Alain Ducasse riflette sul ruolo della cucina al giorno d’oggi analizzando la complicata questione della sostenibilità per l’industria della ristorazione e ammettendo che le stelle Michelin non sono fondamentali come lo è invece un cliente soddisfatto.
L'opinione
In occasione del terzo anniversario di Muni, boutique hotel nel quartiere di Arashiyama di Kyoto, Alain Ducasse ha fatto il punto non solo sulla sua carriera, ma anche sui futuri sviluppi della ristorazione. Inaugurato durante la pandemia, l’albergo dispone di camere sontuose con vista sul fiume Katsura, una spa e due ristoranti curati dal grande chef pluristellato: Muni Alain Ducasse e Muni La Terrace. Nato in una fattoria nel sud-ovest della Francia, Ducasse non ha conosciuto subito la fama: solo dopo 7 anni da apprendista, iniziò a lavorare con chef come Michel Guerard e Roger Vergé, assorbendo i principi della cucina provenzale. Era comunque molto giovane, tanto da ottenere le sue prime stelle Michelin all’età di vent'anni. Poi, giunto ai 33, il suo ristorante di punta, Le Louis XV presso lo storico Hotel de Paris di Monte Carlo, ricevette tre stelle Michelin, il più alto riconoscimento della guida.


Ora 66enne, Ducasse detiene 21 macaron (un record assoluto, superato solo dai 31 del compianto Joel Robuchon), ed è a capo di un gruppo di oltre 30 ristoranti che si estendono da Parigi a Singapore, oltre a caffè, negozi di cioccolato, gelaterie -cremerie e scuole che insegnano la cucina francese a circa 2.000 aspiranti chef. “Penso che dovremmo conservare questa idea di condivisione del piacere a tavola, di gioia verso ciò che mangiamo e beviamo. È un momento di convivialità, uno degli ultimi bastioni della civiltà nel mondo. È un momento di tranquillità e discussione, dove trattare anche un po' di politica. La cucina dà ritmo al pasto. Ecco perché ha lo status di patrimonio culturale immateriale dell'UNESCO. Bisogna restare in sintonia con i consumatori di oggi e con i loro gusti” dice Ducasse.

Non mancano, però, diverse crepe nel mondo dell’alta cucina, un tempo immacolato. Rene Redzepi ha infatti annunciato che il famoso Noma chiuderà nel 2024, una decisione che ha portato molti a mettere in dubbio la futura sostenibilità dei ristoranti di alto livello gestiti da “onnipotenti” chef famosi. “La decisione di René Redzepi di chiudere il Noma è personale e non intendo commentarla. Lavoro al Beige di Tokyo da più di 19 anni; al Louis XV, a Monaco da più di 35 anni; al Dorchester di Londra da più di 15 anni. Quindi, secondo me, la cucina di alto livello è sostenibile. Naturalmente, deve affrontare questioni difficili come le risorse umane, l’approvvigionamento, ecc. Dobbiamo pensare a delle soluzioni per offrire alle persone un migliore equilibrio tra lavoro e vita personale. La questione fondamentale è la sostenibilità della nostra industria in termini ambientali” dice.

“Adesso sono lo chef più stellato del mondo e, nonostante la soddisfazione per i premi, vi assicuro che si può vivere anche senza. Ho più ristoranti non stellati che stellati, ma l'importante è che lo chef sia contento e che il cliente torni. Le stelle sono una ricompensa, non possono essere l'obiettivo. Se la guida apprezza, va bene. Per me l'obiettivo è avere un'attività di successo, provare piacere nell'immaginare il prossimo ristorante, l'approccio alla cucina, al gusto, ai piatti, essere parte di un movimento. Invece di ostacolare l’innovazione, la Michelin la mantiene in uno stato di perpetua creazione e dinamismo”.
Foto di copertina: @Nora Tam