Dove mangiare nel Mondo

In Spagna la trattoria dentro un paese di 78 anime che spopola con la zuppa di fagioli

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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Aprono una trattoria in un paese di 78 anime (senza ombra di negozi) e diventano l’approdo preferito di centinaia di turisti, curiosi di assaggiare piatti tipici locali: Irene Sobron e la squadra di Casa Comidas Irene raccontano come hanno reso famosa una remota cittadina della Rioja.

La storia

Con appena 78 abitanti -di cui solo 37 fissi tutto l’anno- nel cuore de La Rioja (la seconda più piccola delle 17 regioni spagnole), Viniegra de Abajo sembra una cittadina d’altri tempi. Lì tutto pare essersi fermato, non esistono negozi o grandi attività commerciali, i mezzi di scambio sono ancora il baratto e la vendita ambulante; un paesino tanto ameno, quanto scomodo. In questo luogo, che non conosce la frenesia delle grandi metropoli, Irene Sobron ha aperto Casa comidas Irene, il suo locale tradizionale, diventato un business di grande successo. Irene è arrivata in questa piccola comunità nel 1995 per seguire il compagno, Jesus Garcia Palacios, che qui aveva trovato un impiego come veterinario. Giunti a Viniegra de Abajo ristrutturano una casa rurale, intessono rapporti con i concittadini e con i produttori locali, tanto che la porta della loro casa è sempre aperta per chiunque voglia gustare le prelibatezze preparate dalla donna.

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La passione di Irene per la cucina e la convivialità è così grande che nel 2013 decide di accogliere anche chi si trasferisce a Viniegra durante l’estate- nei mesi più caldi si contano circa 400 abitanti, significativamente attratti dal nuovo (sebbene piccolo) polo ristorativo- così come i turisti occasionali. L’entusiasmo per il locale è immediato e in costante crescita, anche se gestire un'attività qui è tutto tranne che semplice, ma la rete di fidelizzati produttori, agricoltori e allevatori costruita nel tempo ha permesso a Irene di realizzare il suo sogno.

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C’è Felix che due giorni a settimana, in estate, uno solo d’inverno, procura frutta e verdure rigorosamente di stagione per Comida casa Carmen; Joaquin che si occupa del latte, del pesce e della farina; Silvia che porta il pane da Huerta. “D'inverno è tutto diverso. Compro i lievitati per la mia famiglia perché il ristorante è aperto solo nel fine settimana. Di solito prendo un paio di filoni che Silvia porta da Huerta, il paese più vicino a Burgos, ma punto anche sulle grandi pezzature che durano due o tre giorni. Qui mangiare il pane fresco durante la settimana in inverno è un lusso”, racconta Irene a Sietes Canibales. Orgogliosa della sua realtà e delle sue ricette, è proprio la Sobron a narrare come in una fiaba le specialità del posto. “I piatti imperdibili? “Menestra”, dove una parte di verdure viene cotta separatamente e al dente (borragine, fagiolini o carote), mentre un'altra in pastella (zucchine, gambo di bietola o cavolfiore). La verdura è l’unica protagonista, è un piatto vegetariano; “Sangrecilla” invece appassiona per la sua consistenza. Mi è sempre piaciuto, mia madre lo cucinava di stagione, quando in casa si uccideva un agnello e il sangue si coagulava. Mi sarebbe piaciuto fare la sangrecilla con il sangue di agnello, ma non viene più venduto, quindi uso carne di manzo e di maiale. I giovani non conoscono questo piatto e per questo non lo ordinano, ma è la scelta di punta degli anziani e della gente del posto".

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"Poi“Fagioli Anguiano”: qui i fagioli li chiamiamo caparrones. Se mi chiedi dei fagioli la prima cosa che mi viene in mente è un nome, Alejandro, il mio fornitore di Anguiano, appunto. Di solito ne compro 200 chili all'anno e Alejandro me li fornisce poco a poco. Ogni giorno ne cucino circa tre chili, da cui ricavo venticinque porzioni (è forse la ricetta più amata dell'insegna, sorta di zuppa di legumi particolarmente golosa, ndr). Li preparo con pancetta di maiali allevati a Viniegra e con chorizo ​​dolce fresco; infine “Cervo”: ho la fortuna che mio fratello Fermín gestisca un centro di raccolta di selvaggina e mi fornisca ragù di cervo durante tutto l'anno. Pur essendo un prodotto stagionale, quando arriva il periodo della caccia le parti più nobili vengono riservate alla cottura e il resto viene utilizzato per il ripieno. Per me la carne di cervo è la carne più ecologica che ci sia. Sono animali che si nutrono del latte dalla madre e poi pascolano in montagna. Lo cucino in umido con la birra e quando lo provo sento un sapore che il manzo o il pollo non hanno, sa di libertà”.

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