Quale sarà il futuro di Enrico Mazzaroni, Gianluigi Silvestri e del loro ristorante Il Tiglio a Montemonaco? Ecco le opzioni sul tavolo.
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Effetto terremoto: chiude il ristorante Il Tiglio. Il racconto di Gianluigi Silvestri
Non si chiuderà mai la crepa che il sisma del 2012 ha aperto nella ristorazione emiliana: fra le sue vittime il Rigoletto, ristorante bistellato ubicato in una villa tuttora inagibile, aureolato di charme come una grande maison, il cui chef Gianni D’Amato ha saputo ripartire ottimamente altrove. Ma a soffrire è stata tutta la ristorazione di un’area, improvvisamente svuotata di clientela o rescissa dalla sua filiera, anche quando il guscio delle mura era intatto.

Una storia che purtroppo si ripete oggi al Tiglio, chimerico ristorante di Montemonaco, dove è stata servita per anni la cucina più coraggiosa delle Marche. In mezzo al nulla dei Monti Sibillini. Prodotti spontanei, illuminazioni folgoranti, geometrie avanguardiste: in dialogo francescano con gli animali dell’azienda agricola, visionario come un santo e ingenuo come un eremita, Enrico Mazzaroni aveva saputo regalare esperienze uniche a chi si inerpicava per la lunghissima strada fino a un edificio estraneo ai satelliti del buon senso. Oggi piagato da una magnitudo crudele (6,5 domenica, dopo qualche graffio per le scosse precedenti e una ripresa insperata, con il sold out fino al 13) e dichiarato inagibile dai vigili del fuoco, che ne hanno decretato la chiusura in attesa del sopralluogo dei tecnici per le verifiche sul da farsi, restauro o demolizione. Un epilogo crudele per la storia di un miracolo: a Isola San Biagio, nella residenza di famiglia, Mazzaroni aveva fatto ritorno per drammatiche urgenze personali, trovandovi invece il successo grazie a un talento purissimo.

Al suo fianco, come sempre, il cugino Gianluigi Silvestri, che sulla cucina aveva saputo cucire una carta dei vini originale e inquieta. Il suo racconto è drammatico: “Siamo in balia, perché le scosse continuano. Con una mano davanti e una mano dietro, per sdrammatizzare come il grande Alberto Sordi. Io sono forte, non mi perdo d’animo; ma Enrico è inerte, una mosca sarebbe capace di schiaffeggiarlo. E siamo tutti sfollati: io sto al mare, ma ogni giorno salgo a controllare; Enrico con la mamma si trova a Pedaso. A casa è rimasto solo papà Pippo, guardiano dell’Isola, con i suoi animali e il mandriano. Non vogliono assolutamente partire: è casa loro.

Adesso stiamo vagliando diverse situazioni al mare, perché Enrico deve ricominciare a cucinare prima possibile. Il territorio si è fatto sentire: mi ha chiamato Sandro Assenti, segretario di Confesercenti, ho incontrato il presidente della regione, tutti ci sono molto vicini. Secondo me non sarà possibile salvare l’edificio, ho anche perso tanta roba in cantina. Ma se domani mattina saltassero fuori i fondi per il terremoto o un imprenditore disposto a investire, noi saremmo pronti a riaprire qui. Perché è il posto che Enrico ama. Nell’attesa possiamo spostarci altrove e vedere che succede, se va bene fermarci pure, chissà. Tutte le opzioni sono aperte”.
Tutte le fotografie sono di Lido Vannucchi