Ambasciatore di una Calabria dal sapore barocco, lo scorso anno Luigi Lepore ha regalato una stella Michelin alla città di Lamezia Terme. Oggi avanza a passo spedito tra estetica e pienezza di gusto, rappresentando la sua terra in chiave innovativa.
Ristorante Luigi Lepore
Il ristorante
Siamo in una Calabria capace di magnetismi viscerali, abile nel conquistare chiunque grazie alla sua diretta immediatezza. Una terra sincera, ruvida nei tratti e intensa nella sostanza. In questa storia rimaniamo con i piedi per terra e con le punte e gli occhi a guardare il piano strada di un palazzo nobiliare del XIX secolo di Lamezia Terme.
Ci fermiamo qui dopo pochi passi nel centro storico lamentino, dove una luce delicata scopre due targhe quadrate. La prima è dorata, con un cerchio all’interno che chiude su un corsivo Luigi Lepore, ristorante. La seconda è rossa, lucida e per quanto piccola carica di significato, riporta una Stella firmata Michelin 2022 (e secondo me, questione di simbolismi, non è un caso che sia installata sotto alla prima).
Luigi Lepore è il ristorante omonimo dello chef che gli ha dato vita. Spalle larghe, aspetto ordinato e mani grandi. Calabrese, ma soprattutto profondo amante e conoscitore di una terra che mette al centro di tutti i suoi studi tra Scienze Turistiche e Scienze Gastronomiche.
Milano, Napoli, Montemerano, Spagna e Francia sono le rotte che lo hanno portato fuori regione per poi però convincerlo che doveva tornare a casa, portando il suo bagaglio di esperienze a chi voleva lo vedesse. Orgoglio calabro, si dirà, tant’è che in una primavera del 2019 Luigi torna a Lamezia Terme e restituisce vita diversa al suo nome aprendo quella che sarebbe stata la rappresentazione innovativa della sua terra.
Entrando e superando l’accoglienza riservata rispetto alle sale, si viene avvolti da un ambiente venusto. Grandi tavoli tondi di legno, linearità ed eleganti variazioni di materia e calore, in uno spazio composto dove due sale contigue si separano dalla cucina grazie a una porta scorrevole automatica a doppio battente. Suggestivo il materiale riflettente che divide e apre due mondi a ogni scorrimento. Una leggerezza, quella della sala, che dopo averti messe a tuo agio grazie all’accoglienza di Stefania Lepore (sorella dello chef) e di Fabiola Notaris, si trasforma in sventole di gusto.
I piatti
L’amuse bouche è un circo di etica riverenza a ogni singola sfumatura di Calabria. Un percorso che gongolando tra delicate note dolci e complessi colpi di acidità, vale raccontare per intero, Tacos con tartare di pecora e maionese di grasso di pecora, tartelletta uovo e sardella, paninetto fritto con ricotta e aringa, castagna e maiale, meringa con burro e alici, corteccia di pane, funghi e nocciola, mostacciuolo con miele aceto. Una combo di componenti grasse alleggerite da una sapiente maestria nell’utilizzo di spezie e agrumi. Il percorso prosegue con la Patata sotto cenere, un piatto al cucchiaio che amalgama nell’amido toni di balsamico a una marcata, ma non invadente, caratteristica di bruciato. Mordenza che rimane al palato morbida in ogni ingrediente. Il Dripping di baccalà presenta una polpa volutamente spinta in sapidità, al quale si contrappone la bilanciata dolcezza di un fondo esteta. Ottima cottura nella consistenza del baccalà e nelle salse giusta simmetria di sapori delicati, ma riconoscibili.
L’Anatra con olio alla lavanda e caffè, con composta di albicocca, fa diventare la carne una consistenza regalata a una sorprendente mescolanza aromatica che lega caffè e lavanda, utile a superare e pulire la dolcezza della composta e la grassezza della carne. Uno dei migliori piatti del percorso è l’Animella e sardella con peperone e ribes rosso. Esteticamente iconico, elegante agli occhi e al palato nelle variegate gradazioni di dolcezza e consistenze, sulle quali torreggiano piccate la sapidità della sardella e l’acidità del fondo di ribes. In bocca rimane una lunga persistenza legata al peperone.
Tre i primi piatti, il Tubetto con baccalà alla brace e peperone verde, un Tortello di alici, colatura e capperi, servito con bergamotto, pomodoro confit, oliva e pan grattato al limone, infine il più interessante Risotto al cipresso, ragù di lepre e Crème de Cassis de Dijon. La stracottura del ragù regala intensità di gusto a un risotto che in bocca aggiunge masticazione e una mantecatura tendente all’amaro. Piatto di gusto totalizzante, energico e infine penetrante nella persistenza che cede il liquore di Borgogna. Una portata fuori dallo schema generale che lascia in memoria un piacevole ricordo.
Tortello di alici, colatura e capperi, servito con bergamotto, pomodoro confit, oliva e pan grattato al limone @Francesco Aloe
Il Piccione con mandorla, alloro, sambuco e radicchio, prova a dare seguito al risotto nelle note amare di un vegetale in foglia che però rimane delicato. Sambuco e alloro vincono il fondo delle carni morbide e succose, con la mandorla presente come sensazione. Cottura perfetta, accademico.
Riprendendo l’amuse bouche, i dolci tornano a essere protagonisti di una grande chiusura. Il pre-dessert è un Gelato al latte di capra con granita di bergamotto, olive nere e liquirizia; complesso, ma composto e diretto in una freschezza tagliente il cui grasso va via nella forza dell’agrume. Ottima espressione nella composizione di ingredienti. Infine, il Mont Blanc con castagne e funghi porcini, una cremosa interpretazione che nelle terrosità trova la sua chiave avvolgente e cremosa.
Al termine del percorso, non è un segreto che estetica e dolcezza, legate a una forte direttrice di acidità utile alla grassa consistenza dei piatti, rappresentano la chiave di successo di una cucina appagante, piena e autentica. Luigi Lepore e la sua squadra di cucina, nella quale spicca la figura di un pastry chef versatile e talentuoso come Federico Cari, regalano un’esperienza di grande valore. In sala un servizio al femminile si muove in tempi razionali, sorridendo. La carta dei vini è raccolta su una ricercata selezione che valorizza la regione.
Passeggiare sul viale principale di Lamezia Terme e perdersi nei vicoli snodati tra i palazzi nobiliari fatti di grandi finestre e di grandi portoni, letteralmente, è un tuffo nella storia. Sembra di essere in una città che unisce il barocco siciliano all’imperialismo liberty di una Buenos Aires antica. Un piccolo centro storico che dalle rovine di una rocca abbandonata scende fino alla Cattedrale, tra i salti di un torrente, per poi smodatamente svilupparsi a colpi di cemento scomposto fino a valle. Una bellezza dal fascino romantico avvolta in un autentico decadentismo urbano. Fermarsi a mangiare da Luigi Lepore, senza compromessi, è assaggiare il vigore sincero di questa terra.
Indirizzo
Ristorante Luigi Lepore
Via Ubaldo De Medici, 50, 88046 Lamezia Terme CZ
Tel: 0968 407639
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