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La Francia ha una lunga e gloriosa frequentazione con la filosofia che si sa, al di là dei massimi sistemi che realizza, è un modo per ragionare intorno alle cose che riempiono l’esistenza. Ma la filosofia è anche un abito, un atteggiamento nei riguardi del mondo, per vedere le cose con distacco, esercitando quel principio di ragione molto caro ai pensatori francesi. Di recente la filosofia è entrata anche nella gastronomia, nel senso che ha aiutato e aiuta chef e maître à penser gastronomici ad affrontare il giudizio delle guide. Così è accaduto anche per lo chef Jean-Luc Rabanel, che in alcune recenti esternazioni sui quaderni filosofici della rete, ossia facebook, ha dichiarato di voler prendere le distanze dalle classifiche delle guide «che sembrano ormai lontane dalla sua filosofia», come ha letteralmente scritto.I suoi recenti post sanno di evento mediatico, perché è raro che lo chef parli di sè. Ma questo è un periodo strano, che ha messo alla prova tante persone e anche molti stellati, che hanno dovuto reinventare le proprie attività. In questo momento di lockdown - in Francia è stato esteso a tutta la nazione, e non si sa bene se per Natale ci potrà essere un allentamento della pressione - ha deciso di approfittare, per rivolgersi direttamente al suo pubblico e annunciare una vera e propria svolta nella sua carriera, con la voglia di rifocalizzarsi sull'essenziale della sua cucina, che è anche la sua arte.
«Il contesto attuale non è una parentesi - scrive Rabanel -. Trasforma profondamente le nostre abitudini di consumo, le nostre scelte sociali e i nostri stili di vita in questo momento che sembra sospeso. Ci ricorda che l'uomo e il pianeta hanno un rapporto intimo e delicato, ridefinisce i nostri valori e ci spinge ad allontanarci dal superfluo. È una presa di coscienza collettiva e progressiva sin dal primo confino e dalle sue ripercussioni ambientali». Il futuro per quanto lo riguarda sarà dunque improntato ad un ritorno alla semplicità, che non contempla più quanti macaron uno è riuscito a collezionare. I vecchi criteri, attualmente, sembrano a Rabanel molto lontani dal suo modo di intendere la cucina. La necessità interiore è quella di focalizzarsi sull'essenziale. Piuttosto che cercare il riconoscimento fine a se stesso per quanto fa, preferirebbe soddisfare le aspettative degli ospiti.
La cosa principale oggi è nel piatto e nel piacere che offre. Va quindi rimesso a fuoco il prodotto e come migliorarlo nella trasformazione della cottura. Secondo Jean-Luc Rabanel, questa filosofia è in sintonia con la consapevolezza collettiva derivata dalla svolta impressa da covid. Ma cosa significa di preciso rimettere a fuoco l'essenziale? Per il cuoco vuol dire «allontanarsi dal superfluo e ignorare il folklore associato alle stelle. Vuol dire modellare la propria cucina secondo i desideri degli ospiti. Non si tratta più di rispettare i criteri delle guide culinarie e di chi recensisce il lavoro degli chef. È giunto il momento di attenersi a una cosa sola: riallineare il ritmo a quello della comunità in cui si vive e si opera. In futuro libertà farà rima con la semplicità».
L'importante è il piatto, ossia il prodotto finale. Lì c’è il vero piacere per l’appassionato, per il cultore ma anche per il cliente. Non sono i bicchieri di cristallo, la parata formale e le boiserie da ristorante stellato. Nel 2019 Rabanel aveva anche coniato un neologismo: “greenstronomy”, che oggi più che mai è da sviluppare e che descrive piatti gourmet preparati con più ortaggi e meno prodotti a base di carne, niente panna, latte o prodotti dell'agroindustria. La greenstronomy si rivolge anche alle reti di produttori che devono essere corte, per portare a creazioni quotidiane. Questo presuppone una più profonda conoscenza dei prodotti e una costante ricerca del modo di onorarli, valorizzandone la nobiltà.
Fonte: Foodandsens