5000 etichette, 50 anni d’età e una cucina che sorprende per limpidezza espressiva: a Roma Achilli al Parlamento è l’indirizzo che proietta la storia nel futuro, grazie al tocco di classe di Pierluigi Gallo.
La storia
50 anni molto ben portati, non c’è che dire, con quell’aria solenne e autorevole che lo rende un luogo senza tempo. Invece Achilli al Parlamento nasce nel 1972 da un’intuizione di Gianfranco Achilli, grande appassionato di vino, e diventa subito un punto di riferimento per gli amanti del buon bere, grazie alle sue oltre 5000 referenze che arrivano da ogni angolo del mondo anche in esclusiva, per via di rapporti decennali tra la famiglia e le cantine più blasonate.
All’inizio l’offerta prevedeva solo l’aperitivo, a base di tartine ricercate, quasi avanguardistiche per i tempi e tutt’ora inconfondibili, come quella con foie gras e tartufo o con carciofi e bottarga, abbinate a grandi bottiglie, servite anche in mescita.
Dal 2005 la gestione passa a Cinzia Achilli, figlia di Gianfranco, e a suo marito Daniele Tagliaferri, che nel 2010 decide di valorizzare quella porzione di cantine del 1700 all’epoca utilizzate come magazzino per ricavarne un ristorante, con l’obiettivo di offrire un ambiente in cui i grandi vini francesi, le profonde verticali di Amarone, Brunello e Barolo o i distillati centenari potessero accompagnarsi a piatti più ricercati e complessi rispetto a quelli semplici e immediati del bistrot, pensati per una pausa pranzo veloce.
Da allora il ristorante ha visto alternarsi ai fornelli professionisti noti, che gli hanno consentito di collezionare premi e riconoscimenti da parte delle più autorevoli guide di settore e di affrancarsi completamente dall’enoteca, creandosi una propria identità, ratificata nel 2015 dalla conquista della stella Michelin con chef Massimo Viglietti. Per molti avventori Achilli rappresenta un’istituzione di grandissimo prestigio, che porta tuttavia con sé quell’aura di staticità tipica dei locali titolati e di certi ambienti, per anni appannaggio esclusivo di un’aristocrazia abitudinaria, scarsamente incline ai cambiamenti: “è normale che dopo tanti anni si faccia fatica a cambiare punto di vista” – spiega Daniele Tagliaferri – “ma è importante provare a superare i preconcetti, poiché abbiamo intrapreso un percorso di rinnovamento importante, pur restando fedeli a quell’idea di ricercatezza che ci contraddistingue da sempre”.
Infatti con l’arrivo di Pierluigi Gallo in cucina e puntando su una sala giovane, spigliata e molto preparata, si vuole comunicare un cambio di rotta netto ed inequivocabile, che mira da un lato a preservare un passato glorioso definito dai tanti traguardi raggiunti, da etichette incredibili e introvabili e da un garbo e una professionalità fuori dal comune, dall’altro a svestirsi di quegli abiti formali e manieristici di un tempo per sposare uno stile più casual e disinvolto, maggiormente in linea con le nuove tendenze.
Questo si traduce in un’offerta più flessibile e trasversale, basata su sapori che evocano la tradizione, ma che non ne vengono soffocati, anzi, la rendono più attuale, tecnica e ragionata e da un’accoglienza meno impostata e ancora più empatica: “Il nostro obiettivo è far comprendere come Achilli possa rappresentare un locale adatto a tutti, sia a chi vuole sedersi per un aperitivo o per mangiare un piatto abbinato ad un calice di vino, sia agli appassionati di fine dining che vogliono dedicarsi un percorso degustazione completo” afferma Cinzia Achilli.
Una voglia di rinnovamento che si snoda anche attraverso altri progetti nuovi e stimolanti, come la gestione “all day long” di Settembrini, storico locale in zona Prati, affidata ad Alessio Tagliaferri, figlio di Daniele e Cinzia, con l’obiettivo di ripensarne l’immagine, sia attraverso il restyling degli ambienti, sia ampliandone e diversificandone l’offerta gastronomica, incentrata su proposte originali e di grande qualità, come la pizza, in versione romana, croccante, impreziosita da topping ricercati realizzati a stretto contatto con la cucina.
Il ristorante
Per quanto si desideri rivedere un certo stile, è necessario farlo gradualmente per via di quella istituzionalità che Achilli porta con sé e che ne è da sempre punto di forza imprescindibile, ma questo chef Pierluigi Gallo lo sa bene: “Sono stato molto attento a non stravolgere il menu quando sono arrivato, soprattutto quello del pranzo” – confessa – “almeno il 50% della clientela è fatta di habitué dediti ad una pausa pranzo veloce, così la cosa migliore era proporre un menu che variasse giornalmente, incentrato più sulla tradizione italiana che su quella romana, con piatti anche freddi sempre nuovi e sfiziosi, dettati dalla stagionalità e dalla scelta etica di minimizzare gli sprechi. Poi ci sono anche proposte molto apprezzate che non riesco a togliere dalla carta, come la tartare e le polpette al sugo”.
Classe 1983, napoletano di nascita, Pierluigi Gallo si trasferisce in Abruzzo molto presto insieme ai suoi genitori, intenzionati ad aprire un ristorante pizzeria. Un mondo che conosce sin da bambino quindi, ma con cui entra in contatto direttamente a 15 anni, quando è chiamato ad aiutare in cucina per sopperire all’assenza del padre malato. Dopo una breve parentesi universitaria, lascia gli studi per aprire un ristorante con la famiglia, che poi gestisce in autonomia finché non sente l’esigenza di emanciparsi da quella cucina e di trovare una propria strada. Nel 2012 frequenta il corso di cucina italiana professionale a Castel di Sangro con Niko Romito, che lo seleziona per far parte della brigata del ristorante Reale. Si trasferisce in seguito a Roma per motivi familiari, lavora da All’Oro con Riccardo di Giacinto e al Pagliaccio con Antony Genovese, fino ad approdare da Giulia Restaurant, dove dirige la cucina dal 2017 al 2021, quando arriva la chiamata di Achilli, deciso a cambiare rotta al ristorante e a riconquistare la stella Michelin appena persa.
Mentre al bistrot è dedicata la parte esterna riscaldata e l’enoteca stessa, il ristorante si trova in un ambiente separato, più intimo, accessibile direttamente dall’enoteca, arredato in modo elegante e raffinato, in cui spiccano i divanetti rossi, le raffinate boiseries e le poltroncine in pelle. Circa 25 i coperti a disposizione per un’offerta più interessante e ambiziosa, complessa, ma non complicata, che si sostanzia in una cucina materica molto tecnica ma scevra da ampollosità ed effetti speciali, in linea con la filosofia di Romito, in cui si cerca di ottenere la massima espressione da ogni ingrediente attraverso il ricorso a lavorazioni lunghe e articolate, frutto di studio e ricerca. I piatti che ne derivano sono tuttavia estremamente concreti e leggibili, con concentrazioni di gusto intense, essenziali e mai artefatte, grazie anche al ridotto utilizzo dei grassi, a cui si ricorre solo se veramente funzionali, con l’intento di non appesantire una cucina che vuole essere prima di tutto pulita, leggera e sostenibile.
Idee e tecniche che vengono illustrate in tre menu degustazione: “Ci presentiamo”, ovvero l’essenza di Achilli, tre portate a scelta del commensale a 90 euro, “Innovazione e Tradizione”, cinque portate a 110 euro, oppure “Chiudete gli occhi, vi guido io”, ossia la massima espressione della cucina di chef Gallo, otto portate a 130 euro. Per tutti i menu degustazione è disponibile un abbinamento vini standard, rispettivamente a 60, 80 e 110 euro, oppure premium, ossia di grandi bottiglie, a 120, 160 e 250 euro. Chi preferisse scegliere una bottiglia, può selezionarla tra le innumerevoli presenti sugli scaffali dell’enoteca e approfittare dell’opportunità, unica nel panorama della ristorazione capitolina e non solo, di berla comodamente al tavolo senza alcun costo aggiuntivo legato al servizio.
I piatti
Qualità, gusto e tanta sostanza, evidenti già dagli amuse bouche, in cui spiccano il macaron di mortadella e la tartare di manzo glassata con il suo ragù, o nei pani interamente autoprodotti in cui il casatiello con pepe e pecorino vale da solo la sosta. Il percorso inizia con “Patata e tartufo”: si tratta di una patata cotta intera al cartoccio e poi passata in forno, scavata e farcita con una crema di patate e fontina, alla base crema di mandorle e sopra tartufo nero, fondamentale per enfatizzare il sapore del piatto e renderlo completo ed equilibrato.
“Sgombro, brodo di spuntature e funghi” esalta quell’idea di cucina pulita e leggera, con il pesce cotto alla perfezione dopo essere stato marinato con sale, zucchero, spezie e odori, mentre le spuntature vengono sgrassate prima di ottenerne il brodo: “In questo caso sgrassare ha una duplice funzione: non appesantire il piatto, visto che lo sgombro ha già una componente grassa e amplificarne le note aromatiche”, spiega lo chef. A completare, un gel di funghi porcini secchi e i funghi cardoncelli, prima cotti a bassa temperatura e poi rosolati in padella.
Si prosegue con uno dei signature dish dello chef, ovvero il “Senza spaghetto alle vongole”, frutto di un incessante lavoro sulle consistenze, finalizzato alla ricerca della texture perfetta: una pasta all’uovo ineccepibile per spessore e callosità racchiude una farcia di spaghetti stracotti su un fondo classico di olio, aglio, peperoncino, prezzemolo e vino bianco; alla base del piatto un’ottima emulsione di vongole realizzata con il medesimo fondo e un pizzico di zenzero, quindi olio al prezzemolo per finire.
Il risotto successivo è un’esplosione di gusto: riso Carnaroli Riserva San Massimo mantecato leggermente con burro Vacche Rosse e Parmigiano Reggiano 30 mesi, alla base un classico sugo di Coda alla Vaccinara a cui si aggiunge del vino ad inizio cottura per ottenere maggiore acidità, che viene fatto ridurre all’estremo, come se fosse un fondo, per estrarne tutti i sentori. Nei secondi piatti emerge in modo ancor più marcato lo stile Romito e quel ricorso a tecniche complesse necessarie ad ottenere piatti dalle concentrazioni di gusto uniche e spiazzanti: è il caso della “Mazzancolla alla brace e verza”, in cui il vegetale viene prima cotto in forno per poi essere lasciato a macerare per una settimana con sale, pepe, olio e vino bianco. Successivamente viene scottato in padella e glassato con il suo fondo, mentre la mazzancolla viene prima grigliata sullo yakitori e poi glassata sia con il fondo vegetale che con quello ottenuto dalla tostatura del carapace.
Il “Manzo” segue la stessa filosofia, la costina viene prima marinata e poi cotta lentamente nel suo fondo fino al punto da renderla scioglievole, poi laccata con fondo di manzo caramellato, estratto di rosmarino e senape in grani. La chiusura dolce con “Cioccolato e rosmarino” è notevole e coerente con l’intero percorso e restituisce un dolce prelibato, per nulla pesante o stucchevole, in cui il cioccolato bianco viene prima bruciato in forno e poi montato per ottenerne una crema, inoltre crumble al cioccolato, riduzione di mandarino e mandarino candito per dare quell’acidità che prolunga il gusto: “è un dolce che ho realizzato io stesso, poiché siamo ancora alla ricerca di un pasticcere, qualcuno in grado di allinearsi alla mia idea di cucina, che non si distacchi dalla mia filosofia. Questa figura ci consentirebbe di lavorare più serenamente, implementare il menu e standardizzare maggiormente le procedure, con l’obiettivo di riconquistare, con il tempo e la pazienza, la stella Michelin. Sarebbe veramente un grande risultato, mi piacerebbe molto”, confessa Pierluigi Gallo.
Contatti
Achilli al Parlamento
via dei Prefetti 15, Roma, Italia – 00186 Roma (Rm)
Tel: +39 06 687 3446
achillialparlamento@achilli.restaurant