Chef

Chi è Eyal Shani, da Gerusalemme all’impero di 40 locali: lo chef-icona di ospitalità

di:
Silvia Morstabilini
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copertina eyal shani

Il viaggio di Eyal Shani verso il successo inizia a Gerusalemme, nel cuore della sua infanzia. Cresciuto in una famiglia ricca di tradizioni, il giovane Eyal ha ereditato dal nonno agronomo e vegano una profonda passione per la natura e gli ingredienti freschi.

Con radici che affondano nella cultura ebraica marocchina e irachena, Shani ha assaporato fin da piccolo un mosaico di sapori che hanno plasmato il suo approccio alla cucina. Le visite allo shuk, il mercato vivace di Gerusalemme, insieme alla madre e alla nonna, sono state la sua scuola di vita culinaria. Qui ha imparato l’importanza di ingredienti locali e stagionali, il primo passo verso una filosofia che oggi definisce i suoi ristoranti.

DAL CINEMA AI FORNELLI: LA NASCITA DI UN VISIONARIO

Prima di abbracciare la cucina, Shani si è cimentato nel cinema. Ma nel 1989, il richiamo dei fornelli lo ha portato ad aprire il suo primo ristorante, Oceanus, a Gerusalemme. Qui, ha rivoluzionato la scena gastronomica con un menu mediterraneo focalizzato su semplicità e stagionalità: olio d’oliva, pomodori, pesce fresco. Da allora, la sua cucina ha evoluto un’identità unica, mescolando tradizioni mediorientali e modernità, con un’attenzione particolare all’atmosfera, che spesso richiama l’energia della vita notturna.

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@Miznon

LA RISTORAZIONE CHE PUNTA ALL’ESSENZA

Oggi, Shani è il cuore pulsante di un impero culinario con oltre 40 ristoranti in tutto il mondo, tra cui HaSalon, Port Sa’id, Shmoné e Malka. La sua filosofia? Creare spazi che non siano solo luoghi di ristoro, ma veri e propri laboratori di connessione umana. La mia esperienza è una parte soggettiva di un quadro più ampio che tocca il cuore,spiega Shani a Forbes, che ne ha ripercorso la storia qui. Per lui, ogni ristorante deve essere un’esperienza totalizzante, dove il cibo diventa una storia che unisce creatori e ospiti in un momento unico e irripetibile.

L’OSPITALITÀ COME FORMA DI AMORE

Shani vede l’ospitalità come uno dei più alti livelli culturali dell’umanità. “È la capacità di vedere davvero l’altro,” afferma. Per lui, non ci sono distinzioni tra clienti, cuochi o lavapiatti: ogni individuo merita di essere riconosciuto nella sua unicità. “Non puoi dividere le persone in gruppi: il tuo cuoco, il tuo lavapiatti sono uguali ai tuoi clienti, sono tutti unici e vogliono che tu lo riconosca”.

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Questo approccio crea un ambiente dove il personale e gli ospiti sono trattati con lo stesso rispetto e attenzione. “Quando elevi le persone, dai loro la sensazione di vivere la vita al massimo,” aggiunge Shani, convinto che anche un piatto possa trasmettere felicità, come un “virus” che cambia l’energia di chi lo riceve.

LA RICETTA PER L’UNICITÀ

Per mantenere viva la magia nei suoi ristoranti, Shani abbraccia il cambiamento continuo. Ogni servizio è un’avventura: il menu cambia, e il suo staff non riceve istruzioni dettagliate, ma un’idea da realizzare. Questo metodo spinge il team a creare piuttosto che operare, rendendo ogni esperienza unica per i clienti. Con l’apertura del nuovo Malka a Brooklyn, sotto il ponte di Manhattan, Shani racconta come il tremore dei treni e le vibrazioni del ponte lo abbiano ispirato. “È romantico, come una scena di un film,” dice, sottolineando come ogni locale nasca da un’ispirazione unica, radicata nel luogo in cui sorge.

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Ariel Efron 

UNO SGUARDO AL FUTURO

Eyal Shani non ama la coerenza, se non nella qualità degli ingredienti. Per lui, creatività e curiosità sono gli ingredienti principali di ogni nuova avventura. “Voglio raggiungere quante più persone possibile con il mio cibo,” spiega. I suoi ristoranti sono come un sistema neurale, in continua espansione, dove ogni nuova apertura rappresenta un’opportunità di connessione e crescita. Con 40 ristoranti già attivi e altri progetti all’orizzonte, il viaggio di Shani è tutt’altro che concluso. La sua missione? Continuare a raccontare storie attraverso il cibo, celebrando la connessione umana e l’energia che solo un’esperienza condivisa può creare.

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