Magnifica nella sua maestosità, Villa Pisani Bonetti racchiude anche un elegante locale dove scoprire il menu dello chef Marco Culeddu, reduce da esperienze stellate nelle cucine di Emanuele Scarello e Michelangelo Mammoliti. Una mano, la sua, che fa già pensare ad un futuro luminoso.
La villa
L’Italia è un contenitore di bellezza che si esprime attraverso un’innumerevole serie di esempi che vanno dalla natura, all’arte, ai paesaggi e all’architettura. E poi ci sono le ville palladiane, che di quella bellezza sono simbolo incontrovertibile. È un progetto giovanile quello che viene affidato ad Andrea Palladio dalla nobile famiglia veneziana dei Pisani nel 1541: un edificio che rendesse giustizia al loro potere non soltanto in laguna, ma anche in terraferma.
Se la villa, davvero magnifica nella sua maestosità, si può visitare su prenotazione ammirando alcune opere della collezione di arte contemporanea dei coniugi Manuela Bedeschi e Carlo Bonetti, attuali proprietari, nell’adiacente barchessa si può soggiornare con grande soddisfazione in una delle quindici stanze di notevole eleganza. Un progetto così ben strutturato non poteva che prevedere un ristorante di altrettanto gusto: ecco quindi l’Osteria del Guà, il cui nome è lo stesso del fiume che passa vicino alle strutture.
Il ristorante
Tanto osteria di fatto non è, questo raffinato locale che finalmente ha la gestione che si merita, grazie anche allo zampino di un volto noto dell’alta ristorazione come Matteo Rizzo, chef de Il Desco di Verona. Luca Pinter, ottimo restaurant manager, è arrivato nel 2020 e ci racconta la storia del nuovo corso, iniziato in un periodo non propriamente fulgido per la ristorazione: “Lo staff è nato reclutando lo zoccolo duro e sviluppando piano piano il progetto nei dettagli; in realtà quello che avrebbe dovuto essere il giorno dell’inaugurazione è stato proprio il primo della chiusura per il lockdown, un momento di difficoltà che però abbiamo sfruttato per lavorare a un ritmo meno intenso approfittandone per integrarci con il territorio, dato che io arrivo dal Garda e lo chef Marco Culeddu è un emiliano di origini sarde.”
Pinter è un professionista con un’esperienza rilevante: tre generazioni di ristoratori alle spalle, prima di arrivare qui frequenta la scuola alberghiera, si appassiona al mestiere di famiglia e parte a diciassette anni per l’Inghilterra dove rimane due anni e mezzo a fare diverse esperienze fino ad arrivare al notissimo Cecconi's Restaurant di Mayfair di Londra. Di seguito vola in Brasile dove gestisce la sala di una posada, da Bahia fino in Amazzonia; lì conosce la ragazza che diventerà sua moglie. Tornato in Italia va a lavorare in un locale storico di Peschiera e poi con la stessa proprietà ha l’occasione di costruire una nuova realtà da zero. Da lì entra in contatto con Matteo Rizzo, che lo coinvolge nella consulenza per l’apertura e la direzione di Osteria del Guà.
Non da meno le esperienze di Marco Culeddu, classe 1991, il quale come spesso accade ai cuochi inizia a maturare il desiderio di cucinare fin da piccolo, tanto che interrompe ragioneria per frequentare un istituto alberghiero. Mentre studia lavora da cuoco apprendendo i primi rudimenti del mestiere ma soprattutto quelle basi necessarie per costruire le fondamenta di una professione solida. In più Culeddu è uno che ama viaggiare e conoscere.
Tutto questo anche passando sia da luoghi gastronomicamente significativi, tra i quali al Caffè Arti e Mestieri con Gianni d’Amato a Reggio Emilia ma anche con Emanuele Scarello Agli Amici di Godia e a La Madernassa con Michelangelo Mammoliti nel Roero, sia in ristoranti meno noti ma altrettanto formativi. È anche un cuoco capace di ascoltare, aperto e interessato al confronto, oltre naturalmente ad avere una mano che fa pensare a quello che potrà essere un futuro brillante.
Del resto, anche l’ambiente è di quelli che dispongono al meglio: si mangia in un contesto di estrema accoglienza, d’inverno nei saloni dalle vetrate che lasciano ammirare l’enorme parco in cui sono integrate installazioni d’arte contemporanea oltre alla villa, circondati da oggetti d’arte e design di varie epoche. Quando le temperature si fanno più miti vale la pena stare all’esterno, nel loggiato, protetti dall’alto porticato della barchessa. Se Luca Pinter sta arricchendo passo dopo passo una cantina già capace di dare belle soddisfazioni, le stesse arrivano anche dai piatti di Culeddu, ai quali non manca mai una certa originalità anche se va detto che il gusto, com’è giusto che sia, prevale sul volo pindarico.
I piatti
Con il menu Manabel, un acronimo che si capirà leggendolo, si parte dal bel gioco di consistenze e contrasti de la ricciola nel Mediterraneo, in cui il pesce viene marinato in sale e zucchero per una dozzina di ore e poi servito con una tartare di mazzancolle; a dare sapidità capperi, pomodorini disidratati e olive, mentre la nota di freschezza arriva dal pompelmo tagliato a vivo e da una mandorla cruda.
Il golosissimo bombolone alla Rossini è accompagnato da una battuta di saporita vacca Garronese veneta, viene condito con un fondo al Marsala, una farcia di fegato grasso d’oca e tartufo nero: obbligatorio in questo caso non utilizzare le posate.
Tra i primi sono eccellenti i quadratelli con succo di bevarasse e scampi: in sostanza passatelli di forma quadrata a cui viene abbinato uno scampo d’Istria crudo, alghe come lattuga di mare e muschio d’Irlanda e infine il succo di queste piccole saporite vongole tipiche del veneziano. Non da meno doveva essere un risotto allo zafferano, in cui lo chef presenta una sua personale versione del grande classico meneghino: alla base una crema di riso allo zafferano, un ossobuco ricreato con l’utilizzo del midollo di vitello, una gremolada di prezzemolo e limone e a chiudere del riso soffiato.
Succulenta e dalla lavorazione complessa che richiede due giorni di preparazione è l’anatra all’arancia, prima marinata intera per ventiquattr’ore sotto sale, poi cotta al forno e successivamente disossata; viene servita con una salsa a base di arancia e succo di mela verde, un purè di patate leggero e una cipollina borettana farcita con le cosce confit del volatile. Con il grasso raccolto durante la cottura si forma una candela che viene accesa appena servito il piatto: qui si intinge, godendo, il pane sfogliato caldo.
A chiudere ecco la parte dolce. Si inizia con la freschezza di coco loco, che alla base ha mango e frutto della passione; in aggiunta un sorbetto di lemongrass e wasabi, spuma di latte di cocco, zeste di lime e cialda di mandorle croccante. Infine Restart - cioccolato, agrumi e capperi che nelle intenzioni dello chef gioca a confondere, ripartendo dall’inizio di un nuovo percorso. Viene servito con le bacchette giapponesi in acciaio (hashi) in un cestello di bamboo. Qui si trova un raviolo al cacao cotto al vapore, al suo interno cioccolato liquido e bergamotto; ancora crema inglese e polvere di lime nero fermentato in cui tuffare il raviolo, prima di passarlo nei semi del cappero e farne un boccone. Una cucina da scoprire, rilassata e stimolante.
Indirizzo
Osteria del Guà
Via Risaie, 1/2, 36045 Bagnolo VI
Tel: 0444 432754