Lo chef è dal 2012 tra le cucine del Villa Agrippina Gran Meliá di Roma e da pochi mesi al comando della brigata del fine dining dell’Hotel che punta sui sapori intensi e ben interpretati della tradizione romana e partenopea.
Foto di Alberto Blasetti
Il ristorante
Percorrendo la via panoramica del Gianicolo ci si imbatte in uno degli hotel più lussuosi della Capitale, Il Villa Agrippina Gran Meliá, catena spagnola all’interno del gruppo The Leading Hotels of the Word.
Un progetto concepito nel 2012 per portare in città una proposta elegante legata sia alla tradizione all’italiana sia alle tipicità della terra ispanica, come si evince dal manifesto enogastronomico dell’Amaro Lobby Bar, dove accomodarsi per un cocktail di classe pensato dal Bar Manager Federico Ricci, giovane entusiasta che porta nel tumbler miscele profumate e intriganti.
Antistante il cocktail bar si trova Follie, il fine dining dell’Hotel che dopo una breve esperienza capitanata dallo chef romano Luciano Monosilio (conclusasi a fine 2023) ha deciso di puntare sul talento – ormai maturo – della sua “cantera”, Alfonso D’Auria.
Cuoco campano – precisamente di Pimonte, località a metà strada tra Gragnano e Agerola, rispettivamente patrie indiscusse di pasta e mozzarella di Bufala – classe 1988, D’Auria dopo aver girovagato tra Cina e Stati Uniti è tornato in Italia prima alla corte del Don Alfonso 1890 (recentemente riaperto dopo i lavori di restyling) per poi approdare a Villa Agrippina nel 2012. In questi 12 anni lo chef è diventato parte integrante dell’hotel a cinque stelle arrivando a ricoprire il ruolo di sous chef fino al tanto atteso – e meritato – incarico di executive chef della struttura da qualche mese.
“Villa Agrippina mi ha accolto 12 anni fa. Nelle sue cucine sono cresciuto umanamente e professionalmente, e adesso assumo la guida di Follie con una maturità diversa, giusta per una sfida così importante. Un grande riconoscimento per me, che onorerò proponendo piatti che celebrano la versatilità gastronomica del bacino del mediterraneo, le mie origini campane e la tradizione romana, in omaggio alla città che mi ha adottato. Sarà una cucina inclusiva, che mi consentirà di sperimentare e reinterpretare materie prime, sapori e texture diversi e versatili”.
Due percorsi degustazione compongono il menu di Follie, “Il Gran Mediterraneo” e “Il Piccolo Mediterraneo” rispettivamente di sei e quattro portate (ma c’è anche la possibilità di ordinare alla carta) che raccontano la filosofia del cuoco campano tra mare, terra e piatti vegetali sofisticati, con ricette e preparazioni che traggono origine sia dalla terra natia dello chef che dalla sua regione d’adozione, il Lazio. “Mi piace giocare con i piatti della tradizione che mi ricordano la mia infanzia”, racconta Alfonso, “Adesso mi sto divertendo molto anche con il binomio Lazio-Campania”.
I piatti
Anche nell’aspetto visivo, la sala di Follie rievoca quell’austerità di cui non ci si stanca mai, con grandi tavoli circolari e un ambiente che ricorda un grande salotto, reso accogliente dalla professionalità del Restaurant Manager Francesco Minotti e alla gestione sapiente, oculata e non banale della cantina da parte del sommelier Marco Fantilli. Nell’amuse bouche di benvenuto troneggiano sapori decisamente italiani e nostrani, tra cubo di pasta fritto alla nerano – da bis –, sfogliatella di riso con mousse alla panzanella e il carpaccio di tonno con mela in osmosi e maionese di granchio. Come prima portata il protagonista è il Carciofo, presentato in versione fritta su una base di cenere di liquirizia e gel di menta e di carciofo con a parte servito il gambo dell’ortaggio in tempura.
“Con questa ricetta riesco a recuperare il 95% del carciofo grazie agli insegnamenti che ho appreso da mia madre” racconta lo chef, che in questo caso è si è distinto per una frittura perfetta e un utilizzo piacevole della liquirizia, sempre difficile da calibrare. Lodevole anche la “trovata” di Marco Fantilli che accompagna il piatto con un Sidro di mele leggermente alcolico che supera l’ardua prova dell’abbinamento carciofo-vino. Dopo essersi scaldato con un piatto della tradizione giudaico-romanesca, D’Auria “ripensa” la classica sfogliatella riccia della pasticceria partenopea in una variante salata con agnello stufato, mousse di Provolone del Monaco con in accompagnamento le animelle dell’animale.
Funziona senza indugi il binomio agnello-provolone, mentre la panificazione della sfogliatella ben raccoglie il suo ripieno. Qui il sommelier abbina un Biancolella Doc Kalimera, vino ischitano minerale, fresco e leggiadro. L’executive chef si supera poi nel Bottone ripieno di cernia, friarelli e mousse di cacio e pepe, in cui la salsa romana è calibrata sapientemente per non sovrastare il gusto elegante del pesce.
È un esercizio di stile la Carbonara, cremosa, croccante e affabile in cui la scelta della pasta ricade su uno spaghetto fine perché secondo Alfonso “lo spaghettone è troppo invadente e non raccoglie a dovere la salsa”. Visto il risultato, non possiamo che essere d’accordo. Dopo una serie di portate dall’alto contenuto proteico, lo chef prosegue e stupisce con un piatto vegano: la Scarola infornata, con aglio fermentato, polvere di olive, pinoli e uvetta. “Prima la condisco a crudo, poi la lego con uno spago e la scotto in padella irrorandola con del brodo vegetale, poi la chiudo con una pellicola e carta stagnola e la finisco in forno”.
Un piatto che dimostra le affinità di Alfonso D’Auria con il vegetale, accompagnato da un fantastico Gewürztraminer di Cantina Le Macchie, azienda di Rieti che vinifica questo inusuale Orange Wine speziato e floreale con note di malto d’orzo, che viene prodotto in soli 1200 esemplari l’anno. Una grande scelta di Marco Fantilli. A chiudere la degustazione troviamo il Baccalà pil pil con pomodori e olive e la sua trippa in versione chips servita a parte. Un piatto verticale nel gusto e accogliente nei sapori che esprimono la mediterraneità della cucina di Follie.
Con un campano ai fornelli, il dessert è giustamente un omaggio alla sua terra: una Pastiera scomposta con crumble, tre composizioni di crema a base di ricotta di mucca, di pecora e una crema pasticcera al grano; chiosa finale il gelato di grano e fiori e cialda di arancia. Che dire? Un dessert che lancia prepotentemente Alfonso D’Auria tra i cuochi da scoprire della Capitale.
Contatti
Follie, Villa Agrippina Gran Meliá
Via del Gianicolo 3, 00165 Roma
T. 06 9259 0830