È proprio vero che il Noma chiude? E, in tal caso, quanto ha influito la sostenibilità economica sulla scelta di René Redzepi? La nostra lettura dell’annuncio che ha scosso il mondo gastronomico passa attraverso la lente del marketing.
L'opinione
I casi della vita.Siamo ancora caldi dell’eco della notizia, diffusa da tutti i media interplanetari (manco fosse la terza guerra intercontinentale) della “chiusura “del ristorante Noma di Copenhagen, numero uno al mondo per una delle classifiche internazionali, che già ci ritroviamo su un aereo per Copenhagen, due giorni dopo, a verificare di persona il clima dell’avamposto danese capitale della Nordic Cuisine.
Stasera mangiamo da René. Il Noma è da anni ritenuto un faro, un punto di riferimento, un esempio di rinnovamento delle regole della cucina mondiale.
E questo “posizionamento “ (uso un termine di marketing non a caso) è stato ottenuto con anni e anni di lavoro non solamente tra pentole e mestoli, o nella lignea impeccabile e sostenibilissima location, ma soprattutto sui social e nei milioni di servizi, interviste, racconti e narrazioni fatte da Redzepi e dal suo ufficio stampa alle testate di mezzo mondo.
E qui… il primo dubbio: fu vera gloria? Ai posteri sicuramente l’ardua sentenza… ma noi un po’ di analisi (e di dubbi) li vogliamo suggerire. Punto primo: chi, nel corso della storia, ha veramente “cambiato rotta” e impresso una sterzata al futuro della gastronomia? Un po’ di storia, mi perdonerete…
Premesso che Auguste Escoffier ( e la sua Pesca Melba) aveva dettato a cavallo dei due secoli passati le norme e le linee portanti della gastronomia moderna, il primo scossone, la prima rivoluzione dopo quasi un centinaio d’anni di trionfi di burro e di salse pannose arriva con un signore di Lione, tal Paul Bocuse, che sconvolge il mondo della ristorazione con un’intuizione fondamentale: basta grasso e super lavorazioni, alleggeriamo tutti i piatti, ripensiamoci in chiave moderna, con una “ cucina nuova”.
La “nouvelle cuisine”, appunto. E rivoluzione fu. E ben presto molti ristoranti in tutto il mondo presero quella direzione, e il movimento sconvolse lo statu quo. Anche in Italia un cuoco milanese segue le sue orme: si chiama Gualtiero Marchesi e segnerà profondamente, con la sua cucina e i suoi allievi, il panorama culinario degli anni a venire. Dovranno passare però’ molti anni perché un nuovo terremoto arrivi, e stavolta per mano di uno spagnolo, anzi… di un catalano: Ferran Adrià. Le tecniche stavano cambiando, in cucina, ma soprattutto le tecnologie. E Adrià mette la tecnica e la tecnologia al servizio della cucina, utilizzando estrazioni, spume, arie e ogni forma possibile di innovazione creativa nella preparazione e presentazione dei piatti.
Terremoto, appunto. L’ultimo terremoto internazionale che io ricordi, in questo mondo di pentole e forni. Perché, venendo al nostro -e qui è il primo punto- Il Noma e Redzepi hanno veramente “rivoluzionato” la gastronomia? E se si… in cosa? La “cucina nordica”, come da lui definita, ha veramente lasciato un segno indelebile nelle cucine di tutto il mondo? Mi vien da dire che… onestamente no.
A parte “fermentazioni”, che già in Corea ed in Oriente ci vengono presentate da millenni… e che comunque René ha sicuramente diffuso, lo chef ha aggiunto una serie di ingredienti naturali e “selvatici” riscoperti e tecniche (non mi pare particolarmente innovative), anche se molto ben utilizzate. E poi uno straordinario gusto estetico nelle presentazioni, e sostenibilità, sostenibilità, sostenibilità…Ma su questo torneremo. Insomma, niente di nuovo sotto il sole, o meglio, in pentola. E quindi niente imitazioni in giro per il mondo. Niente copiature o ispirazioni. E quindi… niente titoli nei media?
Errore…
La vera innovazione messa in atto da Redzepi è proprio qui, ed è una: l’utilizzo perfetto delle più innovative tecniche dì marketing e comunicazione, messe a disposizione da una tecnologia diversa da quella per la gastronomia: quella della moderna informazione e del marketing.
Grazie ad una serie di mosse strategiche, un sensazionale ufficio stampa e comunicazione e probabilmente grazie anche ad un investimento in marketing e comunicazione di pari livello, René -molto probabilmente e direi quasi sicuramente supportato ampiamente dal gioco orchestrato (e finanziato) dal governo danese e dalla municipalità di Copenhagen che giustamente ha visto in lui, in Kofoed di Geranium, in Rasmus Munk di Alchemist ( e in molti altri in città ) uno straordinario veicolo di marketing territoriale- si è’ saldamente e velocemente piazzato al primo posto nella prestigiosa 50 BEST, la classifica internazionale dei migliori ristoranti del mondo.
Per ben 5 volte! Ma guarda caso, una volta arrivati in vetta, il regolamento dei 50 best prevede che tu non possa mai più essere rieletto al primo posto. Per nessuna ragione. Così Massimo Bottura, Mauro Colagreco, ì Fratelli Roca e molti altri non possono più figurare in cima alla lista, ma fanno parte della Hall of Fame dei 50. Redzepi no. Stranamente no. Già eletto quattro volte miglior chef della terra, in realtà, con una serie di “letture parziali” del regolamento viene rieletto lo scorso anno. E già questo appare strano.
Ma ancor più strano appare tutto questo incredibile movimento giornalistico/ informativo che in questi giorni ci sommerge con dettagli, supposizioni e opinioni sulla storia di questa chiusura e sui suoi perché. Ragazzi…. Chiude un ristorante! Manco stessimo parlando della scoperta del vaccino contro la tubercolosi. Bene… stasera siamo lì, al tavolo. Ma intanto cominciamo a sezionare la notizia. Noma chiude (dice) “fra due anni”, perché questo tipo di ristorazione non è più “sostenibile”. Cosa vuol dire che non è “sostenibile”? Che è troppo cara, sono troppo alti i costi e quindi non ci vivi? Può anche essere… ma allora chiudi subito, René! Per carità! Non continuare a perdere per altri due anni, ventiquattro mesi, centoquattro settimane.
Mi dici che chiudi fra due anni. Mi spiace… e la notizia (ben supportata dai media ) diventa una bomba, e riecheggia in ogni angolo del pianeta. Bella pubblicità però’, mi vien da pensare, per questi due anni restanti… tutti a prenotare! Complimenti!
Poi a leggere bene la tua mail che è arrivata ieri… dici che non è che proprio chiudi…quasi chiudi… in realtà ti trasformi. Ma, soprattutto, la frase alla fine della mail recita testualmente “Our goal is to create a lasting organization dedicated to groundbreaking work in food, but also to redefine the foundation for a restaurant team, a place where you can learn, you can take risks, and you can grow”
E qui mi blocco… e traduco letteralmente “il nostro obiettivo è’ quello di creare un’organizzazione dedicata a ridefinire il lavoro nel cibo, ma anche a rifondare un luogo e un team di ristorazione, un posto dove puoi imparare, prendere rischi …e dove puoi crescere.”
Ah… ma allora riapri poi un ristorante! Diverso, certo, dove retribuire il giusto e correttamente i lavoratori, pagare la corrente elettrica, i fornitori, i consulenti, gli affitti, le tasse. Allora, però’…come hai fatto finora? Hai sempre perso soldi? O ti aiutava il governo e non lo fa più?
Oppure…e come fanno i tuoi colleghi: perdono tutti, alla fine dell’anno? Non voglio pensare che il più grande ristorante del mondo non si sia sempre comportato in modo più che esemplare con le persone che vi lavorano. O con le quali lavora. Preferisco invece pensare che tutto questa sia, ancora una volta, una straordinaria, incredibile, meravigliosamente orchestrata iniziativa di marketing.
Quella di René Redzepi, il primo al mondo nella Marketing Chef List.
PS: per caso vi interessa sapere come abbiamo mangiato stasera?
Bene. Meravigliosamente bene.
Perché tra crema di cervello di renna con polline, ragout di pene (avete letto bene) di renna , speck di cinghiale e castagne, cuore di renna al barbecue, cervo frollato in c’era d’api, e brodo forestale, il menu del Noma di stasera è’ stato il migliore di sempre, per noi.
Perché René sarà anche un gran markettaro… ma è pur sempre un cuoco straordinario.
Foto di copertina: @Ulrik Jantsen