perché è da lì che riesci ad essere originale. Raccontando il tuo passato, senza andare dietro alle mode, facendo quello che sai fare e contestualizzandolo, guardandoti attorno.”

I piatti

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Il risultato sono idee di notevole spessore gastronomico: si può scegliere da una carta, creandosi un menu da 4 o 6 portate, oppure affidarsi alla cucina con 8 piatti a sorpresa (rispettivamente 65, 85 e 100 euro). Dopo una serie di amuse bouche decisamente centrati, si inizia subito molto bene con ricci di mare, aglio orsino e salicornia: si parte da una base di polenta bianca, condita con foglie fresche di aglio orsino; i ricci di mare sono serviti in due modi, con il frutto fresco e in salsa, la salicornia invece viene spadellata cruda, in modo da mantenere la sua croccantezza originale. Buonissimo anche scampo e cetriolo.

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I crostacei vengono appena scottati alla brace, la bisque di scampi ristretta e montata come per una maionese; si servono con un gazpacho di cetriolo leggermente piccante, sfere dello stesso ortaggio in osmosi con succo di lime, uova di scampo confit e infine una foglia d’ostrica che regala un bel finale erbaceo. Capesante, daikon e beurre blanc è una delle rare occasioni in cui questo mollusco assume una valenza golosa di rilievo. Le capesante vengono scottate al naturale, la loro trippa cucinata come un ragù all’italiana e arricchita, al momento del servizio, con midollo di vitello, erba cipollina fresca e capperi fritti; il daikon, dell’azienda Orto Felice, è lavorato come un kimchi, lasciato fermentare senza fargli perdere la sua consistenza e servito affettato al centro di una salsa soffiata al beurre blanc. Ottima l’idea di gusto dietro a cuore di vitello, peperone e pecorino:

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“Troviamo il cuore molto versatile per gli abbinamenti, ma soprattutto ci dà estrema soddisfazione dal punto di vista del sapore: viene semplicemente scottato in padella, perché alla brace abbiamo notato un cambio troppo radicale del suo gusto naturale; lo serviamo con una pappa al peperone, realizzata come una classica pappa al pomodoro ma sostituendo l’ortaggio. In base al periodo decidiamo come trattarli (a inizio estate sono perfetti, non avendo raggiunto ancora una dolcezza e corposità troppo elevate): vengono scottati rapidamente alla brace e terminati in forno; attorno alla carne mettiamo una schiuma di pecorino semi stagionato e, per legare il tutto, ultimiamo con del fondo di vitello e delle foglie di origano fresco. Questo piatto ci ricorda il gusto italiano, l’attenzione alla stagionalità e lo studio su come sviluppare la ricetta sono di importanza fondamentale.” Riccioli, canoce e zafferano è un piccolo capolavoro.

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L’idea è di servire una pasta con il pesce che cambia in base al periodo dell’anno, in questo caso accompagnata da una ‘bufera’ in bianco di canocchie, le stesse appena passate al vapore e, alla base, una crema di zafferano; il tutto profumato con tagete in tutte le sue forme: in foglia, in fiore e in olio essenziale”. Colpisce nel segno anche risotto, carota e rafano, piatto vegetale solo apparentemente semplice. Il riso viene cotto in un estratto di carota, in mantecatura si aggiunge una brunoise dello stesso vegetale per dare la sensazione croccante; a finire il kren in salsa, un po’ meno intenso che a crudo, e una polvere di anice stellato.

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Perfetta la consistenza della carne, ben bilanciata dalla parte vegetale, per il cervo con aglio, prezzemolo e spinacio selvatico: il controfiletto arriva dalle riserve di caccia della Mitteleuropa, fa un rapido passaggio in padella per  restare rosa al centro e viene servito con una crema d’aglio, una schiuma di prezzemolo leggermente acidulata, spinacio selvatico saltato con sesamo tostato, olio ‘bruciato’ (aromatizzato con scarti di verdure e zenzero poi essiccati) e ultimato in sala con il suo fondo bruno. Piatto sontuoso, piccione, perigord e bietina: il volatile matura per 21 giorni nella cera d’api, viene cotto intero; il petto viene separato e lavorato con una glassa ottenuta dal suo fondo, insieme a pepe bianco e pepe nero, pepe lungo, pepe timut, noce moscata e semi di coriandolo. Il fondo è a base di vino rosso, tartufo nero e piccione.

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Lo chef ci racconta che “la parte vegetale del piatto cambia in base alla reperibilità, in questo caso è stata servita una bieta novella, ma di solito lo abbiniamo a un cipollotto primaverile per dargli la giusta freschezza e dolcezza. Si conclude, in finezza e bontà, con un dessert notevole: una brunoise di asparagi bianchi alla base, gel di pera klotzen bruciata, spuma alla mandorla e sorbetto agli asparagi bianchi; a chiudere una cialda di riso integrale, gel al lime e fiori di fiordaliso. Una tappa friulana da non perdere.

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