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Cucinare la natura: il bosco contemporaneo di Alessandro Dal Degan a La Tana di Asiago

di:
Sara Favilla
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Alessandro Dal Degana ristorante la tana gourmet 970 2023 05 08 08 14 31

“Non calpestiamo l’erba, raccogliamola” è il motto del ristorante La Tana Gourmet, ed è la summa di un pensiero che Dal Degan è venuto costruendosi negli anni

La Storia

Fisicamente l’Altopiano è come un pandoro al contrario, qui siamo sulla parte centrale, circondati da montagne che arrivano fino a 2.400 metri. Tutto quello che si vede da qui, case, alberi, è stato tutto ricostruito e è rinato dopo la Grande Guerra, era stato tutto raso al suolo. Spesso ce ne dimentichiamo”.

È così che ci accoglie Alessandro Dal Degan insieme al fidato collega Enrico Maglio – molto più che sommelier, si potrebbe dire complice, amico – nel varcare la soglia della storica struttura “Casa Rossa”, il primo edificio a essere destinato a ristorazione al termine della Grande Guerra, e che dal 2014 è sede del Ristorante La Tana Gourmet e dell’omonima osteria.


“Non calpestiamo l’erba, raccogliamola” è il loro motto, ed è la summa di un pensiero che Dal Degan è venuto costruendosi negli anni, da quando è rientrato nella sua terra guardandola con occhi vergini e iniziando a percorrerla, studiarla, viverla. “Romeo, mio suocero, è una sorta di memoria storica e naturalistica del luogo, è la guida che mi ha indicato tutti i punti in cui la guerra è stata più cruenta, ma è anche il mio faro nel conoscere e riconoscere tutto ciò che i boschi di edibile possono offrire, dai funghi alle erbe. È stato anche grazie a lui che ho capito che i prati su cui camminiamo potevano essere il mio mercato, perché ad esempio, proprio in questo punto, potrei individuare una quarantina di erbe diverse”. Guardiamo per terra, è come essere dentro un piatto. Questo è il cosmo di Dal Degan, una continua fonte di ispirazione e un oggetto di studio continuo nel suo continuo mutare, con il mutare delle stagioni. Se ci soffermiamo a guardare, ci accorgiamo che spesso nel giro di poco tempo tutto cambia, le erbe a maggio non sono le stesse a novembre, e che le piogge e la siccità incidono fortemente. Lo stesso vale anche per gli animali che di queste erbe si cibano, dalle lumache alle vacche che a seconda del pascolo danno latte con sfumature diversissime. È bello notare questi cambiamenti, sono una continua fonte di ispirazione, sarebbe sciocco non tenere in considerazione un territorio così ricco”.

ristorante la tana gourmet

Certo, non si tratta di una cucina a chilometro zero, perché la mente dello chef non si limita solo a quello che ha intorno, ma ne fa un punto di partenza, sganciandosi da un concetto di tradizione e stanziandosi su un piano di contemporaneità che non fatichiamo a definire avanguardistica. Nessuna delle erbe che usiamo si incontra nelle ricette tradizionali, ma ognuna di loro è sempre stata usata per le loro proprietà nutritive e curative. Si pensi al trifoglio, ideale per tenere sotto controllo la pressione, o al tarassaco che ripulisce il fegato e di cui in passato si usava la radice essiccata per fare il caffè. Sono tutti concetti dimenticati, spazzati via dalla guerra, che noi tentiamo di recuperare e rileggere in chiave attuale, in un’ermeneutica che è sintesi di osservazione e incontro con chi come noi ha desiderio di scavare nel tempo e riscattare questa terra, per questo ci siamo creati una rete di piccoli produttori, per dare loro lavoro e incentivare questa zona”.


E poi c’è il bosco, che porta ancora tutte le ferite della terribile tempesta dello scorso anno, con decine di centinaia di abeti rossi ancora riversi a terra in attesa di essere raccolti dalle ruspe che lavorano indefesse. “Vengo nel bosco a cercare muschio, licheni, funghi, altre volte semplicemente per camminare. E quando guardo questi abeti caduti, mi accorgo che dopo la morte e la distruzione c’è sempre una rinascita, la vita ricomincia, su queste radici sono già nate altre piante, niente si ferma, è incredibile ed emozionante”.


Questi ingredienti naturali formano il sostrato e sono la chiave di lettura del pensiero di Dal Degan, cui si aggiunge un ulteriore fattore, determinante, il tempo, in tutte le sue accezioni semantiche. “Lavorare tutte queste erbe richiede tempo, anche raccoglierle richiede tempo, bisogna saper aspettare il momento giusto per coglierle, ed è importante prenderne una quantità tale da permetterne la riproduzione. In cucina non si deve avere fretta, ogni lavorazione ha tempi stabiliti, io stesso devo pormi dei limiti, ché i miei piatti sono continui work in progress, non smetterei mai di svilupparli, ma ovviamente a un certo punto devo fermarmi, renderli realizzabili dalla mia brigata, facendo molta attenzione a gestire di pari passo le due linee del ristorante e dell’osteria. E poi c’è il tempo a tavola, è importante pianificare l’uscita di ogni piatto in una successione costante, con intervalli in cui non si attivi la digestione né al tempo si sovrapponga la persistenza aromatica dei sapori precedenti e le papille gustative possano riposare. È sempre una questione di tempo” sottolinea lo chef.

E prendersi il tempo per gustarsi una cena alla Tana è decisamente un’esperienza imperdibile.

I Piatti

Il menu de La Tana è composto da tre menu degustazione – da cui è possibile estrarre dei piatti alla carta: il 5 portate a 90 euro, il 10 a 130 e il 15 a 200 euro, ognuno di questi con una struttura e una motivazione ben precise. Il 5 portate si configura come menu adatto a chi incontra per la prima volta la cucina di Dal Degan, è apparentemente più semplice e friendly, adatto anche come business dinner; il 10 invece è il più antologico, il greatest hits dei piatti storici, i signature che hanno segnato le tappe del pensiero daldeganiano, siano essi legati o meno alla stagionalità. E poi c’è il 15, una sorta di laboratorio di sperimentazione con una struttura ben studiata, una sorta di scheletro che ricorda la figura retorica dell’epanadiplosi, in cui i piatti si inanellano a formare un loop in cui il primo ingrediente ritorna nell’ultimo, e in cui compare sempre un ingrediente marginale che si fa protagonista nel successivo, in un percorso gustativo armonico e circolare.


A inizio pasto, insieme al burro di malga arriva il pane realizzato con la fermentazione della polenta: anticamente la polenta veniva preparata periodicamente e quella che avanzava a un certo punto non era più mangiabile, diventando acida e favorendo la formazione della muffa si configurava quindi come starter ideale per il pane, metodo che oggi Dal Degan ha recuperato. “La partenza viene da qualcosa di dimenticato nel tempo, e il tempo è il fattore determinante. Si tratta di un pane che richiede 15 giorni per essere pronto: si parte dalla preparazione della polenta, la lasciamo inacidire per una settimana, poi la aggiungo all’impasto che essendo privo di lievito, impiega circa 4 giorni per crescere, poi facciamo una cottura parziale e dopo l’abbattitura lo finiamo di cuocere per il servizio”.

E si ha la sensazione di passeggiare nel bosco con gli snack di apertura: una frittella di levistico (o sedano di montagna) con una finta bagna cauda di aglio orsino; quindi una polentina croccante con baccalà mantecato e un biscotto di pino mugo e oliva. Note amare e balsamiche di rugiada mattutina di montagna.


Il piatto successivo, Ceci in crema, cipolla bruciata e cardamomo, è una sorta di hummus montano che nasce da uno stato d’animo. “Quando ho visto per la prima volta i danni che ha fatto il vento, era tutto nero, tutto bruciato, sembrava privo di vita". Ecco quindi che la polvere di cipolla bruciata vuole ricreare quella visione, oltre al sentore di amaro, ma sotto cela la vita che riaffiora inesorabile, la crema fredda di ceci accompagnata da note di sapide di capperi che restituiscono la sensazione di calore al palato, e l’aroma balsamico e tannico del cardamomo che dà astringenza e pulizia.


Grande gusto, sofisticato nel solleticare la lingua è il Fegato grasso caramellato, yogurt e aneto, con un’estetica minimalistica che non distragga il palato, e in cui i sapori giocano sul pallottoliere delle percezioni in un mix di contrasti da manuale: il grasso del fegato fa effetto spugna ed è amplificato dalla caramellizzazione dello zucchero, cui si aggiunge una nota amara sferzata dalle note acide dello yogurt che combinato con aglio orsino e aneto si configura come una salsa tzatziki alpina e mediterranea insieme.

 


Tra i primi il Risotto acido alla camomilla selvatica, lime e malto d’orzo è un piatto in carta da due anni, pur con tutte le variazioni che Dal Degan non si stanca di provare, assecondando la materia prima e assoggettandola a un’indagine di continua trasformazione. “Nel mio modo cervellotico di usare le erbe, tre anni fa ho scoperto come esaltare il sapore della camomilla estraendone al massimo il sapore, ma in quel periodo la camomilla era introvabile nei prati a causa della troppa siccità. Quest’anno invece siamo stati più fortunati, ne abbiamo raccolti 50 kg, è una camomilla selvatica che non fa fiori, ma ha una foglia piuttosto legnosa che più di tanto non si sminuzza e lascia in bocca una gradevole sensazione sabbiosa, perfetta per incontrare il grasso della mantecatura del riso”. Cottura classica, marchesiana in acqua, e infine burro di malga, asiago fresco ad accentuare la cremosità e asiago stravecchio, con un tocco di limone fresco e malto per esaltare l’erbaceo e l’amaro della camomilla, in un gioco armonico che è leggerezza e grande gusto.


Trippa in fricassea, brodo affumicato di mare e funghi è il piatto preferito dello chef, ma anche il più delicato, impiattato un attimo prima del servizio perché il fattore temperatura è determinante per l’integrità dei sapori. Si tratta di una trippa in fricassea con cozze, lichene grigio, un brodo in stile dashi in cui il katsuoboshi è sostituito da licheni e cozze, a dare una sensazione di umami a un piatto straordinario per corrispondenza ed equilibrio dei sapori che si abbracciano nel palato. Si noti come qui e nella maggior parte delle sue preparazioni, Dal Degan non aggiunga sale agli ingredienti ma usi certe materie prime per l’aroma sapido, non solo per un fattore etico e salutare, ma anche per motivi storici: per vari secoli Asiago ha fatto parte dei 7 Comuni, una sorta di alleanza stretta con la Serenissima in nome di accordi commerciali e politici. In cambio di legname e protezione militare ai confini veneziani, Asiago riceveva sale e le merci preziose dall’oriente; poiché per qualche decennio questo accordo non è stato mantenuto dalla cittadina per mancanza di legname, non è stata approvvigionata di sale, con tutte le difficoltà di conservazione dei cibi che ne è derivata. Un altro delle decine di aneddoti che si celano nella narrazione della cucina di Dal Degan che solo apparentemente è il frutto di una fantasia debordante, ma che in realtà si configura come un percorso gustativo che prende le mosse da una terra nascosta e che a essa fa sempre ritorno con raffinata eleganza e grande originalità. Una cucina intellettuale che sa farsi edonistica, appagante, ma che non potrebbe prescindere dalle coordinate spazio-temporali di questo luogo, per questo irriproducibile altrove.


Niente di tutto ciò sarebbe possibile senza le persone che animano operosamente la Tana, ché come ama sottolineare lo stesso chef, “senza i miei ragazzi io non potrei fare nulla da solo”. Ci sono le tante ore passate in cucina con ragazzi che sono una seconda famiglia, con un giovanissimo Jacopo Robelli che a neanche 20 anni è già sous-chef e con il gemello e altri giovani indagano ogni giorno la natura: “La ricerca è continua, non ci diamo dei tempi per lavorare e pensare, spesso è intuizione, altre volte il risultato è consapevole e cercato. Le prove non finiscono mai, ma il nostro obiettivo è quello di trovare sempre un equilibrio tra gli spigoli, arrotondando sempre la combinazione dei sapori. Non ci interessa fare sfoggio di tecnica, che è comunque tanta, ci interessa solo che i nostri ospiti si concentrino sul gusto e sul nostro viaggio in montagna”.


E c’è Enrico Maglio, il completamento di Alessandro in sala, e perfetto accompagnatore dei suoi piatti con abbinamenti di vini che oltre a essere frutto di una personale ricerca, sono anche attentamente studiati per valorizzare al meglio i sapori dei cibi. “Per me è essenziale abbinare vini che siano il più vicino possibile alla cucina dello chef accompagnandola con natura e naturalezza. Mi diverto a esplorare le 900 etichette che abbiamo in cantina ma anche a sperimentare kombucha, tè e tisane di nostra produzione, che possano assecondare i piatti senza mai sovrastarli, sempre inseguendo un sottile fil rouge che è narrazione di un produttore o di un territorio, cercando di trasmettere emozioni che non si possono trovare altrove”.

Fotografie di Lido Vannucchi

Indirizzo

La Tana Gourmet

Via Kaberlaba 19 – Asiago (VC)

Tel. 3441708004 04241760249

Mail info@latanagourmet.it

Il sito web del ristorante

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