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“Dopo la crisi la cucina stellata non sarà più la stessa”. La teoria dello chef 2 stelle Michelin Christophe Hardiquest

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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christophe hardiquest coronavirus

Alcuni stanno solo aspettando di poter riaccendere il pulsante on/off, ma sono sulla strada sbagliata. La ristorazione stellata non sarà più la stessa dopo il coronavirus."

La Notizia

Christophe Hardiquest, lo chef di Liegi, due stelle Michelin con il suo ristorante Bon Bon, sono anni che si spende per promuovere una cucina che valorizzi i prodotti locali ovunque ci si trovi. Già nel 2017 ha dato il via al progetto Bon Bon Origin, con l’intento di riscoprire le ricette tradizionali belghe, rivitalizzandole, decostruendole e poi ricostruendole in modo contemporaneo. “Il progetto Bon Bon Origins è nato da un dato di fatto: la globalizzazione della gastronomia internazionale sta accelerando. La mia paura di vedere un giorno gli stessi prodotti, gli stessi piatti, serviti in tutti i ristoranti stellati  del pianeta mi ha spinto ad agire sulla mia scala per cercare di contrastare questo processo”.


Se già negli anni scorsi i riscontri avuti dai clienti gli avevano dato ragione e gli avevano fatto credere che la strada intrapresa fosse quella giusta ora, con la crisi dovuta alla pandemia Coronavirus, ne è convinto più che mai. “Dovremmo dare più valore al lavoro degli artigiani locali; i ristoratori devono rispettare il buon senso contadino ma anche il pianeta. Non è un caso che questo virus attacchi l’apparato respiratorio... Non possiamo sorprenderci se inquiniamo il doppio portando merci da così lontano per soddisfare i capricci dei clienti che vogliono, per esempio, la carne di Wagyu dal Giappone", afferma. Chef Hardiquest è deciso nell’affermare che quando questa crisi sarà terminata la cucina, soprattutto quella stellata, non sarà più la stessa e che tutti i ristoratori dovranno cambiare il loro modello di business se vorranno sopravvivere. Le nuove strategie dovranno andare sempre più verso l’utilizzo di prodotti locali e la valorizzazione delle  tradizioni del territorio in cui ci si trova. “Dobbiamo cucinare ciò che abbiamo di fronte e tornare a cose semplici, favorendo la filiera breve. Il prodotto sarà  migliore e più bello se utilizzato nella sua regione e nella sua stagione. Si può essere creativi anche senza disporre di 400 prodotti disponibili tutto l'anno. Dobbiamo imparare di nuovo a dare valore al fegato di pollame, a preparare le casseruole, a cucinare una coda di bue. Ogni giorno nell'atto di acquisto facciamo le nostre scelte”, dice lo chef. Lui già da diverso tempo utilizza tutti prodotti che può recuperare entro in un raggio massimo di 200 km ad eccezione dei frutti di mare che vengono dalla Costa d’Opale.


Per chef Christophe è essenziale facilitare l’accessibilità a prodotti sani e locali, obiettivo in cui devono essere coinvolte anche le Istituzioni con delle particolari misure politiche che portino a una maggiore conoscenza e valorizzazione del prodotto da parte di tutti. Un cambiamento che deve avvenire anche da parte dei supermercati.

Secondo Hardiquest è necessario focalizzarsi sul tema dell’ecologia e della sostenibilità, sul mettere l’essere umano al centro della gastronomia come anche promuovere i produttori locali  e garantire, soprattutto, una più equa remunerazione per tutti. Il Covid-19 non è solo una crisi sanitaria ed economica, ma “è una bandiera rossa che dovrebbe spingerci a cambiare i nostri modelli di consumo e a interrogarci. La cucina stellata cambierà, la professione non sarà più la stessa”, ha affermato. Ed è così che dall'inizio delle misure di contenimento nonostante sia stato costretto, come tutti, a chiudere il suo locale non si è certo fermato e passa dalle quattro alle sei ore al giorno nella sua cucina per testare nuovi piatti e prodotti, locali ovviamente,  e  a prepararsi al post-crisi.

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"Alcuni stanno solo aspettando di poter riaccendere il pulsante on/off, ma sono sulla strada sbagliata", conclude Chef Christophe. Il pulsante da schiacciare per far ripartire tutto quando la crisi sarà finita non è lo stesso che è stato spento al momento del lockdown.

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