Una grande cucina di montagna evoluta e completa, costituita da pregiate materie prime ottenute mediante la preziosa sinergia di Cook the Mountains, progetto che unisce cuochi, produttori e ricercatori a favore della salvaguardia del territorio.
Il Ristorante
La cucina montana di Norbert Niederkofler
Arrivare a san cassiano è sempre un piacere in qualunque periodo dell’anno. Il lusso discreto, non ostentato di questo piccolo centro è indubbiamente insolito e affascinate, del tutto contrastante con la vicina Cortina dove ogni cosa pare concepita per essere sfoggiata. Persino salire quegli scalini e attraversare il meraviglioso piccolo cimitero, tutt’altro che tetro, trasmette la palese sensazione di essere in un pacifico e transitorio luogo di riposo, punto di partenza dal quale rimettere in movimento l’animo verso inedite frontiere.
Altrettanto piacevole è procedere per le stradine del grazioso paese fino a raggiungere la cabinovia che ti porta su, all’altipiano di Piz Sorega, e da qui intraprendere percorsi capaci di regalare panorami mozzafiato. Una visita essenziale per comprendere come nasce e si evolve la grande cucina di montagna di Norbert Niederkofler, basata sulle materie prime che questi luoghi unici, già patrimonio dell’Umanità Unesco, sanno offrire in tutta la loro salubrità.
Sono pietanze che rispecchiano il territorio in maniera esemplare, mediante una filosofia che vuole tutelare e valorizzare luoghi e produzioni attraverso l’ambizioso progetto Cook the Mountains, ideato da Norbert insieme a Hugo Pizzinini, proprietario dello splendido Relais & Chateaux La Rosa Alpina, nel quale è ubicato il ristorante St. Hubertus. Lo scopo è quello di dare all’Alto Adige un’identità gastronomica ben definita e attualizzata, creando profonde sinergie tra gli chef, la ricerca e i produttori. Si vuole in questo modo tutelare la secolare storia altoatesina, un fondamentale patrimonio da trasmettere in eredità alle generazioni future così che possano trarne ispirazione.
Nel quadro di questa sinergia Norbert Niederkofler lavora direttamente con i produttori, generando stimoli reciproci per garantire la totale salubrità degli ingredienti utilizzati nel suo ristorante. Il contatto diretto consente anche di bypassare gli intermediari, originando un maggior compenso per il produttore che si trova in tal modo sollecitato a ottimizzare la produzione in tutti i sensi, garantendo una materia prima integra in tutte le sue tipicità. Una filosofia rispettosa al massimo dell’ingrediente, che non viene sprecato bensì utilizzato in tutte le sue parti, presentate nei menù attraverso svariate tecniche e cotture.
Sedersi oggi al St. Hubertus equivale ad accomodarsi in uno dei migliori ristoranti italiani e oltre, dove poter assaporare la grande e prestigiosa cucina di uno dei più interessanti chef in circolazione, estremamente attento alle tendenze culinarie internazionali. Di questo si ha la certezza durante l’evolversi del lungo ed appassionante pasto, che mette in risalto una cucina di montagna oltremodo attuale, che quasi non ti aspetti. Fresche acidità perfettamente dosate che improvvisamente irrompono senza destabilizzare ma elevando i già perfetti equilibri fra materie prime locali di pregevole fattura.
Una precisione millimetrica che fa riflettere, dove niente pare sfuggire, e nulla sfugge in alcun piatto. Il calcolato e assoluto bilanciamento delle contrapposizioni in termini di temperature, di consistenze e di sensazioni gustative, oltre alle presentazioni, sono l’efficace dimostrazione del massimo grado di complessità raggiungibile per un piatto, dove i sapori nel corso dell’assaggio sono capaci di evolversi ed elevarsi verso nuovi orizzonti gustativi, quasi fossero dotati di vita propria. In alcuni casi sono le freschezze a contrapporsi prontamente alle grassezze, in altri sono un insieme di aromaticità che alle volte rilasciano feroci marcature riportando a sentori di terra e verdure acerbe tutt’altro che spiacevoli, prontamente addomesticate dal sopraggiungere di rotonde morbidezze che equiparano e pareggiano, risvegliando rimembranze gustative celate in qualche angolo del proprio subconscio.
Altrettanto perfetta, quasi imbarazzante, la successione degli abbinamenti dei vini al calice proposti da Christian Rainer, per me e per molti altri, tra i migliori maître sommelier che si possano incontrare. Discreto, elegante, attento, perfettamente in simbiosi con il luogo, sfoggia una successione di Riesling, Pinot Nero e Moscato Rosa da fare sobbalzare anche il più navigato sommelier. Raramente mi è capitato che in un percorso così lungo tutti gli abbinamenti fossero azzeccati.
I Piatti
La partenza è subito un’incitazione alle freschezze con le Chips di topinambur, crema al fieno e lamponi, dove oltre alla perfezione dell’equilibrio vi è anche quella della temperatura, appena sotto il tiepido, che riesce a caratterizzare e valorizzare il piatto. Le verdure antiche in agrodolce con la crema di latte fermentata, perle di rafano e succo di carota inneggiano ancora alle acidità, immediatamente contrapposte alle tendenze dolci e alle aromaticità in un susseguirsi di intensità capaci di elevare in continuazione il gusto, toccando livelli decisamente alti.
Il crescendo continua con le lumache nell’orto, prima grande sorpresa per un piatto assai evoluto e moderno. Il prezzemolo in gelée, crema e spugna insieme a un’altra spugna croccante al pepe nero e infine al rafano danno la sensazione di addentare una zolla di terra, elegante, raffinata, persistente, aromatica in una contrapposizione di texture. L’eleganza della terra.
Il territorio espresso in tutta la sua modernità continua a palesarsi mediante i Ravioli farciti con acetosa e latticello su acqua di Parmigiano e storione leggermente bruciato. Qui le sapidità e le tendenze dolci vengono raggiunte ancora una volta da inaspettate freschezze che innalzano. A stupire arrivano anche le linguine di kamut cotte in acqua di pomodoro, animelle glassate, pop corn di pomodori, basilico. L’evoluzione del primo piatto italiano. Le linguine rilasciano una preponderante acidità immediatamente stabilizzata dalla rotonda morbidezza delle animelle glassate, per poi riprendere la strada delle freschezze attraverso i pop corn di acqua di pomodori. Grande primo piatto, moderno, in linea con le tendenze del momento, caratterizzato dalle componenti agrodolci – acide – umamiche.
Il Lucioperca leggermente affumicato con ricotta fresca fatta in casa, baby rapa rossa e crema di rapa rossa è un piatto lieve. Encomiabile per la cottura, durante l’assaggio vi è un accrescimento delle componenti tendenzialmente dolci – aromatiche della rapa nelle sue varianti, di seguito affabilmente destabilizzate dal sopraggiungere del cumino selvatico, che cambia i connotati di un gusto che pareva oramai definito. A seguire in crescendo ancora la rapa rossa sotto forma di gnocchi con un cuore liquido di rafano, crema di rapa, crema di crescione daikon e terra di birra. Altro piatto estremamente moderno e interessante, che mette in risalto gli elementi gustativi della rapa, ben scortati dall’acida piccantezza del daikon, per una piacevole incursione in stile giapponese nella cucina di montagna.
Anche i secondi destano entusiasmo, cominciando dal pollo dei Colli Berici servito in due portate. La prima è la Coscia, essenza e carta commestibile, sensazionale per le componenti sapide del consommé che conferiscono profondità , pienezza, oltre a una certa classicità subito ridiscussa dalle moderne tecniche di finitura utilizzate per il tuorlo e l’albume dell’uovo. Notevole anche la seconda parte con il pollo al forno, cetrioli e panna agra.
Di grandissima levatura anche il Maialino da latte servito in due portate, la prima è costituita dalla pancia croccante e dal carré servito su una crema di erba cipollina, crauti freschi e cubetti di patate al ginepro. A palesarsi immediatamente è
la contrapposizione di consistenza carne – cotenna, per passare poi alle componenti di grassezza e succulenza che dovrebbero caratterizzare il piatto. Invece a colpire sono ancora una volta le parti fresche - acide, costituite dalla crema di erba cipollina e dai crauti freschi, che trasformano un piatto dai connotati classici, presumibilmente scontato e impegnativo in termini di grassezze, in una portata sorprendentemente giovane, fresca e vivace, dove le componenti grasse vengono smorzate, alleggerite e perfettamente contrastate da quelle acide, che efficacemente ripuliscono. Altrettanto sensazionale è la seconda parte, dove la spalla del maialino è servita su una fetta di pane nero croccante con cubetti di speck casareccio, semi e crema di senape, originando un boccone complesso ed evoluto.
Si giunge ai dolci attraverso un predessert che fa comprendere l’alto livello anche della pasticceria. Il Sorbetto alla mela verde con marshmallow al pino mugo rilascia sensazioni dolci affumicate per via del passaggio sulla brace calda adiacente. Sensazione prontamente resettata al momento giusto dal sorbetto alla mela verde. Grandissimo predessert.
La Mousse di yogurt con spuma di yogurt surgelata, sorbetto di mais con pop corn, crema di erba di grano e grano fresco è un dolce innovativo, giovane ed elegante, costituito anch’esso da componenti acide perfettamente in accordo con dolcezze e aromaticità.
Il Mon chéri, sorbetto di ciliegia con mousse di ciliegie e ciliegia fresca, cioccolato fondente in spuma surgelata, mousse secca, crema e tè alla frutta, è un dolce complesso costruito anche in questo caso su contrapposizioni di temperature, consistenze e sensazioni gustative nel quale si percepiscono inizialmente le componenti amarognole provenienti dal cioccolato nelle sue diverse interpretazioni, subito parificate dalle dolcezze aromatiche della ciliegia e del tè. Un altro grande dolce, che accompagna verso la fine di quella che è stata a tutti gli effetti un’elevata esperienza gastronomica.
E quale modo migliore per chiudere se non Love, Peace e Armony, che a pensarci bene sono proprio le tre sensazioni che assalgono animo e corpo al termine di una serata di notevole levatura, nel grande ristorante di uno chef che è l’umiltà in persona.
Un grande personaggio, sempre pronto a rimettersi in discussione e ripartire, caratteristiche indispensabili per concepire una delle più grandi cucine italiane, che insieme a cantina, location e perfezione del personale di sala, potrebbe ben presto portare al conseguimento della terza stella Michelin.
Indirizzo
Ristorante St. Hubertus c/o Hotel Rosa AlpinaStrada Micurá de Rü, 20 - 39036 San Cassiano in Badia (BZ)