Arrivato dall’Uruguay una decina d’anni fa, ha lavorato e assimilato i sapori della tradizione italiana per fonderli alla sua fantasia sudamericana. Nasce così una cucina moderna, giocosa, provocatoria, spettacolare ed ancorata al gusto italiano.
Il Ristorante
L'estro di Matias Perdomo Al Pont de Ferr
Nella zona più animata di milano, i Navigli, un giovane chef uruguagio sta facendo disorientare buongustai e gourmet da qualche anno. Disorientare nel senso che Matias Perdomo attua una cucina moderna, creativa e palesemente innovativa ma all’interno di una rustica trattoria milanese, il “Pont de Ferr” di Maida Mercuri.


Combinazione singolare: tavoli in legno, tovagliette di carta e servizio sbarazzino, senza vezzi né incartapecorinamenti da ristoranti lussuosi, ma una cucina giocosa e scenografica che incanta gli occhi e appaga lo stomaco. I piatti dello chef si presentano quasi sempre molto appariscenti alla vista, ma al gusto strizzano l’occhiolino alla tradizione italiana con ferma e delicata intensità. E poi tanta tanta ironia.
La Storia


Matias Perdomo ha importato la follia sudamericana, l’ha limata con l’eterogenea cucina italiana e ha infine partorito una nuova linea culinaria tutta sua. Forse unica. Gioco e ingredienti unici, che aizzano folle di giovani e meno giovani, tradizionalisti (fantastici i suoi spaghetti aglio olio e peperoncino coi calamaretti spillo) e amanti dell’avanguardia (i dessert “Questo dolce non è un gioco” si ispirano ai giocattoli anni ’80-‘90 come il Lego, Pacman e il flipper di Guerre Stellari). Ce n’è per tutti i gusti.

Matias arriva in Italia a 20 anni, dopo aver lavorato a Montevideo in un catering francese e aver gestito un ristorante alla veneranda età di 16 primavere. Giunto a Milano sotto la spinta di un amico chef connazionale, Juan Lema (che oggi lavora alla Trattoria Mirta, sempre a Milano), ha poi assunto il comando della cucina dopo 5 anni. Basi forti italiane, ma grande desiderio di sperimentare, ecco cosa voleva. E così è stato. Il miracolo dell’imprevedibilità lo ha condotto a miscelare le emozioni sudamericane, sempre scoppiettanti e per nulla contaminate dalle ricette delle nonne italiane, con i prodotti della terra di Dante, Boccaccio e Petrarca.
I Piatti



Come un bambino apprendista nel panorama italiano, il cuoco di Montevideo impara prima il concetto di “antipasto, primo e secondo” (paradossale nel continente americano), poi acquisisce in toto le fondamenta della tradizione italiana e si avventura in ideazioni nuove e sempre più tendenti all’ideale di bellezza. I Greci antichi avrebbero esclamato “kalos kai agathos”, ossia bello e buono, perché Matias è solito approfondire il sapore di una ricetta tipica, come la parmigiana o la pasta ai funghi porcini, e sconvolgerlo solo agli occhi, non nell’intrinseco gusto di ciascun elemento che compone il piatto.



Solo la gastronomia del BelPaese può sfoggiare migliaia di prodotti e centinaia di migliaia di ricette, come un caleidoscopico cubo di Rubik dalle infinite soluzioni. Ecco alcune sue suadenti parole: «La gastronomia italiana è la migliore del mondo per quantità e varietà di ingredienti. Io amo la mozzarella di bufala, l’olio, le olive, i pomodori, il Parmigiano Reggiano, i ricci di mare, la burrata. Vado pazzo per la pizza napoletana. Forse la Cina o il Giappone hanno ugualmente tanti prodotti, ma in proporzione l’Italia è spaventosa. Partendo da questa stupenda tradizione io varco la soglia del gioco, della sorpresa. Mi piace stupire i commensali, fargli qualche gioco di prestigio alimentare, ma poi rassicurarli nei sapori, farli sentire comunque su questo pianeta seducente che è l’Italia…».


Il trentenne Matias Perdomo è affascinante fuori e dentro, ha gli occhi azzurri e il cuore umile. È scatenato come tutti i latinoamericani, ma in cuor suo è un “italiante”, ovvero un immigrante fantasioso che ha scelto la sua nuova patria, voglioso di trasformare il suo bagaglio di sapori e profumi in una cucina d’avanguardia e neo-italiana.

Grazie all’ammaliante padrona di casa Maida Mercuri, all’anima gemella Simon Press e a tutta la brigata in cucina, non solo ha conquistato la stella Michelin, nonostante i crismi della trattoria non siano mai stati considerati dalla guida, ma ha anche incominciato a fare scuola nel concetto stesso di ristorazione: eliminare il superfluo, esaltare l’istinto.


Sui Navigli milanesi questa impostazione sta facendo selezione tra il pubblico, stimolando i ristoratori e i cuochi, i bar tender e gli imprenditori a investire nella qualità e nella sostanza anziché negli specchietti per le allodole golose. Grazie a lui non solo hanno chiuso ristoranti e aperi-bar da dissenterie assicurate, ma hanno aperto anche “nuovi” luoghi di convivio gastronomico. Primo fra tutti lo stesso Rebelot: partito come bistrot alternativo al Pont de Ferr, poi, grazie agli chef Mauricio Zillo e Giulia Guarino, è diventato una tappa fissa per il nuovo sposalizio cocktail-cucina creativa; veloce e di qualità estrema, senza fronzoli ma plutonico nella sperimentazione, il Rebelot è un’alternativa sprint al Pont de Ferr. In questo Matias Perdomo e Maida Mercuri ci hanno visto lungo, con il supporto del mixologist Oscar Quagliarini del Septime di Parigi. Sempre avanti.


Il valore aggiunto di Perdomo è la lungimiranza, l’apertura mentale verso il diverso, l’accortezza nel sapere scovare nuovi gusti all’estero e trasportarli in Italia. Gli si può forse contestare che la sua cucina sia particolarmente barocca, ovvero molto elaborata e appariscente, oppure il fatto che nei piatti prenda palesemente spunto da altri chef europei (ad esempio l’omaggio a Gualtiero Marchesi, quello al genio nipponico Zaiyu Hasegawa e ai fratelli Roca in Spagna e alla loro tecnica di soffiare lo zucchero) o che provochi il sistema creando una filiera d’amicizia alternativa tra chef, produttori, intellettuali, vinaioli e scrittori di cibo.


Ma tutto ciò assume potenza quando c’è anche intelligenza, tecnica e umiltà in quello che realizza; il suo cuore è in perenne agitazione perché vuole cambiare il mondo, mentre le sue pietanze ammiccano all’umorismo del commensale, sia esso un bambino curioso o un gourmet incallito; la devozione nei confronti degli altri cuochi è motivo di crescita professionale, di emancipazione della cultura culinaria italiana (a volte bigotta e ignorante verso l’altro, non italico) e di sviluppo di nuove tendenze gastronomiche.



Chi critica Matias Perdomo sul suo stile forse non ha capito che ormai la cucina è contaminazione e creatività. Il suo menu è sotto gli occhi di tutti, così come le sue “dediche” ai cuochi, alle nonne italiane o ai produttori d’eccellenza da cui ha preso spunto. Quello che veramente emoziona è la sua astrusa semplicità, la sua genuina pazzia d’accostamenti e architetture d’impiattamento, i suoi piatti scherzosi ma buonissimi. È un cuoco che prima fa sorridere, poi pensare e quindi godere. Un orgasmo intellettuale, profondamente gastronomico.
Tutte le fotografie dei piatti sono di Cristian Parravicini
Indirizzo
Ristorante Al Pont De FerrRipa di Porta Ticinese 55 - Naviglio Grande – 20143 Milano