Lo chef sardo raddoppia e affianca al più classico Kaiserkron la sua idea di cucina con il ristorante “In Viaggio”, suggestione di percorso tra i continenti.
Il Ristorante
"In Viaggio" di Claudio Melis
Sono gli occhi la prima cosa che si nota di Claudio Melis, quella loro espressione che ti viene incontro entusiasta, instancabile. È energia quella che sprigiona da quest’uomo, fucina di idee ed esperienze che lo hanno riportato in Alto Adige con un’immagine, quella del viaggio, declinata in modo del tutto personale. Tema battuto e dibattuto, è fuori discussione, ma il viaggio di questo chef che della sua Sardegna conserva ricordi, sole e profumi, si rivela tutto da scoprire.
Fin dall’inizio, quando varcata la soglia di questa nuova creatura nascosta dietro l’ottimo Kaiserkron, progetto gastronomico che lo vede già protagonista a Bolzano con la moglie Monica e suo fratello Robert Wieser, si scopre una vecchia galleria pubblica all’interno di un antico palazzo nobiliare. L’ambiente risale ai primi del ‘900, il pavimento è a mosaico, i soffitti a volta, il legno scuro e vissuto.
È qui dentro che si compie il percorso pensato da Claudio, con un valido braccio destro come Marc Bernardi in cucina.
Pochi posti a sedere ricavati all’interno di quelle alcove che in origine erano vetrine, in un’atmosfera calda di luci soffuse e rilassatezza che sta insieme dentro e fuori dal tempo. Perché un percorso tra piatti e gusti di ogni genere ma con il nitido filo conduttore del racconto in sé richiede ascolto e abbandono partecipato.
La Storia
La storia professionale di Melis, classe 1972, parte da apprendista e da commis nella terra dei nuraghi per poi fare tappa un anno in Francia da Claude Lutz a Meximieux. Un breve periodo al Lorenzetti di Madonna di Campiglio, quindi in Germania da Herren Haus a Freiburg. Anni importanti in Italia tra il 1993 e il 2010, dove cucina a Milano per Pietro Leeman al Joia e per Gualtiero Marchesi all’Albereta, passando per l’unico stellato di San Marino, il Righi e poi da Parizzi a Parma. È ancora la volta delle cucine montane: dallo chalet Maso Doss va a Madonna di Campiglio al Bio Hotel Hermitage e in Val Badia alla Siriola del Ciasa Salares.
Qui Claudio innesta le radici della sua avventura tra i monti del Trentino Alto Adige, restando tra le vette complessivamente una decina d’anni. Ma è pensando a quel che accade dopo il periodo sudtirolese che si intuisce perché “In Viaggio” abbia meritato questo nome. Claudio infatti nel dicembre del 2010 è in Arabia Saudita al La Cucina, all’interno del Al Faisaliah Hotel della Rosewood; un paio d’anni li passa lì, ma non è finita, perché sempre per la stessa catena lo troveremo ad Antigua al Jumby Bay Resort. Preludio di un prossimo ritorno in patria è Dubai, dove gestisce il ristorante Alta Badia alle Emirates Towers. Ed ecco finalmente il luglio del 2015, quando parte l’avventura di Kaiserkron.
Manca solo un tassello a comporre, per ora almeno, il suo ricco puzzle geografico: ed è questo piccolo, delizioso angolo di mondo gastronomico dedicato alla cucina del cuore, dove nulla è lasciato al caso e allo stesso tempo tutto si ritrova al suo posto. “Estrarre il massimo con la massima naturalità”, ecco uno dei principi fondanti della filosofia culinaria di Melis, il quale traduce in una sequenza di piatti la sua esperienza, così come il trattamento con “rispetto ed etica” di ogni singolo ingrediente, da qualunque parte del mondo provenga. “Queste sono le mie esperienze, quelle già vissute e quelle che vivrò”, così lo chef parla dei suoi piatti, in cui il fil rouge si annida tra le pieghe di una mano inconfondibile che conduce il palato all’appagamento attraverso gli stimoli più differenti.
I Piatti
Declinata tra una tappa e l’altra del suo muoversi intorno al mondo, emerge in ogni portata la personalità esuberante del cuoco. A partire da snack e amuse bouche, accompagnati dal delicato aroma di una tisana fermentata ai frutti di bosco: la croccante corteccia di topinambur servita con hummus, la tartare, sablé salata aromatizzata al plancton.
Ancora, il “pollo al curry” con la pelle soffiata, una maionese di mele e curry e il cappuccio viola. “Non è quel che sembra” è un’intrigante variazione sull’anguria, il cui carpaccio con crema e pop corn di Parmigiano e olio alla rucola confonde piacevolmente le idee tanto da dimostrare una consistenza del tutto simile alla carne.
E mentre ci si lascia inesorabilmente sedurre da un soave burro al sale Maldon, da abbinare al pane da pasta madre o a un Carasau tostato di rara bontà, inizia il viaggio con la freschissima semplicità delle nordiche carote antiche, brasate con gelatina di birra trentina Bionoc e kefir: biologiche, provenienti dalla val di Gresta, prima di essere rosolate vengono cotte nel loro succo e succo di arancia (poi ridotto e montato al burro) e aromatizzate allo zenzero.
Ispirato all’America Latina è il “salmerino in ceviche” di Trota Oro, da pesci di due o tre chili, marinato per due ore in sale e zucchero. Tutti gli ingredienti della ceviche vengono macerati per 24 ore, poi filtrati. Il liquido che se ne ricava viene montato all’olio extravergine d’oliva. Irrorato da questa salsa, sarà servito con spinacini croccanti, pompelmo, salsa di burro di arachidi, soja e crema di sesamo. Il risultato? Una sorprendente sinfonia di elegantissime note acidule che accompagna la morbida consistenza del pesce.
Concentrazione senza eguali, sapore spinto all’estremo della sapidità e pura gola per l’“assoluto di polpo”, ricordo di Vico Equense. Cotto nella sua acqua, il brodo chiarificato e bonificato, il cefalopode viene arrostito e servito con i suoi succhi, gelatina di pomodoro datterino, San Marzano disidratato e polvere di basilico gelata a donare un fresco istante di tregua alla ricchezza prorompente del gusto.
Sardegna in purezza, ricordi e amore per la terra natale: si ritrovano nei “ravioli di casa mia” con finferli e nasturzio. La ricetta è “quella di mia mamma”, creste di pasta all’uovo farcite di patate, menta e zafferano, accompagnate dai funghi saltati e in crema e dalle foglie della pianta.
Il risotto “alle ortiche” con limone e colatura di alici, è un omaggio al Bel paese con un Carnaroli invecchiato tre anni e mantecato al succo e scorza di agrume biologico, impiattato su uno strato di pesto alle ortiche e ricoperto di polvere delle stesse caramellate, essiccate e polverizzate, per un risultato che conquista ogni papilla in un susseguirsi di differenti intensità.
Si arriva in Spagna con “total white – trancio di baccalà, trippe, acidità”, tutto sui toni del bianco. Cotto a bassa temperatura in burro nocciolato alle erbe, adagiato su una purea leggera di sedano rapa, il baccalà è accompagnato dalle sue trippe stufate al succo di rapa rossa, ricoperto da un’aria composta con un infuso di pelli del pesce e acidulato al vino bianco e succo di limone. Di rara leggiadria.
Ci si ritrova immersi in culture tanto distanti quanto integrate alla perfezione in un piatto con il “maialino Cinturello orvietano, lattuga, liquirizia e datteri”. Il maestoso prodotto suino, allevato a Orvieto da Alfredo Angeli, è proposto in tre differenti declinazioni geografiche, ciascuna pensata per esaltare le caratteristiche di ogni singola parte della carne utilizzata.
Si prosegue con l’Alto Adige e il prosciutto cotto di coscia marinato in salamoia per 18 giorni e cotto sottovuoto a 68° per otto ore, proposto con lattuga, spuma al rafano e polvere di cumino.
Si vola quindi in Medio Oriente con la pancia cotta alla Josper e accompagnata dal dattero farcito di mandorla e avvolto nello speck, salsa alla liquirizia, dragoncello francese ed erba lepre. L’Asia è invece protagonista della spalla confit prima sfilacciata e poi saltata in padella con verdure e salsa teriyaki, servita su un bun di focaccia di patate cotte al vapore.
Al capitolo dolci due assalti alla gola, differenti forme di seduzione. Il primo è “EVOO”, ispirato alle coste del Mediterraneo: gelatina di lampone, gelato alle mandorle, polvere di prezzemolo gelata, cremoso al cioccolato 72%, spugna di prezzemolo, yogurt e olio extravergine d’oliva, lo stesso aromatizzato alla vaniglia di Tahiti.
Le “albicocche andate in fumo”, “cara vecchia Europa”, sorride lo chef, sono affumicate al tè Argentino e servite con sorbetto ai frutti di bosco, mousse di mascarpone e meringa alle olive nere disidratate.
È un itinerario di una complessità davvero appagante quello che Claudio Melis ha concepito, bello perché nulla è lasciato al caso e nello stesso istante ogni boccone racconta qualcosa di nuovo, si tratti di un palato allenato o meno non importa, perché questo è un viaggio al centro del gusto, accompagnato con grande maestria da un restaurant manager come Davide Ungaro, abilissimo a centrare il vino adatto per ogni portata, scelto da una carta ricca di etichette stimolanti, mentre architetta una perfetta regia di sala. Si spendono 85 euro per 5 portate a mano libera, 105 e 120 per rispettivamente 7 e 9 piatti (con 4, 6 o 8 differenti vini vanno aggiunti 30, 45 e 60 euro).
Le fotografie sono di Stefano Borghesi
Indirizzo
In Viaggio – Claudio Melis RistorantePiazza della Mostra 2 - 39100 Bolzano (IT)
Mail info@inviaggioristorante.com
Il sito web