Come un vecchio casale in pietra fra le colline della Valmarecchia è arrivato a conquistare i gourmand, diventando una meta stellata all'insegna della sostenibilità: storia, cucina e futuro del Piastrino.
Foto di Lorenzo Noccioli
La storia e il ristorante
Impossibile raccontare Il Piastrino senza inglobarlo nel suo contesto geografico, non si tratta semplicemente della narrazione di un ristorante, ma di un tassello di un luogo dall’ineffabile magia come Pennabilli. Borghetto svettante a seicento metri sul monte Carpegna dal fascino magnetico, che Tonino Guerra, scrittore, sceneggiatore e amico di Federico Fellini, ha contribuito a rendere unico con i suoi interventi poetici.
Come in un canovaccio fiabesco, fra le sue viuzze si incontra l’Orto dei Frutti Dimenticati, con alberi di cui non si ha più ricordo e i cui nomi evocano atmosfere incantate, il biricoccolo, il fico verdino, l’azzeruolo. Per preservare il sapore di frutti che un tempo ornavano gli orti delle case contadine, oggi totalmente scomparsi. Ci sono anche il simbolico Gelso della pace, piantato dal Dalai Lama, in una delle due visite che fece negli anni ‘90 e il Santuario dei Pensieri, con le enigmatiche pietre, immobili, che aspettano di ascoltare le parole dei visitatori.
È in questo scenario, sospeso sulle colline del Montefeltro, che circa sedici anni fa, lo chef e patron Riccardo Agostini, stringe una collaborazione con la pro loco locale per ristrutturare un vecchio casale in pietra, già noto con il nome Piastrino, avvolto dal verde del Parco Begni, per farne un luogo di ristoro.
Riccardo è un trentacinquenne che è partito da Pesaro, subito dopo l’Alberghiero, per le immancabili e straordinariamente formative esperienze estive nei ristoranti d’hotel della Riviera Adriatica, per poi arrivare al primo approccio con l’alta cucina al Righi di San Marino. Lì diventa consapevole della sua attitudine a questa cifra stilistica e decide di perfezionarla, per circa un decennio, al fianco di Gianfranco Vissani, periodo che ha rappresentato il suo percorso formativo più intenso.
Ma è difficile pensare di stare per sempre lontano dalla Romagna e appena si presenta l’opportunità di una posizione aperta all’Osteria del Povero Diavolo a Torriana, sulle colline sopra Rimini, chef Agostini la prende al volo. Trascorsi due anni si tratteggiano i contorni di un progetto proprio, da impostare insieme alla moglie Claudia Bucci, sommelier, che in sala unisce solida competenza a un’attenzione all’ospite rivestita di grazia e raffinatezza.
Dopo un periodo dedicato ai lavori di restauro, il Piastrino apre e subito si conferma nel panorama ristorativo romagnolo una nuova tappa, che mano a mano si delinea sempre più imperdibile. Trascorsi un paio di anni, nel 2009, una fiammante targa rossa con stella Michelin riluccica sulle pietre a vista della facciata. Sempre riconfermata, e a cui da quest’anno si affianca la Stella Verde, che premia sostenibilità e rispetto per l’ambiente, rappresentato per Riccardo e Claudia anche dallo stretto legame che hanno costruito nel tempo con i produttori di tutta la Valmarecchia.
"Il 2020" - ci racconta Riccardo - "lo ricordiamo tutti per la chiusura pandemica, ma per noi è stato anche un periodo di lavori di ristrutturazione, che avevamo già programmato prima dell’emergenza sanitaria. Avendo la chiusura forzata, ci siamo potuti dedicare completamente al rinnovamento dei nostri spazi".
Come l’ampio patio a ridosso della collina con una bella vista sulla vallata, dove sorgeranno nel prossimo futuro anche alcune camere per il pernottamento di chi vorrà godersi la cena prolungando la permanenza nel borgo fino al mattino successivo. Perché il Piastrino è certamente una tappa di ristoro, ma è riduttivo visitarlo meramente per il pasto, si tratta di quei luoghi che vale la pena viverli in continuità con l’ambiente che li circonda per trarne il massimo dell'appagamento.
I piatti
L’avvio del menu è pura lievità con il cocktail Profumi e Aromi, dove si miscelano infuso di sambuco e un metodo ancestrale di famoso, dall’omonimo vitigno romagnolo, ripreso dopo anni di abbandono, dalle note di fiori e frutta matura. E L’Americano della Valmarecchia, con bitter e vermouth 721 di Baldo Baldinini, liquorista di Santarcangelo di Romagna, paccasassi marchigiani, origano cubano, parte vegetale di erba cedrina, acetosella e una spruzzata di essenza al ginepro.
Già dagli stuzzichini dell’aperitivo si evince l’attitudine di chef Agostini a produrre l’inusuale nella sua accezione più immediata, un senso dell’originalità netto e lineare di agevole decodifica. Un soffice di arachidi, nespole e lievito; pappa al pomodoro; un waffle di patate, acciuga, oliva, caviale.
Grissini ai cereali e pane con farina di grani antichi della Valmarecchia e lievito madre vengono serviti con olio e, in alternativa al burro, con un cremoso di ricotta di pecora dell’azienda Cau & Spada di Sassocorvaro nell’entroterra pesarese. Due cialde al malto trattengono un paté di fegatini, come un mini sandwich.
Una serie di portate di concezione prevalentemente vegetale celebra le erbe e fiori raccolti nell’orto e nel verde lì intorno. Un fiore di zucca e i suoi semi; una tartelletta, mimosa ed erbe acide; un cantarello, declinazione della piada in versione morbida, l'impasto, farcito con stracchino di pecora, sempre Cau & Spada, ricoperto di erbette e fiori.
Anche nel pane, al lievito madre, si trasferiscono i sentori del bosco, come nella focaccia impastata con acqua aromatizzata a ginepro e cipresso. Che divide il cestino con un pane alle patate, formaggio e ciccioli e con una cialda di piadina all’olio. A sfaccettare la piacioneria dell'uovo cremoso, la terrosità croccante del sedano rapa, che fiancheggia quella del tartufo estivo e l'aringa per la nota sapida e marina.
La lattuga passata alla brace prende una nota di fumo amara e quasi si liquefà nella sua clorofilla, fondendosi nell'acidulo del latticello, con il caviale a puntinare di sapidità iodata.
Immerse in un distillato di pomodoro, dal sapore deciso, le versioni cruda e cotta di un carpaccio di manzo che sblocca subito il ricordo delle fettine alla pizzaiola.
Dal confinante Casentino arriva la trota, avvolta dall’aroma di limone, accompagnata da zucchine e i loro fiori direttamente dall’orto. Servita a parte, una chips croccante di pelle del Salmo con limone bruciato.
All’olfatto prende una virata quasi esotica il riso carnaroli all’estratto di foglia di fico, con i profumi di lattice di fico e cocco, per tornare poi alla tradizione nell’abbinamento con un prosciutto di Carpegna, dalla dolcezza aromatica e delicata, con il twist carnoso e dalla delicata dolcezza dei cubetti di storione
Il tagliolino fatto a mano è condito con una battuta di coniglio marinato, potenziata da un concentrato di coniglio, con il tuorlo d’uovo affumicato a legare il tutto e polvere e fiori di rosmarino a infondere balsamicità amarognola.
Un formato di pasta comfort, casalingo, dall’altissima attrattività, ma che in pochi sono riusciti a tradurre con i codici dell’alta cucina come chef Agostini, è il cannellone, farcito di cipolla dolce, con midollo e zafferano di Pennabilli. L’abilità di intuire quali caratteristiche di alcuni vegetali, preservate nella loro naturalezza, possano esaltare un’anguilla cotta ai carboni, vedi albicocche appassite, amarene, cuori di bue dell’orto. Questa è l’essenza di questo piatto di immediata piacevolezza.
Melliflua e fervidamente lattea l’animella di agnello, con susine e una crema di lievito a conferirle due distinte note di lieve acidità e noci nere.
Il piccione è valorizzato in tutte le sue parti con tre diverse preparazioni e cotture, il petto è cotto ai carboni, servito con porcini, uva e anice stellato; la coscia viene cotta a parte, mentre fegato e frattaglie diventano la farcitura di un crostino croccante.
La presa di maiale di valle, taglio particolarmente succulento e dal sapore delicato, viene contrastata nella sua dolcezza dall’amarognolo della cicoria e subito ri-assecondata dall’aglio dolce e leggermente pungente.
È sempre ritemprante trovare il carrello dei formaggi a chiusura delle corse salate di un grande ristorante, soprattutto quando è implicita una selezione accurata di latticini di produttori dei dintorni come nel caso del Piastrino. Noi abbiamo scelto un raviggiolo di capra, una robiola di pecora e monteverde di capra.
Anche i dessert denotano un radicato attaccamento alla natura circostante, come minestrone di frutta e verdura, sambuco, zenzero; oppure yogurt, miele, pesca e salvia.
Ma il più rappresentativo è ispirato da una passeggiata nell’erbolario adiacente al ristorante, una varietà di foglie di erbe aromatiche cristallizzate a ricoprire una granita alla Chartreuse e un cremoso di mandorla.
Nella piccola pasticceria, macaron alla cicoria; cioccolato bianco e frutto della passione; cannolo con chantilly al marsala e, infine, un sapore sorprendente, racchiuso in una delle fogge di fine bellezza che solo la natura può fornire. Un fiore di finocchio intinto nel cioccolato.
Contatti
Il Piastrino
Via Parco Begni, 47864 Pennabilli RN
T_ 0541 928106