A Borgobrufa, elegante resort con Spa alle porte di Perugia, Andrea Impero continua a espandere i confini della sua cucina, fondata sulla concretezza della materia umbra in un’interpretazione autoriale.
Ritratti e piatti di Lido Vannucchi
Lo chef e il resort
L’autore? Secondo l’etimologia latina è colui che fa crescere (augere) qualcosa. È con questo spirito che il ciociaro Andrea Impero, dopo esperienze alla Taverna del Capitano, da Don Alfonso, ai Quattro Passi di Londra e al Can Fabes di Santi Santamaria, già chef del Maritozzo a Mosca, ha preso in mano quasi un lustro fa le redini del food a Borgobrufa, ridente resort alle porte di Perugia.
“Quando sono arrivato la struttura era ancora chiusa per ristrutturazione”, racconta. “Quindi per prima cosa abbiamo improntato un progetto di ristorazione a porte chiuse, che prevedesse l’utilizzo esclusivo di piccole produzioni locali. È iniziata una ricerca accurata sul territorio, con la creazione di una rete di circa cinquanta artigiani, che forniscono in modo praticamente totale gli ingredienti per i due punti di ristoro".
"Quattro Sensi è il ristorante indirizzato agli ospiti della struttura, che lavora solo alla carta, senza banchetti; poi c’è Elementi Fine Dining, che è nato subito dopo il covid ed è stato rallentato dalle circostanze. Ha aperto a tutti gli effetti solo a marzo 2022 in modo autonomo, in una sala dedicata. Offre due proposte di degustazione, che si sono evolute nel tempo: il percorso Visione e il percorso Ispirazione, composti rispettivamente di 9 e 10 corse a 100 euro, più 60 o 70 per l’eventuale pairing”.
Il fine dining Elementi e i menu di Andrea Impero
“Visione nasce dall’intenzione di portare a tavola la mia interpretazione della regione: non essendo umbro, ho uno sguardo particolare. Si tratta di una regione piccola ma immensa, da esplorare nelle sue microzone. Quindi i piccoli produttori e tante curiosità, magari sconosciute anche agli umbri".
"Ispirazione prende invece spunto dalle mie esperienze professionali, dai sogni e dalle proiezioni nel futuro. L’ideologia resta la massima sostenibilità nell’utilizzo delle materie prime, evocando sogni e ricordi nell’ospite, grazie a spunti storici e culturali che possono riguardare anche la Ciociaria o Roma. Vedi lo gnocco alla romana, la minestra di broccoli e arzilla o la starna in dolceforte, ispirata dall’incontro con Carlo Giusti, che ha un’azienda agrituristico venatoria, riserva naturale immensa dove aiuta le specie selvatiche a riprodursi, salvaguardando le popolazioni”.
I coperti di Elementi sono al massimo una ventina, disponibili dal giovedì alla domenica solo a cena (almeno per il momento). La carta dei vini curata dalla restaurant manager Martina Pallante insieme a Domenico Scotto, maître e sommelier, conta circa 500 etichette perlopiù nazionali, in espansione sul fronte estero con tanti Champagne e qualche naturale. Ma l’attenzione resta concentrata su Umbria e Campania, le due regioni meglio rappresentate. Gli abbinamenti al calice sono mirati: vini, tisane, cocktail, birre; per esempio lo spaghettino in crioestrazione di cipolla di Cannara, ormai icona del ristorante, viene servito con vermouth sifonato per allungare le sensazioni.
I piatti
Dal percorso Visione arriva il Tegamaccio, zuppa di pesce di lago reinterpretata da Impero, rendendo protagonista l’anguilla. È l’unica specie autoctona del lago, mentre altri pesci sono stati man mano immessi, ed è ancora disponibile in qualità eccellente grazie alla cooperativa dei pescatori. Lavorata con approccio yakitori, senza tradire i gusti del territorio, sfilettata, marinata allo shoyu e grigliata a contatto leggero con i carboni per il leggero fumé, viene servita su una zuppa passata di pesce di lago con persico, tinca, carpa e gamberetti, molto intensa e concentrata.
Colpa d’Alfredo è una corsa dedicata ad Alfredo Angeli, allevatore del celebre porco cinturello orvietano, qui lavorato intero: si tratta di quattro piatti diversi, cosicché il tavolo viene riccamente imbandito per un momento di convivialità. Ci sono il lombo leggermente scottato con il guanciale, la salsa di ossa e le castagne fermentate, di cui il maiale si nutre; il budelluccio, composto delle interiora che in Umbria si lasciavano essiccare e affumicare nel camino, fritte e servite con albicocca marinata, altro cibo del suino; il sanguinaccio speziato al cioccolato con panbrioche da intingere; a centro tavola, da mangiare con le mani, un plin al fazzoletto ripieno di cicotto umbro, ricetta storica composta da zampini, orecchie, muso, fegato, polmone, tutti gli scarti della porchetta che cucinati sotto nello strutto dentro i forni a legna spenti diventano morbidissimi.
Oppure il Torello alla perugina: “Un piatto un po’ in disuso, che sono riuscito ad assaggiare dalla mamma di Valentino Gerbi di Etrusco Carni. Sostanzialmente un vitello tonnato che non ce l’ha fatta, preparato con un girello arrostito insieme a ventrigli e fegatini di pollo, che alla fine diventano salsa, da servire tiepido o freddo. Io uso il bue grasso etrusco, un taglio appena scottato e un altro brasato, senza sottovuoto, con verdure, capperi e rigaglie: la mousse che verrà servita col brasato”.
Dal menu Ispirazione arriva invece Cogliere, che prende ispirazione dal lavoro dei ragazzi dell’azienda Il Fauno, dediti al foraging sui Monti Aurunci. Raccolgono di tutto: erbe, fiori, resine, licheni, muschi e creano anche kombucha. È così che una ventina di elementi spontanei del momento viene servita senza posateria, con un condimento di aceto di fiori, sale di limoni fermentati e oli da pescare in carta, più un pane ad altissima idratazione impastato con resina di pino di Aleppo, dal profumo inebriante di bosco, per un’esperienza immersiva rafforzata dalla scenografia silvestre; in abbinamento una kombucha.
La zia prende invece spunto da un ricordo romano, quando Impero da piccolo si ritrovava nella fondina una minestra di broccoli e arzilla, che non gli piaceva. “Poi ho scoperto che dietro aveva una grande storia. Utilizzo la linea di conserve della nostra azienda agricola, dove ogni varietà di broccolo è invasettata in modo diverso: fermentata, sott’aceto, sott’olio, il gambo o il paté, nell’idea di destagionalizzare il menu, perché ogni ricetta richiede lungo studio. Prima arriva la ciotola con gli elementi della minestra, carota, sedano, cipolla, scorza d’arancia e melissa, con il brodo di arzilla caldo che apre lo stomaco; poi il filettino di pesce al vapore, più pulito possibile, con i diversi vegetali”.
Dolce è viaggiare trae infine ispirazione dal collettivo di tutti i collaboratori: affianca 4 dolci diversi su piatti che riportano le bandiere nazionali, dalla sacher austriaca al medovik russo, dalla galette des rois francese alla cheesecake basca, fino alla nostra sfogliatella. Tutto in condivisione per il gusto semplice della convivialità.
Indirizzo
Ristorante Elementi
Via del Colle, 38, 06089 Brufa PG
Tel: 349 753 8102