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Zanze XVI: l’osteria che è diventata uno dei migliori locali di Venezia

di:
Florinda Pavone
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Un’osteria in perfetto equilibrio fra storia e avvenire, eletta rifugio gastronomico dai buongustai di stanza o di passaggio nella Serenissima: Zanze XVI mette al primo posto prodotto e convivialità, nel segno dell’accoglienza.

La storia

Zanze XVI è il risultato di una combinazione di talenti e passione per la cucina che ha dato vita, nel 2017, a un'esperienza gastronomica unica a Venezia. Non poche sono state le difficoltà del percorso intrapreso -a causa prima dell’acqua alta nel 2019 (dinamica da non sottovalutare, per chi inaugura un locale in questa splendida ma complessa città) e poi della pandemia che dal 2020 ha investito tutto il settore- ma con capacità ed esperienza il team ha saputo superarle alla grande.

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Rilanciati nel 2021 sia dalla trasmissione (vinta) dello chef Alessandro Borghese, che dalla conquista di una stella Michelin (persa l’anno successivo per vari cambiamenti interni), gli ideatori sono tornati in carreggiata più ambiziosi che mai, con uno staff giovanissimo e preparato, cavalcando quella che sembra essere un’ondata positiva per la Serenissima.

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A capo della squadra c'è Nicola Dinato, che ha iniziato il suo percorso fin da giovane, esplorando le ricette regionali e sviluppando una passione che lo ha portato a diplomarsi all'Istituto Alberghiero G. Maffioli di Castelfranco. Poi Nicola ha avuto l'opportunità di lavorare in rinomati ristoranti italiani e internazionali, affinando diverse abilità culinarie e facendo sue altrettante tradizioni gastronomiche. Dopo aver viaggiato in tutto il mondo, ha deciso di fermarsi definitivamente nel 2011 aprendo un primo ristorante, il Feva di Castelfranco Veneto. Il suo talento e la sua dedizione gli sono valsi il riconoscimento della guida Michelin nel 2014.

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Accanto a lui troviamo Nicola Possagnolo, giovane imprenditore e digital strategist. Fondatore della società Noonic, specializzata nelle strategie digitali per il settore alimentare, Possagnolo ha portato la sua esperienza "digitale" in Zanze XVI, combinando le competenze tradizionali con nuove tecnologie per creare un'esperienza culinaria completa. Il cuore della cucina batte grazie al giovane padovano Giovanni Rigoni, un talentuoso chef  appassionato del mestiere. Dopo aver lavorato in ristoranti rinomati come Le Calandre e Vóce, ha ampliato la sua esperienza con metodo, rigore e gusto nella brigata di Zanze XVI. A gestire la sala con eleganza c'è invece Elodie Dubuisson, moglie di Nicola Dinato, un'autentica maestra di ospitalità. Questo team si unisce per creare un ambiente culinario decisamente peculiare, oltre i canoni della ristorazione comune.

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Il ristorante

Venezia, con le sue misteriose calli e i romantici canali, custodisce un rifugio enogastronomico che unisce il fascino del passato alla modernità dei giorni nostri. Nelle storiche mura della Trattoria Dalla Zanze, lungo Fondamenta dei Tolentini, sorge ora Zanze XVI, un'osteria elegante che si propone di raccontare la Venezia di ieri alla gente di oggi. Con un'atmosfera accogliente e un'offerta gastronomica di livello, il locale si presenta come un luogo di ritrovo dove il piacere della tavola e della condivisione sono un tutt'uno.

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Zanze XVI è situata nel Sestiere Santa Croce, a pochi passi da Piazzale Roma e dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia, una posizione molto comoda da raggiungere anche per chi non si trova in Laguna. "Trattoria Delle Zanze" rappresentava un punto di riferimento per la città di Venezia, un luogo certo dove mangiar bene, e il ristorante attuale nasce proprio con l'obiettivo di fondere l'accoglienza e la convivialità tipiche dell'osteria veneziana (il “bacaro”) con un'offerta gastronomica di livello internazionale. Nonostante la sua evoluzione contemporanea, l'anima storica del locale è ancora presente, valorizzata dai lavori di restauro che hanno conservato i pavimenti in marmo, i soffitti lignei originali e persino l'antica insegna. La tavola richiama inoltre quelli che sono pezzi unici del territorio, come i porta posate e i bicchieri di Murano. 

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La filosofia si concentra sull'essenziale: la semplicità, la convivialità e il prodotto. La selezione delle materie prime è operata dallo chef Rigoni con cura e attenzione, privilegiando i migliori mercati e produttori locali. L'osteria propone due menù degustazione distinti: "Taste of Venice" e "Anima". "Taste of Venice" interpreta in chiave contemporanea i classici della cucina veneziana con cinque portate che ne riportano in vita i sapori più autentici.

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Il menù "Anima" rappresenta, invece, l'essenza stessa della cucina di Zanze XVI, un risultato inedito che nasce dall'energia creativa dello chef e dalla scelta quotidiana dei migliori prodotti disponibili. Questo menù, in cinque o sette portate, si basa su ingredienti freschissimi provenienti da piccole aziende agricole impegnate nel recupero di varietà antiche di semi, ortaggi e legumi. Il pesce è quello dei mari circostanti, mentre la carne giuge direttamente da pascoli in cui gli animali vivono allo stato brado. Per arricchire la proposta, vengono utilizzate farine provenienti da cereali di semi antichi coltivati in orti sinergici.

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Il risultato? L cucina di Zanze XVI è concreta, libera e attenta all'impatto delle scelte quotidiane. Segna una nuova era dell'osteria veneziana, un luogo in cui la tradizione si fonde con la modernità, e dove la semplicità e la convivialità sono celebrati attorno a una tavola imbandita con i tesori culinari della laguna. 

I piatti

Vi raccontiamo “Anima”, un percorso a sorpresa di 7 portate che si compone di piatti creativi tra terra e mare. Si inizia dalle amuse bouche in vero stile veneziano poichè, come esposto dall’accogliente e sagace Alberto Brunello, per il carnevale dei cicchetti ognuno sceglie la sua maschera”. Accompagnati da uno Champagne A.Loncle Tradition Premiere Cru, stuzzicano il palato in una girandola di colori, consistenze e temperature. Il primo entrée, un antipasto composto da baccalà e fasoi, comunica subito l’identità del locale.

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La tradizione veneta -quindi piatti principalmente di mare- la stagionalità, la freschezza del prodotto. Un binomio vincente che si declina in delle trippe di baccalà, delicate e scioglievoli, e dei fagioli freschi, accompagnati da una crema di fagioli al miso di borlotti, pasta di peperoncino fermentato, foglie di sedano e cipolla in agro. L'insieme lascia la bocca pulita e pronta per un maritozzo fritto realizzato con una farina speciale ai 5 grani antichi e farina di fagioli, ripieno di baccalà mantecato, per un connubio di sapori esplosivo. A seguire, un piatto che potremmo definire “dei ricordi”. 

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Lo chef Rigoni, col suo “asparagi e ovi” va a richiamare il comfort food di casa, pescando fra i ricordi infantili. Ne propone una versione 2.0 con asparagi marinati al koji, cotti in burro e salvia, accompagnati da kimchi di asparago, aceto di cachi, salicornia (detta anche asparago di mare), pepe timut, sommacco, bottarga e garum di alici, completata al tavolo con salsa olandese (a richiamare l’uovo, ma in una diversa consistenza). In accompagnamento un Rapé Viognier 2022 di Bolgheri. Il viaggio spicca il volo con una cernia delicata e leggera, cotta al vapore in alga kombu laccata con glassa di polpo, sakeka su, emulsione di occhi di cernia, salsa di carcasse e anguilla affumicata, intingolo di gobbetti, cipollotto fresco, succo di lime e garum di manzo, fondo di cernia e shikawasa marocchino. Viene servita al tavolo con una crema di baccelli di pisello arrostito, kefir, lime, piselli freschi e olio al prezzemolo. Un tripudio di golosità accompagnato da “Animale Celeste”, un sauvignon 2022 marchigiano di Santa Barbara. Il piatto, inoltre, gioca sulle percezioni, essendo servito in tre temperature: dalla parte calda alla tiepida, fino a quella fredda, facendo sì che ciascuna trovi nell'altra il suo completamento. Continua il pairing studiato da Cristian Mialich con un Riesling dell’Alto Adige 2020 di Laimburg a contrastare il risotto speziato con zafferano, tekka, yogurt, olio alla paprika e pepe selvatico del Madagascar. Una spunta amara che volutamente rievoca, con un mix di polvere di radici, le note della liquirizia. Equilibrio e gusto vanno di pari passo ad ogni cucchiaiata.

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Risotto speziato con zafferano, tekka, yogurt, olio alla paprika e pepe selvatico del Madagascar

Arriva poi il piatto più spinto e di carattere dell’intero percorso: ravioli ripieni di animelle, salsa di nocciola al tamarindo e lievito inattivo, achiote, senape in grani, bruscandoli e fondo di manzo. Definito infatti “il piatto del castigo”, trova il suo bilanciamento con un Cabernet D’Anjou di Domaine Du Champ-Bord, macerato quattro mesi, vendemmia tardiva. Il vino dolce abbraccia un'acidità che stupisce, creando un'armonia di sapori perfettamente orchestrata. Segue una "composizione cubista" d’agnello. Marinato con kefir e papaia, è un secondo succulento, passato al kamado, con crema di girasole e prugna fermentata, zaatar al polline e capperi, puntarelle arrosto e broccolo fiolaro in agro. Viene servito con un'insalata di foglie di puntarelle con olio, garum di fegati di pollo, fermentato di manioca, gomasio di lino, girasole e avena. Una crema di aglio orsino e fondo all'aglio nero completano il piatto. Compare al tavolo con formaggio vegetale di girasole e avena, miele fermentato di abete e pane tostato di segale, a richiamare l’alimentazione in vita dell’animale. Le costolette di agnello in tecia sono servite a parte. Ogni elemento associato all’agnello lo ritroviamo nel piatto, o meglio, sulla tavola. Una sorta di omaggio al suo ciclo vitale, accompagnato da un Etna rosso di Tenuta di Fessina.

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A pulire la bocca, il pre dessert “Melingata”: crumble di mela, sorbetto di mela verde e sciroppo di sambuco, crema di mela alla curcuma e sake, purea di nespole infornate con aceto di riso e una meringa di succo di mela. Chiude l’esperienza un richiamo alla “merenda”, per rimanere in tema di cucina della memoria.  Un momento magico per un bambino, che sa di casa. E come ogni merenda che si rispetti, non poteva non comprendere qualcosa di salato, qualcosa di dolce e qualcosa di liquido, tutto insieme. Vi è dunque, nel primo caso, un pan di spagna di cacao all’olio d’oliva con cremoso ai tre pepi (bianco, timut e garofanato), foiatin di sesamo e una crema diplomatica alla nocciola e rum, polvere di cicoria e nocciole sabbiate; per la componente dolce, gelato alla nocciola e caffè, riduzione di caffè e fava tonka, gavotte al grano saraceno; per quella liquida, infine vino di ananas (poco alcolico). Ovviamente, da mangiare e sorseggiare alternando le tre proposte. Immancabile la piccola pasticceria con tre diversi biscotti secchi, e così si chiude il cerchio dei ricordi.

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Melingata

Indirizzo

Zanze XVI

Santa Croce, 231, 30135 Venezia VE

Tel041 715394

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