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Osteria di Passignano: da Alain Ducasse al Chianti, la sfida di Matteo Lorenzini

di:
Bianca Tecchiati
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copertina osteria di passignano

Sono tanti gli anni che Lorenzini ha trascorso in Francia, gravitando nella galassia Ducasse. Oggi dà spettacolo all’Osteria di Passignano, stella Michelin dal 2007, dove il suo carisma si mescola con i connotati di uno scenario mitologico, fra medioevo e avanguardia.

Osteria di Passignano

Il ristorante


Essere ringraziato pubblicamente nell’ultimo libro dello chef più illustre e celebre del pianeta. Fatto. Matteo Lorenzini, trentasettenne senese, oggi alla guida dell’Osteria di Passignano, può fregiarsi di essere stato annoverato in “Une vie de goûts et de passions”, nuovo libro di Alain Ducasse, fra i collaboratori, tanto appassionati, quanto diversi, che hanno contribuito al successo professionale del cuoco e imprenditore che vanta ben dodici stelle Michelin.


Nel complesso sono tanti gli anni che Lorenzini ha trascorso in Francia, gravitando nella galassia Ducasse. La collaborazione inizia a Saint-Paul-de-Vence nel 2008 e prosegue al Louis XV di Parigi, dove da 3°commis raggiunge in tre anni il ruolo di Chef de Partie. Si susseguono alcune importanti esperienze italiane, una su tutte Le Tre Lune di Calenzano, dove, a ventinove anni, con altri due soci, e un investimento totale di nemmeno dieci mila euro, fa arrivare, in diciassette mesi, una stella Michelin alla periferia di Firenze. Ed esattamente dieci anni dopo la prima volta, ecco il ritorno di fiamma per la liason con la Francia, si ferma due anni al Cucina Mutualité di Parigi, per poi passare al tristellato Alain Ducasse at The Dorchester di Londra fino al 2021.


Anno in cui Lorenzini torna nella sua Toscana per un progetto estremamente prestigioso, prendere le redini dell’Osteria di Passignano, stella Michelin dal 2007. La tenuta, di proprietà della famiglia Antinori, una delle più incantevoli del Chianti Classico, è il luogo dove nasce il Badia a Passignano D.O.C.G., nei vigneti che circondano l’abbazia millenaria che domina il piccolo borgo medievale e che custodisce fra le sue mura l’Orto bioattivo di Badia. Coltivato con metodi innovativi che consentono di massimizzare la qualità dei prodotti in ambito nutrizionale e l’autenticità dei sapori, determinando un indissolubile rapporto fra la proposta dell’Osteria e la ciclicità delle stagioni.




In questo contesto Matteo Lorenzini sembra ripercorrere la poetica dell’artista-attivista Piero Gilardi, studioso del rapporto uomo-natura attraverso i suoi “paesaggi portatili” rappresentanti scene silvestri in pannelli di poliuretano, che si rifà al concetto di “rinaturarsi”. Ovvero rigenerarsi e ritrovare la connessione con la natura, perché “l’arte aiuta a prefigurare, attraverso simboli estetici, un futuro diverso” e questo può anche la cucina. Gli ortaggi, a pochi metri dall’Osteria, danno il ritmo alle preparazioni e alla rotazione dei menu, si fanno oggetto di sperimentazione, diventano elementi estetici dell’esperienza culinaria.



Allo stesso modo, lo chef si prodiga da sempre a favorire l’impollinazione tra cucina e storia: i suoi studi sulla gastronomia medievale, in collaborazione con il professore di archeologia dell’Università di Siena Marco Valenti, sull’antropologia del cibo e sulla scientificità della tradizione culinaria sono una solida rampa di lancio per il suo impeto innovativo in cucina. Espressione di una identità che mescola il carisma dello chef con i connotati di uno scenario mitologico, fra medioevo e avanguardia.


Anche gli ambienti dell’Osteria di Passignano hanno vissuto un momento di rinnovamento, con un restyling degli interni seguito personalmente da Allegra Antinori che ha voluto riproporre le linee geometriche e i cromatismi tipicamente medievali in omaggio alla splendida Badia che sorge a pochi metri. Fra le losanghe e i rombi porpora delle pareti, gli spazi hanno acquisito maggiore profondità e rappresentano un colpo d’occhio di assoluta eleganza.




I piatti


Ci accoglie con elegante spontaneità Gabriele Gorelli, da un decennio in servizio presso la Marchesi Antinori, prima da Rinuccio 1180, oggi direttore di sala all’Osteria di Passignano. E ci conduce all’avvio del pranzo con un calice di Marchese Antinori Tenuta Montenisa Blanc del Blancs che accompagna una spuma di ceci, lime e sesamo. Il perfetto dondolio fra dolcezza e acidità che ben dispone a principiare la successione delle corse.


Dall’area panificazione sortiscono crackers, grissini e un pane bianco con lievito madre. La prodezza di Lorenzini sta nel riuscire a ottenere pienezza e rotondità di sapore, consistenze suadenti e compiutezza aromatica, ancor più, sensoriale, da un lavoro minuzioso e profondo sulle materie vegetali. Dal suo arrivo a Passignano, quasi due anni fa, aveva da subito connotato il suo corso dedicandosi all’investigare le innumerevoli sfaccettature inespresse degli ortaggi.



E infatti, come se fosse una porcellana Villeroy & Boch fa il suo ingresso in sala, per essere adagiato sul tavolo, un cavolo rapa dell'orto di Badia. Scavato, con la parte superiore, foglie incluse, a fungere da coperchio. Dal suo interno viene prelevata una salsa di tuorlo d'uovo affumicato per irrorare il piatto dove risiede la polpa del cavolo, anch’esso affumicato, con lamelle di cavolfiore. Per un melodioso minuetto fra dolcezza e fumo che i riflessi iodati e sapidi del caviale solleticano a tratti.



Una raffinata complessità gustativa avvolge la terrina di scarola stufata, dove l’amaro è un fondale che trasmuta nell’incontro degli aromi delle erbe dell'orto, servita con una salsa del succo di cottura della scarola. Le rape bianche e i ravanelli spennellati di yuzu intervengono con un apporto di pungenza acidula; il tartufo dispensa umami e a chiudere una foglia di ravanello.


È l’astringenza amarognola dei cardi a moderare la soavità delle capesante scottate, che si amalgama con il comfort di un notevole pain brioche al cardo e con l’aggiunta del collagene lussurioso delle trippe del mollusco.


Il farro con frutti di mare, seppie e topinambur arrostito irrompe in tutta la sua floridezza gustativa, con i funghi shiitake e la loro polvere a interferire con leggera acidità, spalleggiati in questo anche dalla salicornia. Ad aspergere di piacevolezza olfattiva e tattile il giro di boa del pranzo, il tovagliolo avvolto nell’aroma di erba citrina, un pensiero di estrema raffinatezza che eleva il livello di eleganza dell’esperienza.


L’effetto dei ravioli di faraona si avvicina molto all’adescamento: insuperabile la sfoglia, lascivo il ripieno, immersi in una finissima crema di zabaione al vinsanto, con il sentore nocciolato dei cardoncelli del Chianti alle erbe e le punteggiature citriche dell’oxalis.


Nelle proposte di carne si compaginano gli elementi che costituiscono il nutrimento o l’ambiente in cui ha stanziato l’animale, quasi il piatto fosse un diorama dove si ritrovano materie appartenenti allo stesso registro culturale, come il fieno per il vitello, o il mais per il piccione. Il vitello, morbido e delicato, si combina con l’amaro e con il morso vigoroso della scorzonera, inebriato nel finale dalla lieve terrosità del tartufo e dalla speziatura di erbe secche data dal fieno.


Il petto del piccione, cotto in padella, viene servito con una scaloppa di foie gras e, in accompagnamento, una polenta di farina gialla di grana grossolana, per una masticazione corposa e più goduriosa, con il mais anche in versione croccante


In una estetica di pasticceria che si esprime per sottrazione ed essenzialità, il primo dei dessert è una evocazione delle bevande di arancia e orzo, si compone di un sorbetto al cacao, una salsa di agrumi e cialde del cereale.


Mentre il tiramisù racchiude un gelato al caffè e nocciola e una sfera di mascarpone.


Nei petit four, tartufo al rum e cioccolato, sablé con namelaka di cioccolato bianco e lime, bignolina con crema al vinsanto.


Indirizzo


Osteria di Passignano

Via Passignano, 33, 50028 Badia A Passignano FI

Tel:  055 807 1278

Sito web

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