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Ca' del Moro: il resort per palati curiosi che rende la Valpantena gourmet

di:
Lucia Facchini
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copertina ca del moro

Una valle iridescente pronta a svelarsi senza fretta e due "food mates" che spadellano all'unisono: Ca' del Moro è il resort con cucina e cantina che riorienta il turismo a mezz'ora da Verona.

Tutte le foto di Francesco de Marco


Sullo sfondo dell'accoglienza-modello si staglia un mito tanto immortale quanto irreale: "Far sentire l'ospite a casa". Una catchphrase calda e sfavillante come un caminetto acceso, se solo non venisse spesso usata per colmare le lacune di servizi e piatti alla bell'e meglio -ragion per cui molti stentano a enunciarla, schivando l'effetto banalità. Esistono però luoghi avvolgenti quasi fossero dimore: meno urlati, poco urbani e naturalmente inclini alla liturgia del benvenuto.

ca del moro finestre
 

Ci si arriva lasciandosi la città alle spalle, coi suoi fragori e le sue immancabili schizofrenie, per risalire un colle decorato dai vigneti o un sentiero al profumo di clorofilla. Ca' del Moro lo trovi così, saltando a piedi pari in un quadretto agreste chiamato Valpantena. Grappoli XXL, cave di marmo rosso e Monti Lessini a mo' di quieti spettatori, tutto in un'arena naturale a mezz'ora di distanza da quella che giganteggia nel centro di Verona.

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La storia

"Valpantena" vuol dire "Valle degli dèi", e quando ci sei dentro realizzi perché. È qui che, negli anni 60, Armando Gianolli acquistò il casale della sua amata balia, cedendo presto il passo al figlio Massimo, oggi alfiere di una fortezza che accorpa cantina, ristorante e resort (dove le stanze hanno i nomi dei vini: immagina, puoi) nell'istantanea di una moderna country routine.

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Pian piano gli alberi dalle rosee fioriture hanno lasciato spazio ai filari, disegnando il reticolo di un'azienda ante litteram per lo sviluppo di zona; eppure, il nome resta "Collina dei Ciliegi", e Armando -ormai 98enne- continua a scrutarla con gli occhi sognanti di chi scannerizza il paesaggio dalle vette al sottobosco, mentre Massimo investe in cultura -ad esempio, finanziando il restauro del Duomo di Milano coi proventi di uno spumante brut, per poi ospitare "al fresco" (tra botti e anfore di terracotta) i suoi poderosi giganti di marmo in attesa di collocazione.

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Dopo il check-in vige l'unica, ferma regola di una piena libertà bucolica: significa uscire in e-bike quando il sole sorge e montare a cavallo appena prima che cali; sciogliersi i muscoli in una sessione di yoga sul prato rugiadoso e saziarsi a volontà con gli yogurt di malga della Lessinia. Significa sentirsi figli adottivi di una valle rustica, eppur materna, pronta a svelare senza fretta il suo eden iridescente; proprio ciò che ha conquistato Giuseppe Lamanna, giovane calabrese giunto in Veneto per calzare la cloche di capo cuoco insieme alla compagna e sous chef Lina Maffia.

Chef Giuseppe Lamanna SousChef Lina Maffia
 

La cucina

Due "food mates" capaci di tracciare un rettilineo Nord-Sud, non solo sui piani della dispensa, ma anche nei registri d'espressione. Se, infatti, da un lato Giuseppe e Lina coltivano l'orto in un rave olfattivo di circa 70 specie aromatiche, dall'altro fanno arrivare "da giù" la migliore 'nduja di Spilinga, "che anziché infuocare la mandibola dosa il piccante con gentilezza"; e se è vero che acquistano le primizie di nicchia su cui gli artigiani del posto basano il loro sostentamento, ai fuochi saltano volentieri lo steccato della prevedibilità.

Lina Maffia
 
giuseppe la manna Francesco De Marco 11
 
giuseppe la manna spaghettino nduja e pomodoro
 

"Lavorare in una regione diversa dalla propria accresce il knowhow del prodotto: per me, ad esempio, le incursioni in cantina sono illuminanti", spiega Giuseppe. "Tendiamo sempre a considerare il vino un 'parente acquisito' dei piatti. Invece può diventare ingrediente, esaltatore della percezione o persino 'arte liquida', parlando delle infinite gradazioni di colore che differenziano varietà e annate". La difficoltà? Andare oltre. Perché quando il visitatore scopre camere a tema Recioto o Amarone, degusta calici fronte vallata o vede il grande caveau riservato ai proprietari delle bottiglie en primeur, arriva a cena carico di aspettative.

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"Dobbiamo allora coltivare quel germoglio di curiosità iniziale. E lo facciamo operando perlopiù in un laboratorio privo di pareti, dalla cura delle nostre arnie alla tutela della pecora Brogna (oggi presente in pochi capi, sebbene allevata da secoli sui pascoli circostanti), fino all'impiego del prezioso zafferano autoctono". La cucina è il punto e a capo di ogni giornata, la sintesi di un plico denso di attività che tuttavia non pesano. "Prendersi cura"- la locuzione in cui si ritrovano i gesti di Giuseppe e Lina, un minuto prima di indossare il grembiule.

giuseppe la manna Filetto di cinghiale carota patata pepe verde e pere 3
 
lina maffia 2
 

Il ristorante e i piatti

Non aspettatevi una sala imbalsamata dall'austerità: Ca' del Moro ha la stoffa del "casual dining" dove ampie vetrate ritagliano lembi di collina, il soffitto espone travi stile vintage e i quadri fanno zoom sulle ore diurne spese nei vigneti. Due i menu "a scatola chiusa" confezionati dallo chef (5 portate a 70 euro o 9 a 100 euro), più il consueto freestyle alla carta.

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Diverte l'inversione di ruoli nei bocconcini d'ingresso: il pane tostato che diventa salsa per bagnare la trota con gel di limoni del Garda; la polpa di cinghiale racchiusa nel nucleo di una mini-sfera terrestre, sormontata da un "puntino pungente" di maionese di senape; il plumcake, sì, ma ai porcini di bosco. Pure la pagnotta tiepida cambia volto, coperta da una fine polvere di vite che rafforza il patto cucina- cantina, per poi accogliere un olio emulsionato al latte e sale Maldon di cui probabilmente abbonderete senza rimpiangere il burro.

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Ai blocchi di partenza, un assaggio d'autunno: la stagione esce allo scoperto con la Zucca violina in diverse consistenze, dalla polpa al crumble di semi, fino all'olio odoroso che spinge la fragranza dell'ortaggio. In chiusura, il lungo eco della tapenade di olive della Valpantena sposta i confini del vegetale, bacchettando l'optional zuccherino. Di facile goduria l'Uovo cotto sottovuoto "royal edition", con aggiunta di Monte Veronese (un formaggio locale a pasta morbida che lascia dietro di sé il ricordo della panna fresca) e zafferano della Lessinia a impreziosire la colata del tuorlo; quasi un vecchio amico che ha cambiato look: stessa camicia, nuove fantasie sulla trama basic.

giuseppe la manna Uovo Ca Vittoriacrema di zafferano della Lessiniatastasal croccante e Monte Veronese Menegazzi2
 
giuseppe la manna Uovo Ca Vittoriacrema di zafferano della Lessiniatastasal croccante e Monte Veronese Menegazzi5
 

Rotto il ghiaccio, nei primi Giuseppe e Lina lasciano un'impronta più profonda: col tortello il duo iscrive il cereale all'albo dei contrasti, grazie a un ripieno di coniglio che resta in zona delicatezza, mentre il fondo di vitello si addentra nelle variazioni fumé delle lunghe cotture e la polenta di Storo dà un piccolo contributo vellutato. Come salire d'un tratto in malga: il dislivello cresce e allena il morso. Stesso vale per il Risotto all'Amarone, fiera mascotte del ristorante in cui Giuseppe affila le rotondità di troppo con un trucco multitaste: a chiudere la parentesi alcolica, il gel tonificante al mandarino, la meringa all'alloro e la frolla salata di Parmigiano. Un coretto squillante, complice il pairing col sontuoso Amarone della Valpolicella DOCG 2019 de La Collina dei Ciliegi.

giuseppe la manna risotto amarone
 
giuseppe la manna Petto d oca di cortile cardamomo nero e sedano in due consistenze 1
 
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Tra un Filetto di cinghiale, il suo brasato e patata della Lessinia al rosmarino e una Bavetta di manzo al carbone con spuma di pearà, c'è pure spazio per il coup de théâtre: uno Spaghetto all'uovo di grani antichi, trafilato al bronzo dallo stesso Giuseppe e riadattato a pre-dessert. "Si tratta di una pasta alla 'nduja 'tinta' da un ristretto di tre varietà complementari di pomodoro (datterino, ciliegino, pixel)". Ai lati, cialdine dell'ortaggio post-essiccazione; sopra, ricotta affumicata per tener viva la fiamma della 'nduja. Breakpoint: il nodino caliente è un teletrasporto al Sud che dice "ciao" al salato; e il reset arriva dopo un prolungamento di sensazioni che ci ha a suo modo stupiti.

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La pasticceria resta ghiotta grazie al Brownie al pepe rosa, noci, caramello salato e sorbetto al melograno. Un font tutto curve che addolcisce persino la parola "fine".

Indirizzo

Ca' del Moro

Località Erbin N.31, 37023 Grezzana (VR)

Tel. +39 045 9814900

info@cadelmoro.wine

Sito web

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