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Conto al ristorante: “C’è chi finge di mangiare male per non pagare”. Lo sfogo dello chef

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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copertina clienti furbi ristorante

Mandare indietro i piatti per non pagare: la strategia furba di alcuni commensali spinge lo chef Enrique Fernàndez a denunciare l’accaduto.

La notizia

L’arena della polemica che vede scontrarsi clienti e ristoratori questa volta è a Barcellona; una polemica che, in tal caso, è tutto tranne che virtuale e celata dietro improbabili nickname, ma riguarda protagonisti in carne ed ossa (con tanto di forze dell’ordine). Ad alzare il polverone è stato un episodio che ha visto confrontarsi Enrique Fernàndez, chef e proprietario del ristorante Quiote Mezcaleria, e due clienti londinesi che, insoddisfatte del piatto ricevuto, hanno chiesto di restituirlo e non pagarlo. Le due commensali, infatti, sostenevano che i gamberi utilizzati nella ricetta non fossero buoni. Chef Fernandez è, allora, uscito dalla cucina per assaggiare i crostacei constatandone, invece, le perfette condizioni, scatenando l’acceso diverbio tanto da interpellare i Mossos de Esquadra per denunciare l’accaduto.

quiote mezcaleria
Quiote Mezcaleria

Una volta arrivati sul luogo, gli agenti hanno cercato di placare gli animi spiegando alle due amiche che avrebbero potuto sporgere denuncia se ritenevano che il servizio non fosse stato adeguato, ma prima avrebbero, comunque, dovuto pagare il conto. “In linea di principio, non esiste un protocollo di intervento in questi casi, agiamo come in qualsiasi altro conflitto cittadino. Quando serve viene inviata una pattuglia, sia dei Mosso che dei Vigili Urbani, e da lì cerchiamo di mediare tra le parti”, hanno spiegato gli agenti a La Vanguardia. Dal canto suo chef Fernandez ha voluto precisare: “È sempre più frequente che i turisti provenienti dai Paesi anglosassoni restituiscano i piatti con una scusa qualsiasi perché non vogliono pagare. Ne abbiamo parlato con altri ristoratori ed è un fenomeno che, anche se occasionale, si verifica sempre di più”. Anche Marta Carrasco, chef e sua socia, ci ha tenuto ad aggiungere: “Per noi la qualità delle materie prime con cui lavoriamo è essenziale. Io stessa ho avuto problemi gastrointestinali e da quando ho studiato per diventare chef sono particolarmente attenta a ciò che offro ai clienti. Come ristoratori rischiamo di avvelenare qualcuno e addirittura di metterne a rischio la salute. Non difenderei mai un piatto così strenuamente senza esserne sicura.”

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Dopo l’accaduto, tuttavia, altri colleghi di Marta ed Enrique come Marc Martínez, chef e proprietario di Roaster & Bubbles, di Barcellona, hanno, invece, rivelato di adottare la politica: “Il cliente ha sempre ragione”. “Il nostro modo di procedere quando si verifica un caso come questo è molto 'americano'. Se c'è un problema di tracciabilità e il prodotto non è buono, l'importo viene rimborsato e al cliente viene fatto un “regalo” per compensare l'inconveniente. A noi non è mai capitato, ma abbiamo un protocollo nel caso questo dovesse succedere. Se al cliente un piatto non piace e ce lo comunica prima di mangiarlo o semplicemente dopo averlo assaggiato ritiriamo il piatto e serviamo qualcos'altro. Inoltre, non ci soffermiamo sul motivo: non lo vuole, punto. Vogliamo che il cliente esca soddisfatto e, poiché la restituzione dei piatti è poco frequente, preferiamo che il commensale mangi ciò che gli piace. Una volta una famiglia composta da più persone è venuta a trovarci, hanno ordinato un piatto a testa e ho gentilmente consigliato loro di ordinare anche delle tapas di accompagnamento. Al momento del conto si sono rifiutati di pagare le tapas, sostenendo che le avevo consigliate io e quindi avevano dedotto che fossero gratuite. Alla fine, abbiamo deciso di non accusarli, anche se sapevamo che avevano torto”. Allo stesso modo la pensa anche Claudio Hoyos, proprietario dei ristoranti El fille Russo e El mercader de l'Eixample, entrambi a Barcellona:Non ci è capitato che i piatti vengano restituiti se non per contestare il punto di cottura della carne, ma secondo me se qualcuno si lamenta di un piatto questo deve essere sostituito. Penso debba funzionare così”.

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Iolanda Bustos, responsabile dell'offerta gastronomica dell'hotel Mas Generós, in provincia di Girona, invece, sostiene Fernandez: “Da sempre la gente restituisce i piatti per non pagarli, magari perché ordina troppo e alla fine non ha fame. Ora c'è la possibilità del take away, quindi per il cliente abituato a questa strategia la situazione è più complicata, ma nonostante ciò continua a succedere. Questi episodi creano non pochi problemi, perché a volte i commensali restituiscono un piatto dopo averne mangiato la metà e comunque non vogliono pagarlo, in questo caso il cliente non ha ragione." Più democratico invece è il pensiero di Gemma E. Santiago, responsabile della società di consulenza gastronomica Divinos Sabores, che, sebbene ritenga conveniente non far pagare il piatto per evitare discussioni, racconta aneddoti alquanto bizzarri per sottolineare la gravità di questi comportamenti: "Un cliente è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza di un ristorante mentre metteva pezzi di vetro nei suoi bicchieri di vino per non pagarli. In un'altra occasione, invece, un altro cliente ha restituito un piatto con un presunto capello che non apparteneva a nessuno del personale, tuttavia, non mi sembra una buona idea iniziare a discutere, anche se la ragione è dalla parte del ristoratore", dice Santiago.

quiote mezcaleria piatto
 

Come si può evincere lo scontro tra Fernàndez e le due clienti non è rimasto entro le mura del ristorante, arrivando a coinvolgere non solo gli altri ristoratori, ma, come quasi sempre accade in questi casi, approdando sul “tribunale virtuale” del web. Le due clienti, di cui una ha un vasto seguito sui social, hanno infatti raccontato la loro versione sulle loro pagine scatenando l’indignazione di molti utenti, tanto che il team di Quiote si è rivolto alla polizia informatica. Proprio su questo tema si è espresso Luis Rovira, chef e insegnante di cucina presso la Scuola Hofmann di Barcellona: "Oggi si crede che fare un corso di degustazione o pubblicare foto di cibo sui social network e avere follower, anche se pochi, ci dia il diritto di superare alcuni limiti che anni fa non sarebbero stati superati. Le immagine distorte di alcuni piatti postate sui social network possono portare molti clienti ad arrivare al ristorante con aspettative molto alte”. La polemica continua…

Foto di copertina a scopo rappresentativo; foto nell'articolo di Quiote Mezcaleria

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