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Alessandro Borghese: “Gli stagisti vanno pagati: da me chi è agli inizi prende 1600€”

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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Alessandro Borghese dipinge uno scenario lavorativo sereno e premiante: benefits per i dipendenti, stipendi base fino a 1600€, stagisti retribuiti il giusto.

La notizia

Riflettori, studi televisivi, ospiti famosi che si destreggiano tra fornelli e padelle, ma, in realtà, la vita professionale e personale di Alessandro Borghese è fatta di concretezza e profondo rispetto per i valori e le persone che lo circondano. A rivelarlo a chiare lettere è una recente intervista al Corriere della Sera in cui lo chef, nato a San Francisco, cresciuto a Roma ed ora naturalizzato milanese, si racconta a tutto tondo. Ripercorrendo con la mente i suoi esordi in cucina Borghese confida come l’inizio della sua carriera sia stato tutt'altro che semplice: “E’ stato faticoso, specie quando si veniva a sapere che mia madre era un’attrice. Io non lo dicevo ma ovviamente usciva. E allora: “È il figlio di Barbara Bouchet, cosa ci fa qui? Perché sta tra patate e carciofi se è nato ricco?”. Ma io non sono nato ricco. Se sei etichettato ti crei un nome solo con i fatti”.

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Aveva solo 17 anni quando ha iniziato a girare il mondo per inseguire la sua passione, quella per il cibo, e, da allora, non si è fatto mancare nulla: persino il naufragio al largo della Somalia dell'Achille Lauro nel ‘94, dove era imbarcato come ragazzo di brigata. L'energia, il carisma, la capacità di arrivare alle persone sono i tratti che l’hanno portato ad essere l’Alessandro Borghese di oggi: chef, imprenditore, pioniere dei cooking show. Nonostante la popolarità e i riconoscimenti ottenuti negli anni, chef Borghese non dimentica i capisaldi che l’hanno portato ad essere così amato dal pubblico e, soprattutto, dai commensali. Grato del successo e memore della fatica necessaria per ottenerlo, ha, infatti, sempre un occhio di riguardo per il suo personale e una visione molto chiara di come dovrebbe funzionare il settore dell’ospitalità. 

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Il ristorante di Alessandro Borghese a Milano

In merito alla difficoltà di trovare staff qualificato, commenta: “Cerco di farmi dire di sì dai candidati offrendo, oltre a un contratto con 13esima e 14esima, benefit e welfare aziendale: pasti al ristorante, spese mediche agevolate, consulenti per la ricerca di alloggi, avvocato interno per le pratiche. Penso di poter dire che i miei dipendenti siano felici, ma siamo sempre in cerca… La moneta di scambio oggi è il tempo: la mia generazione ha fatto del lavoro una missione, 5 ore o 15 non contava perché là volevamo arrivare, adesso si cerca più libertà: non posso dar loro torto. Tuttavia, questo mestiere è faticoso, operi quando gli altri si divertono, nelle feste e - sì - nei weekend: se non riempio il cassetto come posso mantenere l’attività? Certo gli orari si sono ridotti anche da me: il doppio turno è solo sabato e domenica (prima sempre), mercoledì chiuso, gli altri giorni solo cena. Nelle giovani leve noto parecchia rotazione: ci si stanca presto di un posto, è facile mollare il colpo.

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Ai miei tempi non te ne andavi prima di un anno, quando avevi carpito e imparato… La ristorazione è viziata dal nero e dalle promesse. Tanti dicono: vieni, fai curriculum ma nel frattempo non prendi una lira. È profondamente ingiusto”. Così anche a chi arriva da lui senza alcuna esperienza Borghese offre uno stipendio di 1.200 euro netti che può arrivare a 1.600 con gli extra (un’ora per pulire, i commensali che si trattengono di più). Gli stagisti? Li paga, anche se -è pronto a scommettere- nei fine dining con brigate "gigantesche" è sempre più difficile che accada.

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Da esperto ed eccellente comunicatore, poi, chef Borghese sottolinea come il mondo dei social sia mal gestito e spesso si trasformi in una vera e propria gogna mediatica dove l’odio e l’invidia sono ormai considerati alla stregua di un mestiere. Forte della sua carriera e dei suoi saldi valori, se gli si chiede com'è il suo rapporto con gli haters risponde: “Io metto cuoricini anche ai peggiori hater perché, a quasi 50 anni, penso di conoscere il mio valore e dove sono arrivato. Mi preoccupa di più un cliente non soddisfatto in sala. Io so cosa ho fatto di buono, non mi turbano”.

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