L’ignoto può intrigare o spaventare, ma se nutre anche il pensiero la sua pista d’atterraggio è illimitata. Lo dimostra Sintesi, giovane insegna gourmet che ha fatto breccia nel locus typicus del folclore romano, regalando ad Ariccia una stella Michelin.
Sintesi
"Non classificabile". Quello che nelle aule scolastiche suona come il giudizio più nefasto, a tavola innesca un genuino moto di stupore. Una cucina non classificabile inizia a farsi interessante - forse perché di etichette a tema food ne abbiamo una scorta extralarge sempre pronta all'uso. E quando l'etichetta giusta non esiste, significa che è nato qualcosa di nuovo. L'ignoto può intrigare, appassionare o magari schiantarsi contro il mood imperante. Ma se nutre anche il pensiero, la sua pista d'atterraggio è illimitata.Sarà per questo che Sintesi ha fatto breccia nel locus typicus del folclore romano duro e puro. Trenta chilometri dal Colosseo e meno di 10 minuti di macchina dal Lago di Castel Gandolfo, la sovranità indiscussa delle ciambelline al vino e il fascino (in)discreto delle fraschette comme il faut: in quella terra vergine e digiuna di ricerca gourmand che è sempre stata Ariccia, un trio d'assi ha intrapreso due anni fa la sua dining revolution. Uniche armi: pazienza, palato e passione.
Oggi il futuro ha i colori di un foliage dove scovare i funghi per il dessert, o di una sala affrescata da muschi che tracciano sentieri vivi sulle pareti. Mangiare qui, siate voi esperti o ghiottoni allo sbaraglio, significa guardare in faccia il futuro. E dimostra che niente è fuori dal campo delle infinite possibilità gastronomiche. Nemmeno portare una stella Michelin ai Castelli Romani.
Il ristorante
Rewind, la storia va narrata dal principio. Sara Scarsella e Matteo Compagnucci sono due foodies precoci accomunati da un iter parallelo. Galeotto fu Caino, la rocca godereccia di Valeria Piccini dove il secondo, appena ventenne, tira già le fila dei dessert in veste di capo pasticcere. Qui incontra Sara, fresca di diploma all'Alma, e da allora i rispettivi binari culinari convergono su un unico destino.
Il training oltreconfine è arduo, stimolante, necessario; li porta prima al Noma, per uno stage di 3 mesi e una successiva offerta di lavoro volutamente declinata, e poi al Geranium, dove lei calza presto la divisa di capopartita. Ma la brama di sapere fissa nuove tappe sulla via della loro gavetta errante. L'esperienza australiana biforca i vissuti, ponendo Matteo al soldo del fish master Josh Niland, veterano nella macellazione del prodotto ittico, e Sara all'opera presso il Rockpool di Sydney, un tempo gestito da Neil Perry.
Sono anni convulsi, in cui il duo comincia a lastricare le basi del successo, fino a trovare il suo centro di gravità permanente nel posto più impensato d'Italia: Ariccia. È un ritorno coraggioso, azzardato, quasi folle. È insieme un salto nella culla popolare e nel green dining che verrà. E a gettare i primi semi giunge Carla, sorella di Sara, che oggi funge da cordone ombelicale tra l'ospite e gli chef, parafrasando le strofe più complesse del loro cantico local.
Ne discende un menu sincronizzato con la Terra e ossequioso dei suoi cicli.
I trascorsi esteri rimbalzano dai fermentati nordic taste alle marinature orientali, fino alle frollature marine e le cotture nel josper (un particolare forno chiuso a brace che consente di regolare accuratamente la temperatura interna). Tutto risalendo, piatto dopo piatto, la scala delle acidità, dell'umami o del fumé, per scomporre la degustazione in un portfolio ad ampio range botanico. L'animale, infatti, quando presente non domina mai sul vegetale; piuttosto ne innalza il gusto a note acute ed evolute.
Di rimando, Carla orchestra un sottofondo capace di stare al passo col ritmo incalzante della cena, in cui i drink low alcol (da noi richiesti per un confronto) sfidano a duello il vecchio, caro wine pairing. Uscendone talvolta vincitori.
I piatti
Il servizio ruota fluido attorno ai tavoli pieni, incorniciato da un orto aereo che avvolge la sala di riflessi smeraldini. Gli snack rompi-ghiaccio sono un ponte sospeso sulla foresta, a iniziare dalla Foglia di carota, maionese al curry, semi di finocchietto e di cumino, la cui speziatura multipla sveglia presto il naso, facendo da overture ai pungenti Cannolini di ricciola con polvere di sommacco; sfoggia, invece, una doppia trama sovrapposta la Tartelletta di fegatini d'anatra, sfera alle mele e lentisco, in bilico tra il polposo e il pastoso, con la ferrosità delle carni mitigata dal frutto. Al bacio, in abbinamento, una delicata kombucha di tè verde aromatizzata alla melissa, pronta a scandire l'entrée nei meandri della natura.
Poi il testimone passa al cereale: occhi (e artigli) puntati sulla Focaccia con sfoglie di patate, origano e rosmarino, forte di una pasta high & softy, seguìta a ruota dal pane semintegrale su cui spalmare un leggero burro montato alle acciughe. Il rischio voracità è dietro l'angolo.
Ed ecco che il mare entra in sordina. Timido e gentile, lieve eppur gagliardo. La sua voce risuona in un'Ostrica affumicata con emulsione di rafano, olio al pino mugo e sedano. Quasi una brezza montana che accarezza l'onda, col turnover fra le valve carnose del mollusco e la tensione spontanea della verdura cruda. Compagna d'elezione è la bolla ancestrale Bulleversant della Distilleria artigianale Cazottes, prodotta a partire da lieviti autoctoni e fermentazione spontanea, che a inizio pasto calca la scena con passo deciso enfatizzando i ritorni smoky del pesce.
La marcia rallenta un po' con i Bottoni di bieta ripieni di acidello e brodo di funghi porcini: al gusto soffuso della pasta tinta di clorofilla, che cinge sottile il formaggio tipico di zona a base yogurt, risponde un concentrato di bosco capace di rilanciare in corsa la sapidità. Manca, però, quel pizzico di carattere che avrebbe esaltato per contrasto la sfoglia e il contenuto.
All'estremo opposto percettivo, è un groviglio di sorprese lo Spaghettino Monograno Felicetti, rosa canina ed emulsione di mandorla, traduzione istantanea di una "pasta al pomodoro" senza pomodoro. "La bacca ricorda proprio il sapore dell'ortaggio estivo; così la reidratiamo e la facciamo stufare a mo' di sugo con soffritto, origano e basilico", spiegano gli chef.
Fluente e levigato, il condimento prende corpo con l'aggiunta di una maionese di mandorle che verticalizza il boccone in un balletto di curve e spigoli. Chiudendo gli occhi sembra davvero di percepire gli zuccheri erbacei del pomodoro cotto, con un breve inciso acidulo e i grassi vegetali a corteggiare le papille.
Il tempo di arroccarci nella comfort zone e arriva un primo agreste capace di espugnare i bastioni delle nostre certezze uno ad uno: è il Risotto affumicato, battuto di pecora e alloro, che al palato alterna sberle e coccole giocando il jolly della cremosità totale; fuori dai fuochi vi si aggiunge il grasso ovino, più un'emulsione di burro acido che ne attenua l'eco in chiusura. L'abilità di Sara e Matteo sta proprio nel creare la giusta liaison tra chicco e carne, domando i sentori audaci della pecora con la parte aspra e la texture avvolgente.
Torna, infine, il vortex di consistenze nell'ottimo Piccione in triplice cottura. "Usiamo il meno possibile l'escamotage del sottovuoto, trattando il volatile intero con tutta la carcassa", rimarca Matteo. "Dopo averlo fatto rosolare in padella, va nel forno per due minuti e quindi sulla griglia. Lo scaloppiamo solo al momento del servizio". Così il petto trattiene gli umori e ostenta un plus di tenerezza. Si puccia in due salse complementari, alla nocciola gentile romana e al broccolo siciliano, mentre cosce, ali e un'eccedenza di pelle grassa compongono il mini-burger proposto come side. L'esito è un secondo che sfiora tutti i recettori gustativi.
Stesso dicasi per il Gelato al fungo porcino e nocciola, dolce epilogo in cui la stagione parla forte e chiaro. Sotto c'è un caramello alla castagna tostata, coperto di gel al mandarino per un quid di freschezza; sopra una cialda burro-zucchero-farina, simil lingua di gatto, che viene spennellata col cacao e dà subito un'impressione di mandorla.
Tanti strati termici e altrettante sfumature: l'autunno che scivola nell'inverno, i profumi della macchia e il calore rassicurante dei dessert anti-gelo. A fine cena basta dividersi la Tortina di rose al limone per tornare infanti in mezzo secondo. Un nembo fluffy che vince d'emblée sull'ormai prevedibile piccola pasticceria.
Foto: @Andrea Di Lorenzo
Indirizzo
Ristorante Sintesi
Viale dei Castani, 17, 00072 Ariccia RM
Tel: 06 4555 7597
Sito web