Alla ricerca della propria identità Marzapane si trasforma in un ristorante con bancone guidato da Francesco Capuzzo Dolcetta, giovanissimo cuoco pronto a dire la sua tra cucina alla brace e allo spiedo, Francia e Giappone.
La Storia
A volte bisogna saper fare un passo indietro per farne uno in avanti. Questa è l’impressione che si ha di Marzapane, il ristorante di Roma che da novembre 2018 ha cambiato pelle, e chef (come vi avevamo raccontato nell’articolo di giugno). Con la riapertura di settembre, il nuovo corso di Marzapane ha preso un nuovo corso e una sua definitiva fisionomia mantenendo le promesse già annunciate nei mesi scorsi. Così, oltre alla nomina del nuovo executive chef Francesco Capuzzo Dolcetta, sono stati ridisegnati gli spazi e gli arredi che hanno snellito gli ambienti, oltre alla cucina.Per cambiare ci è voluto coraggio ma sembra che la scelta fatta sia stata quella giusta. “E’ successo tutto velocemente, ero l’ultimo arrivato ma potevo dare qualcosa di più perché avevo un palato più aperto viste le mie esperienze. Come lavoro è molto faticoso, non mi rendevo conto di quanto lo fosse, ma è quello che più mi piace fare. Inoltre mi soddisfa fare cose un po' meno comuni e portare qualcosa di nuovo. Sto lavorando a un approccio alla cucina immediato, d’impatto, a tratti quasi brutale, atavico. Mi interessa molto lo studio della cucina italiana storica e di ricette antiche perché credo che per essere contemporanei si debba conoscere bene le radici del passato. Questi sono i temi su cui sto lavorando e le chiavi del nuovo Marzapane” ci racconta Francesco.
La prima novità è un grande bancone in legno davanti alla cucina a vista pensato per un pasto più informale e casual o per chi ama osservare la brigata all’opera. Chi si side qui opta per un menu ad hoc che parte da una carta di spiedi cotti alla brace (carne, pesce e verdure) e si amplia con diverse golose proposte di gastronomia (terrine, pastrami, patè, sott’olii, conserve e sott’aceti autoprodotti) ma anche fritti, panelle e falafel, e una selezione di salumi e formaggi di piccoli allevatori, produttori, casari e norcini.
“Volevamo dare un po' di leggerezza al locale. Così abbiamo pensato di dare la possibilità, a chi viene a pranzo, di poter scegliere tra le proposte del bancone e alcuni piatti fuori menu come la carbonara o la pasta alla genovese. Ci stiamo divertendo molto ed era quello di cui avevamo bisogno: finiti i tempi del fine dining e della ricerca spasmodica della stella Michelin, abbiamo convogliato le nostre forze verso una cucina tangibile, contemporanea, immediata, di materia, fatta da ingredienti che cerchiamo dai piccoli produttori e artigiani. Dopo qualche mese di cantiere creativo e riflessioni, ho scelto Francesco perché ha una mano decisa, una passione per la cucina diretta e un’eleganza molto interessante” ci spiega Mario Sansone, patron del locale. “Il nuovo Marzapane è più etico, popolare e accessibile", prosegue Sansone “e per realizzarlo abbiamo costruito un percorso progressivo ma di netta rottura, dimostrandoci capaci di cambiare pelle per diventare sempre più naturali col cibo e coi nostri clienti”.
Un’evoluzione orientata all’informalità, mettendo il cibo al centro di un rapporto sempre più spontaneo e diretto e di un format sempre più etico, popolare e accessibile. Tra le novità, anche una nuova carta dei vini dal taglio naturale con più di 200 etichette, in perenne in evoluzione, e una nuova selezione di birre magistralmente orchestrata da un personale di sala attento, giovane e competente.
I Piatti
La cucina è affidata al giovanissimo cuoco Francesco Capuzzo Dolcetta, classe 1992, con alle spalle tanta Francia (Troisgros e Matthieu Rostaing-Tayard ndr) e un’intensa passione per il Giappone. Accanto a lui una brigata consolidata con la presenza di Alessio Benedetti, agli antipasti, e Andrian Ciobanu, ai primi, cresciuti dentro Marzapane dagli inizi, sempre più coinvolti dallo chef soprattutto nelle tecniche di cottura.Se in Francia impara a togliere e non aggiungere, metabolizza il rigore della gerarchia dell’alta cucina francese, l’ordine, la concentrazione e l’eleganza assoluta, in Giappone viene attratto dal religioso rispetto per la materia prima, la cottura Kamado, un’antica tecnica di barbecue in ceramica, il taglio del pesce e quel rigore assoluto che la cultura nipponica esprime e rappresenta oltre a sperimentare la tecnica e la leggerezza della frittura giapponese.
“Nella cucina era d’obbligo avere un Kamado, perfetto per le cotture sulla brace lente e delicate: completa le possibili opzioni di cottura sulla brace del Green Egg, un grill chiuso dove raggiungere temperature più alte e cotture più forti, ed esplora nuovi interessanti metodi di cottura. Così con il primo, dove manca un contatto diretto e si ha una cottura uniforme, è perfetto per la pizzetta con finocchietto selvatico e gli spiedi, come la zucca con salvia fritta o il pollo ruspante con peperoni, mentre con il secondo, rapido e violento dove si ha il contato con la griglia, posso cuocere i vari tagli di carne, come il maiale, la razza o il fegato che coloriamo alla brace e poi lo finiamo in burro nocciola” spiega lo chef.
Per la cena (non al bancone), Francesco ha ideato una carta intensa – con due degustazioni, una di 4 portate a scelta dal menu e una alla cieca di 6 portate - giocata su cotture e marinature molto personali e sulla purezza naturale dell’ingrediente: piatti come Gnudi di ricotta, lattuga di mare e capasanta, Pollastra, cozze e foglie di limone o l’omlette souffle testimoniano la ricerca dell’essenza di sapori classici e tradizionali, proposti in modo nuovo e senza sfumature.
“Dall’ esperienza da Troisgros, ho imparato la calibrazione della parte acida di un piatto. In questi ultimi mesi stiamo facendo un bel lavoro con l’acetaia San Giacomo che ci fornisce dell’acqua acetica – un liquido acetico che si ricava dalla distillazione dell’aceto che ha una forte capacità di assorbire odori e profumi. Per esempio l’abbiamo usata per il Risotto all’aceto di peperoni dove il riso tostato con poco olio, viene tirato all’acqua e solo alla fine mantecato con burro e legato con l’aceto aromatizzato con i peperoni e spolverato con Zafarana di Tortora (peperone crusco). Così come l’ Omlette soufflè è un piatto che facevamo agli habituè del La Colline du Colombier a cui offrivamo anche alcuni piatti comfort e gustosi. Quindi ho pensato di proporlo anche qui ed è stato un bel boom, è golosa, ma dietro c’è tanta c’è tecnica: una specie di crema pasticcera salata con parmigiano, tuorli e albumi montati, cotta prima in casseruola e poi in forno, dove gonfia per l’alta temperatura, e infine farcita con formaggio pecora d'ascenzio di Rieti. È una via di mezzo fra una frittata e un soufflé, l’abbiamo italianizzata e abbinata con diversi ingredienti a seconda della stagione. Per esempio adesso è perfetta con il tartufo” ci spiega Francesco.
E non è finita qui. “I menu soddisfano tutta la clientela. Il nostro intento era quello di riuscire ad arrivare a più palati. Oggi sembra tutto molto semplice e banale ma l’idea è quella di arrivare, passo dopo passo, a piatti più complessi per far capire che c’è qualcosa di più azzardato. Ogni due mesi proporremo nuovi piatti e tanti fuori menu, a seconda delle stagioni, oltre a un nuovo degustazione con 6/7 portate più hard come, per esempio, le interiore perché mi piace giocare con questi ingredienti” conclude Dolcetta.
Indirizzo
MARZAPANEVia Velletri, 39 - 00198 Roma
Tel. +39 06 6478 1692
Mail info@marzapaneroma.com
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