: è questo il motto del giovane chef Matthias Kirchler, che al Lunaris 1964 fonde i tesori della Valle Aurina in un conio tutto nuovo. Bussate alla sua stüa se avete voglia di scoprire una cucina smart e poliglotta, che esalta i prodotti nativi senza barricarsi nei confini regionali.
Lunaris 1964 Gourmet
Jean Brillat Savarin scriveva che il cibo è forse l'unico piacere capace di sommarsi a tutti gli altri e, al contempo, di consolarci efficacemente dalla loro mancanza. Difficile che in Valle Aurina capiti di avvertire un profondo senso di insoddisfazione, ma potreste trovarvi a mangiare nel posto sbagliato al momento sbagliato. Qualora accada (o vogliate semplicemente coronare l'estasi da vacanza in alta quota), è alla stüa moderna di Matthias Kirchler che dovete bussare.Superate pure ogni diffidenza nei confronti del monolitico hotel 5 stelle che fende il cielo alpino con la sua stazza da space station accanto alla cabinovia Klausberg di Cadipietra ed entrate nell'Amonti & Lunaris Resort, anche solo per una cena fuori programma. Non staremo qui a descrivervi quanto sia confortevole e ben attrezzato per vacanze con pargoli al seguito: ciò che ci preme raccontare è la storia di Matthias, executive chef di Lunaris 1964 Gourmet (finora, il ristorante gastronomico più a Nord d'Italia).
Sì, perché da un semi-autodidatta di 29 anni, svezzato a latte fieno e pane nero, non ci saremmo mai aspettati un menu così audace e centrato sul dettaglio. A maggior ragione -vale la pena rimarcarlo- in una struttura dove la proposta fine dining è letteralmente incastrata fra pranzi a buffet, centri wellness e cocktail bar di tendenza. E invece il progetto ha attecchito, sfruttando i sapori nativi per imbastire una cucina smart e poliglotta.
"Cook local, think global" sembra essere il motto di questo giovane solista che plana sui rilievi altoatesini senza barricarsi nei confini regionali. Ma veniamo al dunque: mettetevi comodi e preparatevi a scoprire un percorso degustazione dove l'entrée è racchiusa in una siringa, il cuore di capretto sostituisce la bottarga e il dessert viene servito con formiche dai sentori agrumati.
Il ristorante
Colpisce, in primis, il forte contrasto fra la hall dell'albergo, tutta ghingheri e lustrini, e la sala del ristorante, fedele al tipico design montano fatto di arredi lignei, finestrelle-belvedere e mise en place sui toni del bosco.
Sin dalla porta, il maître e sommelier Ludwig Lanthaler colma il senso di spaesamento con una verve che renderà il pasto molto disteso, quasi fossimo in una calda dimora alpina. Si può dire? Al Lunaris cadono un po' tutti i paletti di quell'infinita maratona esperienziale che tende a sfiancare l'ospite passivo fino alla piccola pasticceria. Perché Ludwig parla e vi ascolta come un amico di vecchia data: inizia chiedendovi cosa amate bere e finisce col raccontare storie di pastori caparbi, tra un calice e una battuta sui piatti prodotti dal team per tenere le mani occupate durante i mesi di pandemia.
Dal canto suo, Matthias ha voglia di fare. "Pur lavorando in una struttura imponente, è con le piccole realtà del posto che ci confrontiamo ogni giorno", racconta appassionato. "Per loro siamo una cassa di risonanza e abbiamo la responsabilità di amplificarne la voce. Se la cucina veicola un messaggio, l'eco si diffonde". Teoria comprovata dai fatti, perché il cliente stanco di polenta e strüdel appare palesemente incuriosito tanto dai giochini di prestigio dell'amuse bouche, quanto dalle coraggiose addizioni casearie disseminate nel percorso (vedi il pecorino grattato sul dessert).
Un fil blanc, quest'ultimo, che potrebbe dipanarsi in futuro con una gestione più accorta: a tratti l'eccesso inficia lo sforzo e alcune scelte andrebbero riviste. D'altra parte, è lo studio "all by myself" ad aver condotto Matthias sulla strada in salita dell'affinamento palatale. Esperienze pregresse? Poche. Un'infarinatura all'alberghiero di Brunico, il primo test sul campo proprio nella vecchia sede dell'Amonti (ex Linderhof) e due anni di gavetta intensiva fra Italia ed Austria. Poi il ritorno alla base, con obiettivi ben più ambiziosi.
I piatti
Una cosa è certa: al Lunaris la coreografia gioca un ruolo decisivo. Matthias punta dritto sui toni accesi, le cialdine stile origami e l'interazione (soprattutto nei finger di circostanza) per accattivarsi l'occhio prima dell'assaggio. Non mancano liaison "acrobatiche", pensate per fondere i tesori della valle in un conio nuovo di zecca. Lo dimostra la Pastina in brodo, dove a unire il soggetto (crema di funghi in siringa) e il complemento (zuppetta di maiale alpino con licheni fumé) è un predicato squisitamente nipponico: l'umami effuso dal piccolo "dashi silvestre" così composto. Una volta spinto lo stantuffo, la pasta vegetale si rapprende a contatto col liquido ed ecco il risultato: contro ogni aspettativa, stiamo mangiando "noodles" sopra i mille metri.
Il suino finisce in un Krapfen con prugne fermentate, bombetta salty non meno appetibile del classico dolce alla crema; stesso dicasi per le Polpettine di black angus e gel di ribes rosso, realizzate con i manzi della proprietà (oltre all'Amonti&Lunaris, la famiglia Steger possiede un maso per l'allevamento del bestiame).
Il lievitato, sul modello di una voga recente e sempre più diffusa, assurge allo status di pietanza unica. È una pagnottina di grano arso dalla mollica esuberante, servita con prosciutto stagionato per due anni e burro affumicato. I primi due autoprodotti, l'ultimo dell'azienda Ederhof: sapori onesti, pieni, eloquenti.
Fra le paste si fa notare Goasroscht (forse il miglior piatto della degustazione) dedicato all'omonimo allevatore di capre di Campo Tures. E infatti la capra è ovunque: sostanzia il ripieno dei "tortelli" insieme alla ricotta, anch'essa ovina; compone un fondo profumato, complice l'uso del garum estratto dalle carni; tridimensionalizza il boccone col cuore di capretto essiccato, che non è eccessivo definire un riediting alpestre della bottarga. Cucchiai soft svelano un polso fermo nell'addomesticare sapori "difficili", quasi ostici: Matthias riesce a schivare la ridondanza senza sminuirli. La pasta resiste un poco, la farcìa riempie le guance, l'estetica nordica ci porta oltreconfine. Zero scarti e ostentazione, nel rispetto dell'animale. Chapeau.
Ci ha colpiti anche Abete rosso, mela, latte e sambuco, breve incursione nelle foreste limitrofe. "L'obiettivo è quello di ottenere un sorbetto balsamico dalle note irripetibili", spiega lo chef. "Raccolgo, quindi, le tenere punte dei rami a inizio estate. Di colore verde acceso, sono reperibili per una manciata di giorni". Poi le congela, preservando i sentori boschivi che abbiamo ritrovato nel sorbetto, novello sposo di un gelato alle mele della valle. Alla base pannacotta di latte capra, sopra chips di grano saraceno. Un ecosistema riassunto in pochi morsi, cui i fiori di sambuco danno il giusto touch dolciastro.
Se Trota, cavolfiore ed erbe selvatiche instilla già alla vista qualche dubbio (risultando slegato anche in bocca), Anguilla, mirtillo rosso e patata recupera in corsa.
Cotto sulla griglia al carbone, il trancio "è un burro" pervaso dall'elegante scia smoky del gel di pere affumicato coi licheni. Matthias aggiunge salsa bbq e mirtilli sottaceto, macerati in una base agrodolce per un anno. Quasi d'intralcio la tartelletta successiva con spuma di patate, pera, farina tostata e formaggio Goasroscht: il sovrappiù caseario di cui parlavamo nell'introduzione penalizza un secondo che basta a se stesso.
Di nuovo black angus, stavolta in tre step: filetto alla griglia, diaframma brasato con bbq e frattaglie sottoforma di sandwich, per riciclare le interiora facendo di necessità virtù. Notevole il ricamo dolce-erbaceo sulla trama del lombatello: germogli di porro e finferli a stemperare gli zuccheri della rapa rossa.
Ma a fine serata un po' di pirotecnia non può mancare. Dunque, largo alle formiche rosse: Ludwig le adagia sulla Frolla al cacao farcita con cagliata di latte fieno, fava tonka e chutney di rabarbaro, assemblando un pre-dessert effetto domino che sgrulla dalla testa le portate precedenti. Il crash acidulo ci prepara al ballo di mezzanotte.
Ed è una danza sfrenata quella di Tè alla frutta, pecorino, koji, dove la fondue del formaggio di Hubert Stockner (affumicato in un bunker della Seconda guerra mondiale) solidifica grazie all'azoto liquido, innestando fragranze di grotta nel blend composto da gel di lampone, crema di ibisco e meringhe di koji. Il bacio della buonanotte non è mai stato così osé.
Foto di Francesco de Marco
Indirizzo
Lunaris 1964 Gourmet- AMONTI & LUNARIS Wellnessresort
Klausbergstraße, 55, 39030 Cadipietra BZ
Tel: +39 0474 652 190
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