Non solo cucina, ma l’Abruzzo più autentico celebrato dalla famiglia Tinari. A Guardiagrele, una storica locanda cambia forma diventando hotel con ristorante 1 stella Michelin. La storia, i piatti e l’esperienza a Villa Maiella.
Villa Maiella
La storia
I quasi seicento metri sul livello del mare di Guardiagrele sembrano alta quota. Con la Maiella sulle spalle, dal parapetto di balconate affacciate alle colline del chietino, i guardiesi vivono il loro borgo in salita di origine Normanna immersi nella natura. Un territorio, quello abruzzese, che da sempre non contrappone ma fonde perfettamente il suo aspetto ruvido alla sua sostanza autentica, fatta di orgoglio e ospitalità. Siamo nella sede del Parco Nazionale della Maiella, in una comunità montana dove la famiglia Tinari da generazioni si dedica alla valorizzazione di una tradizione agropastorale.
Immaginate una locanda, un luogo dove alloggiare e mangiare sulle rotte di transumanze e percorsi montani, che in cinquant’anni di storia vive nel suo ultimo passaggio generazionale la chiave di volta che la impone come una delle destinazioni migliori dell’intera regione. Dagli allevamenti di famiglia, con il sostegno del capostipite, i fratelli Arcangelo e Pascal Tinari puntano a due scuole di solida formazione e rivoluzionano le mura della loro storia.
Oggi il Villa Maiella è un hotel con 14 stanze e un ristorante con una Stella Michelin appiccata con onore, ma senza boria, all’autentica tradizione gastronomica di Abruzzo.
Il ristorante
L’edificio è moderno e l’ingresso esterno è un incastro geometrico di materiali freddi che salgono uno specchio d’acqua artificiale con cascata. Le vetrate giocano un ruolo importante negli spazi interni e appena dentro, superato un grande camino di cui parlerò dopo, si viene catapultati in un sistema di salotti caldi e accoglienti.
Legno, tappeti e luci misurate, un piano di scale e il ristorante ti avvolge con buongusto nella sua razionale eleganza e nella luminosità che i finestroni di cristallo prendono dai terrazzi esterni.
Tavoli ampi e ampiamente distanziati, personale giovane e attento diretto da Pascal Tinari, che si dimostra a tutti gli effetti il miglior ambasciatore di se stesso e della sua famiglia. Sentirsi a casa è un agio che si percepisce con naturalezza. I menu degustazione sono tre in tutto e non si mangia à la carte, ma il servizio ci dona ampia facoltà di costruire un percorso personalizzato spaziando tra i piatti che li costruiscono, l’importante è rimanere fedeli al numero di uscite previste da quello scelto.
I piatti
L’aperitivo di benvenuto prevede una Cialda di zafferano con ricotta e polvere di olive nere, poi un Cannolo di sedano rapa ripieno di rapa rossa, una Spugna di prezzemolo con acciuga e una Pralina di vitello fritta con maionese di carota. Infine, uno scenico Pane cristallo ripieno di burro, limone e timo, con lonza dei loro maiali. Coccole che nell’insieme aprono uno spiraglio sull’esperienza che si sta per fare, servendo indicatori di tecnica al servizio dell’estetica e di scelta delle materie prime alla corte del gusto.
I piatti sono tangibili meridiani di appartenenza. Nessun virtuosismo vano e assenza totale di iperboli narrative lontane dalla sostanza. Una dopo l’altra, ogni corsa è un omaggio estetico alla consistenza. Con al centro della tavola un “panetto” di lardo da spalmare sul pane, arriva la prima corsa che è una Chitarra di patate con fonduta di pecorino. La patata è in tutta la sua semplicità al centro di un piatto tecnicamente perfetto e gustoso, viene lavorata cruda e poi cotta al vapore per conservare la giusta resistenza al morso, mentre la fonduta vanta una delicatezza inaspettata senza perdere sapidità.
Il Come un carpaccio è un vitello marinato al caffè e cumino montano, servito con una maionese di zenzero forse prevalente nel gusto aromatico e pungente, su una carne di ottima lavorazione e di misurato bilanciamento in marinatura.
Gli Stagionati di Maiale Nero provengono tutti dalla loro fattoria e sono una roulette di gusti intensi, una kermesse di salumi dove vince una sapidità di stagionatura delicata e una soppesata presenza di grasso con buona aromaticità e dolcezza. Selezione davvero di livello. Tra le pietanze arrivate si infila il dono di una Pallotta cac’ e ove, mangiata di gusto in grande contrasto tra sapore pieno e leggerezza, un omaggio di raffinata finezza alla genuinità.
Seguono dei Ravioli di burrata allo Zafferano de L’Aquila con Lenticchie di Caprafico, dove la spezia rimane protagonista assoluta senza invadere grazie a una burrata di carattere gentile. Raviolo di giusto spessore, al quale darei una maggiore lieve mordenza.
Accodato arriva il primo piatto che più desideravo, la Chitarrina al ragù di agnello con ricotta affumicata al ginepro. Maestria nella realizzazione della pasta e vigore continuo nella soddisfazione di ogni forchettata, appagano senza riserve l’attesa di un ricordo da ripescare nelle origini e riportare a casa.
Chiude il salato un Agnello al timo accademico, cotto perfettamente e servito con una crema di broccoli avvolgente e una misticanza che assolve al compito della pulizia finale.
Provvidenziale data l’assenza di un pre-dessert ad anticipare il Tiramisù. Una Spugna al caffè leggerissima che con ingordigia porta a fare la scarpetta su una crema al mascarpone spolverata di cacao. Un dolce classico che paga il conto di essere l’unico piatto esule in terra d’Abruzzo. Un peccato di gola che Pascal concede al fratello Arcangelo servendo un’ottima piccola pasticceria al piano inferiore di fronte al grande camino appena accennato in apertura. Piacevole godere della bellezza di un altro omaggio alla territorialità, sgranocchiando dolci e sorseggiando distillati al cospetto di un grande braciere al centro di un disegno che riproduce un tipico gioiello andato del costume abruzzese: la Presentosa. Un ninnolo che scandiva lo stato civile e sociale delle donne, ma questa è un’altra storia.
Arcangelo mette nei piatti l’Abruzzo in tutta la sua sostanza e in tutta la sua possanza. Con classe e leggerezza, evita infiorettature e presenta creazioni eleganti nel gusto con una elevata componente estetica. Pascal è il procuratore che ogni fratello chef vorrebbe in sala, un maìtre che sa accomodarti e consigliarti per guidarti nella migliore esperienza che la sua famiglia possa farti vivere. Servizio attento e razionale senza mai perdere il sorriso, tempi coerenti e cantina ricercata con un debole per i francesi. Villa Maiella è l’espressione pregiata e centrata dell’identità abruzzese, senza nessuna tangente di gusto che porti fuori dalla rotondità e dall’intensità dei suoi sapori originali.
Indirizzo
Villa Maiella
Via Sette Dolori 30 66016 Guardiagrele, Abruzzo
Tel: 0871 809319
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