La notizia si è diffusa rapidamente sui social network proprio pochi giorni fa, ed è l’ultimo capitolo di un anno grandioso per lo chef Davide Caranchini.
La Storia
Materia, ricerca e territorio: l’evoluzione del successo di Davide Caranchini
La prestigiosa rivista statunitense Forbes lo ha premiato lunedì 22 gennaio con il 30Under30, un riconoscimento che dal 2011 viene assegnato a una rosa di 30 giovani sotto i 30 anni provenienti da tutto il mondo per 20 categorie, selezionati da una giuria di esperti, e per cui Davide è stato scelto nella sezione Arte e Cultura, insieme al collega Floriano Pellegrino, unici due italiani premiati quest’anno per la ristorazione.
A un anno e quattro mesi dall’apertura di Materia, le cose sono andate migliorando in una progressione continua, culminata a novembre con il premio di chef emergente dell’anno per la guida Ristoranti d'Italia de L’Espresso 2018; ma nonostante ciò Davide non si è montato la testa, mantenendo un atteggiamento di assoluta umiltà senza mai distogliere la concentrazione dalla propria cucina.
La lezione dei suoi maestri – appresa al Le Gavroche di Parigi, all’Apsleys di Beck a Londra, al Noma di Redzepi – continua a ispirarlo nella metodologia della ricerca e dell’indagine sulla materia prima, ma in questo anno Davide si è reimpossessato del proprio territorio, approfondendone ingredienti e tradizioni. Il ricordo degli stivali che certe mattine trovava davanti al suo armadietto del Noma per andare a raccogliere le erbe, rivive ancora quando li indossa per andare nella sua serra nel bosco, che oggi conta più di cento piante diverse.
I due assi su cui si muove la cucina di Materia oggi sono dunque la contemporaneità delle tecniche al servizio del passato, che viene interpretato e riattualizzato con una creatività che non è frutto del caso, ma la risultante di un processo di pensiero profondo.
I Piatti
Nel nuovo menu invernale Davide spinge molto sulle note a lui care dell’amaro e dell’acidità, alla ricerca dei sapori estremi degli ingredienti. Ma riesce a mitigarle sapientemente con le giuste dosi di grassi (specie vegetali) e l’elemento dell’affumicato a restituire rotondità e armonia.Il consommè invernale di benvenuto è un olio di cedro su cui viene versato un dashi con il missoltino essiccato a fare le veci del katsuobushi e un estratto di mela al posto dell’acqua, per cui ne risulta un brodo in due consistenze con il bel grasso vegetale che dà una bella nota agrumata. La densità è data dall’uso del kuzu, addensante naturale ricavato da una radice, totalmente insapore, che aiuta a mantenere i due liquidi separati, per cui si riconoscono perfettamente i sapori, l’acidità dall’estratto di mela e dal cedro, smorzata dalla nota affumicata del missoltino.
La carrellata di snacks sono piccoli bocconcini di pasticceria salata, che echeggiano l’oriente, ma soprattutto la terra umida invernale: dalla tartelletta con yogurt, zucca sott’aceto e olio al prezzemolo, alla mela marinata nel gin con sale al ginepro e maionese al coriandolo, alla rapa marinata al bergamotto e pimpinella, passando per il daikon con sakè e polvere di bacche di cipresso, la brioche fritta ripiena di panna acida e prugne secche, il crème caramel al rafano.
Tra gli antipasti lo chef traduce le usanze locali in una lingua decisamente più snella dai richiami nordici, mostrando una passione sempre più felice per le erbe che cerca di declinare in tutto il loro potenziale, specie nelle estrazioni e negli oli. Il Salmerino si fa tartare e viene condito con levistico (detto anche sedano di montagna, è anche l’erba prediletta dello chef), latte fermentato (kefir) e olio di aghi di abete rosso, per cui gli aghi vengono frullati a freddo con olio, messo poi sottovuoto per due giorni e quindi filtrato.
Ancora un piatto giocato sull’olio è quello dell’Indivia, noci, tartufo nero, sedano rapa fermentato. La cottura dell’indivia in olio di noci, poi piastrata e servita tiepida con olio di noci in purezza (che al palato risuona come una maionese), sedano rapa fermentato e foglie di claytonia, detta anche lattuga dei minatori o portulaca invernale, è vegetale puro che racconta del sottobosco.
È un incontro tra nord e sud l’Insalata di cavolo rosso, midollo affumicato, caviale e latte di mandorla amara, che per la sua acidità sembra quasi una giardiniera. La mandorla lo sposta verso sud, ma la nota sapida e affumicata del caviale e del midollo lo ricolloca al nord. Protagonista assoluto resta il midollo nella sua povertà di ingrediente, reso elegante dall’affumicatura del grasso che va in emulsione con il cavolo rosso a lenirne l’acetica. Un piatto complesso che sorprende, in carta da quasi un anno, e che vale davvero il viaggio.
Ancora territorio con la Lingua di vitello e zucca, in cui la lingua viene cotta per circa otto ore al vapore, poi piastrata e glassata con fondo di vitello, semi di coriandolo e gambi di sedano e servita con zucca in cialda e in carpione, a dare la giusta componente di acidità che ne equilibra la componente grassa in un boccone perfetto.
Tra i primi piatti da non perdere i Ravioli di mortadella di fegato, limone e olive, vera fusione tra passato e presente. Un minimalismo millimetro che esalta i sapori di ogni singolo ingrediente: dalla tradizionale mortadella di fegato, grassa e sapida, racchiusa in una sfoglia dal giusto morso che in bocca si incontra con uno splendido brodo di olive, ottenuto dall’estrazione dell’oliva che viene successivamente filtrata e aggiunta all’acqua di pomodoro invernale, a smorzare la tendenza grassa del raviolo con acidità e amaro.
Esaltante il trompe-l’œil del gusto che si presenta nello Spaghetto al non pomodoro, nato per caso da una fermentazione spinta della prugna la cui acidità è risultata essere la stessa del pomodoro, per cui è stata poi cotta e unita allo spaghetto, con parmigiano e basilico. Un piatto che necessita di tecnica e tecnologia – da notare che in cucina Davide oltre al piaccametro ha anche una centrifuga da laboratorio per realizzare oli ed emulsioni facendo in modo che la parte grassa si divida dagli altri componenti – per essere però ricondotto alla dimensione casalinga, al sapore della vera salsa di pomodoro che piace a tutti.
Tra i secondi uno dei must di Materia è il Piccione di Moncucco in due servizi, stavolta preparato con civet di bacche di sambuco, estratto di bacche, per cui si ricostruisce l’habitat naturale del piccione in pura essenzialità. La salsa che accompagna il primo servizio del petto è perfetta per esaltarne la nota ematica della carne perfettamente cotta. Nel secondo servizio la coscetta glassata nel fondo di piccione e condita con un mix orientaleggiante di 30 spezie, è abbinata a un bocconcino di filetto marinato con chiodo di garofano, insieme a un crostino di pane speziato ripieno di fegato e un cuore di gel di aceto di mela. Tutto da mangiare con le mani inebriandosi di questa ventata nordafricana che risuona con le spezie.
Il palato si prepara al dessert con un intermezzo a base di miele di castagno, sorbetto all’aceto di birra e succo di alloro, la cui acidità sgrassa e ripulisce. Un passaggio strepitoso per l’abilità dello chef nel domare il rischiosissimo miele di castagno con la freschezza del sorbetto.
Tra i dessert Davide gioca d’azzardo con il vegetale e con la tradizione, prendendo ispirazione dai classici pizzoccheri con verza e patate che qui compaiono in versione dolce. La patata ricompare in forma di gelato, la verza viene candita e poi piastrata, e infine una spolverata di polvere d’orzo fermentato a ricordare alla lontana un tiramisu, pur restando un dessert in bilico tra gastronomia e pasticceria.
Più confortevole Purezza, dessert a base di cacao, caffè e nocciole, così chiamato per l’insolito colore candido, giocando con l’effetto sorpresa. Tutti gli ingredienti sono stati lavorati al distillatore in modo che risultassero bianchi e trasparenti, in modo che il senso della vista non possa in alcun modo interferire sul gusto che ne risulta pertanto amplificato, non essendo possibile associare i sapori al colore naturale degli ingredienti. Il cacao in polvere, il caffè in grani, le nocciole in polvere sono stati sottoposti a una distillazione analcolica e quindi lavorati a ottenere un gelato alla nocciola, una gelatina di cacao e una cialda al caffè.
27 anni per un cuoco che mostra una maturità sempre più completa, un pensiero che osa con intelligenza, mai dimentico del gusto e mai esibizionista. Un ragazzo e un ristorante da continuare a scoprire, sicuramente un futuro luminoso davanti.
Indirizzo
Ristorante MateriaVia Cinque Giornate n 32 - Cernobbio 22012 (CO)
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